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La banda dell’ortica mese 6

Il secondo semestre del 2017 è stato per il Partito Democratico di Piacenza il periodo in cui imparare e abituarsi a essere minoranza.

Siamo soddisfatti del primo bilancio: abbiamo dimostrato di essere un gruppo coeso e motivato, che non sta in consiglio col broncio a leccarsi le ferite della sconfitta elettorale o a scaldare la poltrona.

Ci siamo dati l’ordine di scuderia di fare in modo che tutti e quattro si possa prendere la parola, argomentare i temi che meglio si conoscono e studiare quelli nuovi. Mai ci siamo mossi in modo individuale o legati a logiche di appartenenza di corrente su scala nazionale, men che meno ci sono stati scatti in avanti o prese di distanza dalla linea comune. Il dibattito al nostro interno è sempre stato franco e senza filtri, a volte pure ruvido, ma siamo sempre usciti con una sintesi accettata e sostenuta da tutti.

Mica era scontato (specie in un momento di difficoltà del partito come quello presente) e per questo penso che possiamo rappresentare un messaggio positivo a ben altri livelli di gestione del potere e un indicatore importante da consegnare ai cittadini in cerca di nuova credibilità della politica.

Stiamo impostando un percorso sui contenuti, supportati dalla segreteria cittadina e provinciale, oltreché dai componenti dell’ex giunta, che con autentico spirito di servizio si sono da subito messi a nostra disposizione.

In Consiglio abbiamo quasi sempre cercato di condividere col resto delle minoranze gli atti che intendevamo sottoporre e, nei confronti degli amministratori al governo, abbiamo mantenuto la promessa fatta alla prima seduta di un’opposizione senza sconti ma senza bastoni tra le ruote.

Data la presenza di molti amministratori alla prima apparizione in Consiglio, abbiamo assistito a tali e tanti “svarioni”, tecnici e comunicativi, che se non ci fossimo imposti di far prevalere la responsabilità sul gossip e la caciara, avremmo riempito pagine di giornale e scatenato polemiche a non finire.

Vogliamo costruire nel tempo un’alternativa seria e credibile, insieme a quanti decideranno di seguirci e darci fiducia. Vogliamo andare in controtendenza e privilegiare la costruzione di un percorso alla ricerca di consenso immediata, evitando di reagire in modo scomposto a offese e macchine del fango.

A dimostrazione dei nostri intenti propositivi e di contenuto, gli atti ispettivi presentati sono numerosi, parecchi dei quali non ancora calendarizzati nonostante siano abbondantemente scaduti tutti i termi temporali possibili e immaginabili.

Purtroppo, eccezion fatta per la mozione sugli orari Acer, nessuno è stato approvato dalla maggioranza, che ha pensato bene – in spregio alle dichiarazioni di collaborazione del neo Sindaco – di rispedire al mittente persino gli emendamenti alle linee di mandato, tra cui quello sulla mappatura delle barriere architettoniche per una città più a misura di disabile e quella sul protocollo per la legalità al polo logistico.

Sappiamo per esperienza quanto sia complicato governare nelle condizioni date oggigiorno. Ciò non di meno, l’augurio per il 2018 è che chi attualmente guida la città la smetta con i piagnistei e col dare colpe all’eredità ricevuta, per cominciare a far intravedere la sua linea senza dipendere dal passato. Le premesse uscite dalla presentazione delle linee di mandato non ci confortano, ma noi siamo positivi per natura.

Per ora le uniche tracce di cambiamento sono preoccupanti ma quasi simboliche: dalle iniziative che segnano un arretramento sul tema dei diritti (uscita rete Ready), alle risoluzioni contro la legge Fiano o lo Ius Soli, allo spazio di parola dato ad attivisti xenofobi.

In concreto, spiccano la chiusura del “pollaio” di Spazio 4 e quella già lasciata intendere di Spazio Belleville, oltre all’annullamento dell’ordinanza che favoriva il traffico su due ruote e al ripristino del doppio senso di marcia sul primo tratto del Corso.

Non pervenute iniziative a contrasto del degrado e a favore di una presunta sicurezza, fiore all’occhiello delle promesse elettorali: basta fare un giro nelle tradizionali zone che da sempre destano più preoccupazione per accorgersi che nulla è cambiato. Basta andare nei giardini pubblici per capire che il senso civico dei piacentini non dipende dal colore politico di chi governa. Basta usufruire dei parcheggi, girare nelle vie del centro o sui mercati per vedere che i problemi agitati come clave prima delle elezioni e sempre indicati come di immediata soluzione non hanno cambiato di una virgola le loro proporzioni. In compenso, è scappato il comandante della Polizia municipale.

Per il resto, clamorosa continuità, mascherata dietro all’impossibilità concreta di apportare significativi cambiamenti, come se i vari temi nevralgici non fossero già stati perfettamente noti, nei particolari, ai vari esponenti di Lega e Forza Italia già presenti nello scorso mandato.

Tutti i provvedimenti della giunta Dosi usati come simbolo di inefficienza e scelte sbagliate durante le elezioni e bollati con la promessa di essere eliminati sono stati invece mantenuti: dalle aliquote irpef, alla tassa di soggiorno, alla gestione dei profughi in capo ad Asp, alle aree demaniali, per arrivare a Borgo Faxhall e al comparto di Terrepadane.

Persino i famigerati biscotti sullo stradone Farnese, invece di essere rimossi come più volte detto, sono stati abbassati con costi non indifferenti.

“Far quadrare ciò che non sarebbe quadrato, a proposito di bilancio”

non è nulla di eccezionale ma solo il compito principale di qualunque amministrazione, in ogni anno di mandato. Come si fanno quadrare i conti dipende dalle scelte politiche di cui è giusto assumersi le responsabilità, senza demandare alla scarsità di risorse la risposta a ogni obiezioni di fronte a iniziative impopolari. C’è chi investe sull’educazione e la formazione dei giovani, chi sulle unità cinofile per la Polizia municipale.

“Qui nessuno è un fenomeno”

ha detto oggi il Sindaco Barbieri. Molto bene. Con questa affermazione, che condividiamo in pieno, speriamo si possa davvero aprire la stagione di governo e chiudere, cosa non chiara a molti consiglieri di maggioranza, la campagna elettorale basata sul principio che – come da verbale delle dichiarazioni di qualcuno:

“si sa, in quel periodo si può dire un po’ di tutto”.

6 mesi di governo di una DIS-GIUNTA, una squadra dissociata tra le promesse e i (pochi) fatti concreti.

Per ora resta la sensazione, plasticamente rappresentata nella conferenza stampa di stamattina, di un Sindaco molto impegnato a ostentare una sicurezza di facciata, in continua tensione per far combaciare tessere di un puzzle assai complicato, laddove l’agire di gran parte dei suoi assessori, nei fatti e nelle comunicazioni pubbliche, a voler essere magnanimi può essere definito estemporaneo e contraddittorio.

Per non parlare dei consiglieri di maggioranza, che in sei mesi hanno curiosamente presentato più interrogazioni rivolte alla loro stessa giunta di quante se ne potessero supporre in cinque anni.

Sei mesi restano comunque un tempo troppo ridotto per un giudizio definitivo.

Noi staremo a vigilare e proporre. Proporre e vigilare.

 

http://www.ilpiacenza.it/politica/il-pd-assessori-deboli-che-smantellano-ma-non-realizzano-le-promesse-elettorali.html

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Requiem per Spazio 4

Spazio 4 cala il sipario. Se snaturi un luogo nella sua essenza, poi non basta mantenerne il nome per dire che non lo chiuderai. Su questo castello di carta si gioca la tiritera ripetuta allo sfinimento dall’assessore Zandonella durante l’incontro ai giardini sonori della Cavallerizza, che ha fatto breccia nel titolista del quotidiano locale ma non ha ipnotizzato i tanti giovani presenti.

E invece, da quel che si è capito ieri, Spazio 4 chiuderà, eccome, in una transizione da centro aggregativo impostato su educatori professionali a una via di mezzo tra (cito un amico) “giardino pubblico e circolone” di cui per ora non è data sapere la reale vocazione.

Meglio avrebbe fatto il giovane assessore, a mio parere, a interpretare di più il ruolo di “giovane”, dato che l’età glielo consente, sintonizzandosi con gli accorati appelli della platea, che quello di “assessore”, in cui è risultato titubante e in evidente imbarazzo sotto le incalzanti domande di ragazzi ed educatori.

Dopo i vari avvitamenti per dare risposte che ogni volta lasciavano la sensazione della “palla calciata in tribuna“, cristallizzate nel mantra di un bilancio che impone tagli, ha ceduto alle pressioni ammettendo che la chiusura dell’esperienza così come è conosciuta è figlia di una precisa scelta politica.

Da li in poi è crollato il muro delle ipocrisie, a cominciare dal non voler consapevolmente affrontare per tempo il bando in scadenza, che avrebbe evitato interruzioni di gestione e risparmiato ai ragazzi di doversi cercare altri posti in cui riunirsi.

Sgomento generale nell’apprendere, senza possibilità di fraintendimento, che la clausola sociale non rientra tra gli strumenti per la promozione della stabilità occupazionale di cui la giunta intende avvalersi, con buona pace degli educatori che restano senza lavoro.

Senza replica le obiezioni di chi, a fronte della scusa dei 60.000€ di costi di gestione impossibili da sostenere, ha contestato il provvedimento appena votato in consiglio dello sconto sulle tasse ai proprietari dei negozi sfitti, che guarda caso cuba proprio la stessa cifra, o i 100.000€ per le unità cinofile alla polizia municipale (difficili da considerare una priorità), o i 50.000€ aggiunti sui 200.000 già previsti per il bando del canile. Per tacere dei 40.000€ spesi sullo stradone Farnese per abbassare i c.d. “biscotti” spartitraffico.

Volere è potere. Qualsiasi amministrazione deve reperire risorse per far quadrare il bilancio. Il modo in cui lo fa dipende dalla filosofia politica che guida le scelte.

A chi ancora è convinto che non esiste differenza tra destra e sinistra, ricordo che noi abbiamo pagato a caro prezzo, in termini elettorali, la decisione di lasciare qualche buca in più nelle strade o avere giardini meno curati per non intaccare i servizi sociali e continuare a investire sull’aspetto socio-educativo pensando alle future generazioni.

I ragazzi meritano rispetto. Chi amministra ha il dovere di mettere la faccia e assumersi le responsabilità senza accampare scuse.

Alla fine del dibattito, anche i muri hanno capito che a decretare la fine di esperienze come Spazio 4, Spazio 2 o Belleville è prima di tutto un pregiudizio politico-culturale, il voler segnare la discontinutià netta con il passato.

A chi ha ascoltato, quanto sentito può non piacere. Ma è la più che legittima conseguenza di un voto democratico, che ha portato il 25 giugno scorso un mezzo militare (probabilmente Euro 0) in Piazza Cavalli a festeggiare la vittoria della destra con vessilli leghisti sbandierati ai quattro venti.

Queste decisioni sono la traduzione concreta dell’ormai famosa affermazione di Tommaso Foti in consiglio comunale:

sono cambiati i suonatori, cambia la musica

Minimalismo amministrativo, incipriato di liberismo, che se lo gratti un po’ svela un “arrangiati!” grande come una casa. Ecco cosa ho percepito: disinteresse mal celato sotto rassicurazioni di maniera e per nulla credibili di una destra dalla faccia pulita per cui vale la legge del più forte, di chi un modo per sfangarla lo trova sempre, di solito per conoscenza.

Gli ultimi, quelli che nessuno se li fila, intesi come un fardello a cui giocoforza riservare qualche parola di circostanza prima di ricacciarli in qualche angolo buio.

Andate all’oratorio” é la quintessenza del pensiero povero, allergico all’elaborazione complessa, avulso dalla realtà e indisponibile alla fatica di costruire e programmare sul lungo periodo. Investire sull’educazione non ti darà mai risultati immediati. Senza l’immediatezza che porta consenso, questi signori non investono, è inutile insistere.

Resta la speranza nei giovani che se decidono di cambiare il mondo, hanno già dimostrato di poterlo fare.

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Elettori…tiè!

Meglio tardi che mai…
Il titolo del giornale fa sembrare l’esatto contrario del contenuto, ma la sostanza sta nel cambio di rotta dell’amministrazione che, smentendo se stessa, va in continuità con chi c’era prima e decide davvero per il bene del territorio, mantenendo in capo ad Asp la gestione dei profughi.

Altro tabù (fortunatamente) sfatato. Altro caposaldo della campagna elettorale della destra caduto sotto i colpi del buonsenso: suggerito, difeso e infine ascoltato.

Anni di attacchi, la fine del protocollo di accoglienza profughi come fiore all’occhiello della propaganda leghista che parla alla pancia come pochi altri e ora, costretti ad accettare il fatto che governare é un po’ diverso da sparar panzane qualunquiste, la forzata presa d’atto che chi c’era prima non era un buonista stolto e connivente con il business dell’immigrazione, ma un amministratore serio che ha provato a usare gli strumenti a sua disposizione per fare il meglio possibile al momento a favore dei suoi cittadini.

Mi torna alla mente, tra le tante dichiarazioni, l’intervista doppia che Thomas Trenchi ha fatto a maggio a me e a Luca Zandonella, dove il futuro assessore, sulla questione, si credeva molto sicuro. (guarda il video, minuto 2:35).

Non bastasse, tra la copiosa rassegna stampa, ecco le dichiarazioni in consiglio comunale di un altro leghista rampante:

Davide Garilli (Lega) invece dice chiaramente di non avere “intenzione di rimangiarsi quanto detto in campagna elettorale. Abbiamo detto che questo servizio doveva essere eliminato” (PiacenzaSera, 18 settembre 2017)

Anche Libertà (19 settembre) riportava la stessa linea:

E la Lega Nord che in aula marca il territorio (…) ribadendo poi quanto scritto nero su bianco sul programma elettorale: «L’Asp deve eliminare il servizio di accoglienza dei richiedenti asilo».

D’altronde, solo gli stupidi non cambiano mai idea. Incoerenza per una volta virtuosa.

Chissà però cosa ne pensano i piacentini che hanno votato Lega proprio convinti che magicamente sarebbero spariti i clandestini brutti e cattivi…  😉

https://sportelloquotidiano.com/2017/05/23/immigrazione-le-proposte-di-zandonella-capolista-lega-nord-e-cugini-pd/

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Promesse tradite

Vincere le elezioni promettendo di tagliare le tasse e sistemare un enorme buco di bilancio. Fatto. Sentirsi dire dai revisori dei conti che il buco é una tua invenzione da propaganda. Fatto.

Confermare le aliquote IRPEF che si era detto non si sarebbero applicate e prevederle anche per gli anni successivi. Fatto.

Raccontare la favola che tanto chi c’era prima ti ha messo tutte le tasse al massimo e sgranare gli occhi quando un modesto consigliere di minoranza quale sono io ti spiega che

Piacenza riceve meno trasferimenti di risorse da Roma proprio perché, per il ministero, dispone ancora di “margini contributivi” autonomi, scoprendo che chi ti ha preceduto si é rifiutato proprio di portare al massimo le tanto odiate tariffe.

Fatto.

Questa é #piacenzaverdenera.

Rabuffi tuona in Consiglio: “Oggi il centrodestra governa per le promesse fatte in campagna elettorale, non mantenute”

Come scritto dall’amico Luigi Gazzola, ex assessore al bilancio:

Chi afferma di aver ereditato conti in disordine o è un bugiardo o un ignorante avendo votato e quindi avallato con l’assestamento di luglio e le variazioni di ottobre e novembre che i conti ereditati erano in perfetto equilibrio e rispettosi dei vincoli di finanza pubblica. Ciò con il parere favorevole dei Revisori dei Conti. Ora la conferma delle tariffe e delle aliquote (addizionale Irpef compresa, dopo aver introdotto anche l’imposta di soggiorno entrambe a suo tempo assai avversate).

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In tempi di poche gratificazioni politiche, la magra soddisfazione di vedere dimostrato che il vituperato impianto del bilancio continua a reggere senza modifiche e che, chi si riempie la bocca della parola “cambiamento” in realtà vuole cambiare affatto ma solo prendere il tuo posto.

Per ora siamo di fronte a un centro-destra che segna una continuità disarmante, smentendo punto per punto, sui temi importanti, i cavalli di battaglia che lo hanno portato alla vittoria elettorale.

Buona notizia per chi era convinto di amministrare bene nelle scorso mandato, compatibilmente con le risorse a disposizione. Non credo sia altrettanto una piacevole sorpresa per gli elettori che continuamente ci hanno mandato a casa.

 

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Commissione per sprelle

Come già successo con la Commissione di garanzia e controllo, anche nel caso della commissione delle elette si è presentato all’orizzonte il solito pacchetto preconfezionato a uso e consumo di qualcuno in cerca di spazio e visibilità.

Si accomodassero tutte le ambizioni in campo. Le mie colleghe di gruppo si sono chiamate fuori. Chi le ha indicate come parte di disegni degni di Machiavelli mi dà più l’impressione di farsi la spia da sola che non quella di centrare un’accusa che meno fondata di così non potrebbe essere!

Guarda caso, dichiaratosi indisponibile il PD, si dimettono anche le altre consigliere…

Se poi ci mette il carico da 90 pure Massimo Polledri, insuperabile gaffeur, che forse incapace di rendersi conto che adesso è un amministratore al governo della città, risponde in consiglio a Giulia Piroli con la più fragorosa caduta di stile che l’assessore alla cultura e alla famiglia potesse fare.

Non soddisfatto di attenersi ai contenuti di una risposta semplice semplice, ha invece dato sfogo all’arroganza del potere con commenti non richiesti, conditi di sessismo e machismo.

tra le attività che sono state messe, anche il laboratorio di maglie e uncinetto…se vuoi ti dico i giorni in cui li fanno

aspettando l’otto marzo, magari parteciperanno, il prossimo anno non so se ci sarà ancora.

Grave performance, brutta ricaduta di un celodurista convinto che ha già dimostrato poco rispetto verso le donne con commenti pubblici di cui dovrebbe ancora vergognarsi (chiedere alla deputata Picierno). Polledri forse dimentica che la violenza di genere è proprio frutto di una cultura ancora infarcita di stereotipi sessisti di cui, a quanto pare, è portatore. 

L’assessore alla cultura e alla famiglia non rammenta o ignora che, l’8 marzo, non è la giornata “della mimosa”, bensì è quella data in cui si ricordano sia le conquiste sociali, economiche e politiche, sia le discriminazioni e le violenze di cui le donne sono state e sono ancora oggetto in quasi tutte le parti del mondo.

È un giorno simbolico per contrastare una cultura che si basa ancora su quegli stereotipi di genere che vogliono relegare la  donna in ruoli di sottomissione. E non cerchi di svicolare parlando di ironia: tentandoci, ha peggiorato la sua già magra figura.

È evidente che con queste premesse, dato che nessuno lo ha smentito o criticato, da destra la commissione delle elette è considerata un inutile orpello, così come è chiaro che non ci prestiamo al gioco della maggioranza facendo da puntello a un organismo in cui palesemente non si crede.

 

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Fango in Giardino
Mi ero ripromesso di non rincorrere più, dopo l’ultima recente risposta, i polemisti di professione: in genere si parte sconfitti. Ma farsi diffamare senza saperne il motivo (o forse lo so fin troppo bene, ma preferisco continuare a non crederci) richiede un livello di pazienza che a me manca.
Incredibile seduta della Commissione 3 ieri pomeriggio a Piacenza. La presidente del Telefono Rosa (Centro antiviolenza femminile), avvocato Donatella Scardi, ha chiarito senza mezzi termini – anzi con parole chiarissime e inequivocabili – che il Centro stava per collassare a causa dell’ostilità dell’ex assessore al welfare Stefano Cugini. (…) Ha inoltre precisato che le recenti dichiarazioni dello stesso Cugini e della consigliera Piroli, secondo cui i contributi comunali a Telefono Rosa sarebbero stati decuplicati dalla precedente amministrazione, sono prive di fondamento. (…). Poi ci si chiede come mai il Pd abbia preso la batosta che ha preso alle ultime Comunali! Perché ha creduto di poter fare politica sulla pelle delle persone deboli e in difficoltà. (…) P.S. Ieri l’intrepido consigliere Cugini, membro della Commissione 3, ha scelto – forte delle sue decisioni passate e dei suoi profondi convincimenti – di non presentarsi e farsi sostituire dalla collega Piroli (…) Ci vuol coraggio
Sto vedendo di che pasta è fatto Cugini giorno dopo giorno, qua dentro”.

Queste sono le perle di quel leoncino da tastiera che risponde al nome di Michele Giardino, consigliere di Forza Italia. Affermazioni pesanti e senza stile, sulla falsariga dei post su Facebook che vi invito ad andare a leggere sul profilo di questo politico di spessore (qui sotto la foto del mio commento).

Protervia mista a ignoranza (in senso letterale), che sposa senza domande la ricostruzione a dir poco fantasiosa della presidente di Telefono Rosa, convinta che ripetendo il mantra all’infinito, la bugia diventi realtà.

Da troppo tempo si sta montando ad arte la polemica sui rapporti tra la passata amministrazione e l’associazione e, da quel che mi è dato leggere nei virgolettati della scorsa audizione di presidente e vice in commissione 3, disinformazione e calunnie stanno passando il segno.

Per questo motivo, per l’ultima volta, intervengo a beneficio di quei piacentini interessati a conoscere la verità e convinti che un briciolo di buona politica, fatta da persone per bene, possa ancora esistere, desistendo – senza più speranze, né interesse – dal proposito di convincere gli abbonati alla polemica, molti dei quali siedono tra i banchi del consiglio comunale.

Dai resoconti della stampa mi accorgo di essere stato processato in contumacia, con affermazioni che ledono la mia reputazione e infangano il ruolo di assessore che ho ricoperto con orgoglio e onore.

Mia la “colpa”, per motivi familiari, di non aver potuto presenziare ai lavori. A parecchi degli intervenuti invece, l’occasione di attaccare a testa bassa, svelando uno stile che ne qualifica lo spessore umano e politico.

Cugini voleva farci fuori,

detto dalla presidente Scardi è un’affermazione tanto grave quanto falsa.

A confutare una simile panzana basterebbe, al di là del “vergognoso balletto di cifre”, sul quale mi trova concorde, citare le sue stesse parole, laddove sostiene che dai 13.000€ l’anno fino al 2014 (attribuisco a un refuso del cronista l’aver scritto “al mese”, perché in caso contrario sarebbe una menzogna) starebbe ora ricevendone 5.000€ mese.

Posso capire che l’abitudine in troppi consolidata di amministrare o intendere il rapporto con il potere facendosi influenzare da amicizie, simpatie o antipatie personali renda impossibile capire o accettare l’azione di chi, al contrario, ha sempre ragionato con l’unico obiettivo del pubblico interesse e agito di conseguenza (a volte facendo bene, a volte sbagliando).

Ciò non di meno non posso permettere che i dati di fatto spariscano in una nebbia inestricabile di dichiarazioni di parte, giudizi sommari, strumentalizzazioni e imprecisioni di chi la racconta come vuole e di chi non studia a sufficienza per formarsi un giudizio autonomo e imparziale.

Rimettiamo in primo piano gli elementi essenziali, sin qui confusamente emersi: fino al 2014 il Centro Antiviolenza Telefono Rosa, comprensivo di una piccola casa rifugio di 5 posti (in locali di proprietà Asp) riceveva dal Comune di Piacenza – unico ente locale della provincia a destinare risorse – un contributo, appunto, di 13.000€ l’anno.

  • Nel 2015 lo Stato destina risorse per 109.000€, che per legge transitano alle Regioni e quindi ai Comuni, per lo sviluppo e il potenziamento dei centri antiviolenza. Volendo consolidare l’azione dei centri, l’Amministrazione Dosi punta a unire le forze, promuovendo e coordinando un protocollo provinciale con Piacenza, Fiorenzuola, Castel San Giovanni, ASP e Fondazione di Piacenza e Vigevano, veicolato nella sede più opportuna, vale a dire la conferenza territoriale sociale e sanitaria. Ne deriva la messa a disposizione di Telefono Rosa di una struttura arredata (nella disponibilità di Asp, in seguito a specifico e articolato accordo con la Fondazione) per la gestione di una nuova casa rifugio più grande, con possibilità di accoglienza che passa da 5 a 17 posti. All’associazione sono trasferiti 96.000€ del finanziamento, mentre la restante quota serve ad Asp per completare gli arredi e allestire la casa, che inizia la sua attività a settembre.

 

  • Nel 2016 lo Stato non sborsa neanche un euro, benché a Telefono Rosa il Comune di Piacenza scelga di garantirne, attraverso Asp, 86.000 (quando si sarebbe potuti tornare ai 13.000 pre-finanziamento). Nello stesso anno, Piacenza è capofila in un bando con Fiorenzuola e Castel San Giovanni per presentare il progetto “vita al centro”, elaborato da Telefono Rosa, poi finanziato con risorse aggiuntive per 115.000€. Si tratta di una copertura per il periodo marzo 2017 – marzo 2019, destinata a potenziare le attività ordinarie del centro e – regole di rendicontazione alla mano – alla copertura di spese imputabili alla sede.

 

  • Nel 2017 tornano i finanziamenti statali e regionali, ragion per cui a Telefono Rosa è confermata la copertura di 87.000€, che per fortuna non grava più in toto sulle casse comunali di Piacenza.

A chi discute poi animatamente il ruolo di Asp nella vicenda, devo ricordare la delibera dell’8 aprile 2015 sul riordino della gestione pubblica, in attuazione della L.R. 12/2013, (uno dei fattori chiave del potente percorso di risanamento compiuto poi nei mesi a venire) con cui il Consiglio comunale ha conferito proprio ad Asp, tra i vari servizi, le iniziative di contrasto alla violenza di genere: non il centro antiviolenza, come qualcuno, in deficit di studio, ha sostenuto a sproposito.

Nell’ambito di queste funzioni, Asp ha gestito il rapporto con Telefono Rosa, mettendo peraltro a disposizione le strutture gratis, fornendo supporto e anticipando risorse per cercare di ammortizzare l’andamento non prevedibile dei finanziamenti esterni.

Fatte queste precisazioni, è più che legittimo sostenere che tali cifre non siano ancora sufficienti. Sono certo che in questo senso la nuova amministrazione sarà molto più capace di noi di promuovere una responsabilizzazione complessiva con gli altri Comuni che porti a un impegno di risorse maggiore a prescindere dai finanziamenti nazionali e regionali.

Quando vedremo a bilancio i capitoli di spesa rimpinguati, saremo i primi a complimentarci.

Resta per ora la vergogna, termine abusato in questi giorni, di gettare fango a più riprese su un’amministrazione che ha operato per passare da un unico finanziamento di 13.000€ l’anno a una base di circa 87.000€ nel triennio 2015, 2016 e 2017, cui si aggiungono i 115.000€ di “vita al centro” e, non bastasse, la disponibilità di sedi arredate e senza oneri di locazione/manutenzione.

In molti adesso fanno gli splendidi, fingendo di non accorgersi che, nell’anno privo di finanziamenti esterni, è stato il Comune di Piacenza e solo il Comune di Piacenza a investire per dare continuità all’azione di Telefono Rosa, impegnando ben più dei canonici 13.000 € annui di cui oggi si rimpiange tanto la mancata erogazione, compresa nell’ammontare complessivo.

E’ stata cattiva gestione questa? Ciascuno può farsi un’opinione, sempre che riesca a diradare la nebbia sgradevole e ideologica che nasconde i fatti essenziali. Di sicuro sembra un ben strano modo di voler “far fuori” qualcuno!

Chiudo smentendo categoricamente quanto sostenuto dalla presidente Scardi in riferimento all’incontro del 7 luglio 2015 in Regione, secondo cui avrei detto “Se ci siete da 21 anni è ora di cambiare”.

Lascio alla presidente, che di professione è avvocato, il giudizio su come giuridicamente è definito il

recare offesa all’altrui reputazione comunicando a due o più persone, a voce o per iscritto, e fuori della presenza della persona offesa, oppure diffondendo, per mezzo della stampa, notizie di fatti che possano comunque ledere o diminuire la stima morale o intellettuale o professionale che la persona gode nell’ambiente in cui vive”.

Posto che l’incontro in Regione l’ho chiesto io, mai mi sono sognato, in relazione ai rapporti tra Comune e Centro antiviolenza, di dire una cosa simile. Ho più di un testimone a mio supporto.

Altra cosa è invece un concetto di valenza generale, attinente le dinamiche stesse delle associazioni di volontariato, che ho sì espresso più volte (non ricordo se anche in quella sede) e che ribadisco senza problemi: quando i gruppi dirigenti restano immutati per troppi anni, qualcosa non va in termini di contendibilità delle cariche e democrazia interna.

Perpetuare le solite guide finisce per compromettere il carico di entusiasmo, nuovi modi di pensare, freschezza che solo un adeguato ricambio generazionale può garantire.

Il volontariato è il mio mondo di riferimento, lo conosco bene e mi sento libero di esprimere giudizi. Se per qualcuno questa libertà di pensiero è un reato di lesa maestà, me ne farò una ragione con poco, pochissimo sforzo.

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I gatti e le volpi

Per me essere capogruppo è una cosa seria. Che a livello nazionale vada di moda prender sempre di mezzo il PD è un dato di fatto. Se però qualcuno, qui a Piacenza, pensa di poterlo fare senza repliche si sbaglia di grosso.

In questi giorni in consiglio comunale è andata in scena la tragicommedia della Commissione di Garanzia e controllo.

Brutto siparietto farne una questione di poltrone, è una vergogna!

Il Sindaco Barbieri si è rivolta così ai consiglieri del PD, non chiarendo se parlava a nuora perché suocera intendesse, oppure se non avesse capito i termini della questione.

Resta il fatto che ha preso un granchio. Ora, è assai curioso come certa politica sappia solo gettare fumo negli occhi.

 

In Consiglio comunale, nel rispetto del ruolo di minoranza che i cittadini ci hanno assegnato, abbiamo fin da subito rifiutato titoli e poltrone, dalla vice-presidenza del Consiglio (andata al M5S), alla presidenza della commissione di garanzia (che andrà al M5S).

Ciò nonostante c’é chi, povero di argomenti, si sforza di farci passare per poltronai e immaginare machiavelliche dietrologie. Per il mio gruppo parlano i fatti. Le parole se le porta via il vento.

Sappiano invece i cittadini che non ci stiamo proprio a tenere il moccolo a giochetti che troppi gatti e troppe volpi apparecchiano sottobanco con spregiudicatezza da politici consumati, salvo fare i moralisti tutte le volte che aprono bocca. Alle storie già scritte e impacchettate, da far passare come normali percorsi democratici ai cittadini ci opponiamo schifati.

Si accomodino i politicanti. Per noi è diverso. Noi non ci stiamo e vogliamo essere gli esempi concreti di un nuovo modo di fare politica. A chi pensa possa bastare sparare nel mucchio, diciamo di raccontare le cose come stanno, se ne ha il coraggio. Apra pure i libri, noi non abbiamo nulla da temere: sono altri quelli che rischiano di dover arrossire

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Il black friday dei lavoratori di Amazon

A Piacenza il black friday 2017 sarà ricordato come quello del primo sciopero dei lavoratori di Amazon.

Una mobilitazione destinata a lasciare un segno e a diventare simbolo di un ritrovato orgoglio di rappresentanza, di composta ma ferma contrapposizione allo strisciante principio che – oggi come oggi – la fortuna di avere qualcosa che assomigli a uno stipendio vada ripagata con l’accettazione passiva di qualsiasi condizione questo comporti.

Il venerdì piacentino ha dimostrato al mondo, col risalto mediatico avuto dalla protesta, che c’è chi dice basta a trascurare le conseguenze fisiche, psicologiche e sociali di impieghi alienanti e ad alto rischio di trasformare esseri umani in automi da produzione seriale, con algoritmi a governarne la vita.

Esistono soglie di diritti e tutele dei lavoratori che nessuno, compresi i colossi della globalizzazione, può pensare di non riconoscere.

Esistono livelli di dignità del lavoro impossibili da sacrificare sull’altare della velocità e dell’efficienza di un servizio reso al cliente-consumatore.

Amazon è un valore aggiunto per il territorio: ha portato a Castel San Giovanni circa 1600 contratti a tempo indeterminato e altrettanti, i cosiddetti interinali, chiamati nei momenti di maggior produttività (es. nelle feste natalizie).

Nel solo primo trimestre dell’anno, grazie alla produttività delle sue maestranze, l’azienda ha fatturato complessivamente 36 miliardi di dollari, con 724 milioni di utili.

Risultati che, dall’altro lato della medaglia, fanno emergere ritmi lavorativi incessanti e richieste di produttività altissime.

Non è lesa maestà ambire a una ridistribuzione dei profitti più equa con i protagonisti di questi successi, chiedendo un miglioramento in termini di premialità, welfare aziendale, conciliazione dei tempi di vita e lavoro.

Un’azienda di queste dimensioni ha il dovere di comprendere l’importanza che riveste per un territorio e di farsi attore della costruzione del futuro delle comunità di riferimento, cercando il giusto punto di equilibrio tra l’interesse aziendale al profitto e la creazione di economia e capitale sociale diffuso. Se la disponibilità a offrire posti di lavoro diventa un semplice “prendere o lasciare”, tutti ne escono più poveri, sotto ogni aspetto.

Siamo di fronte alla necessità di un cambiamento culturale, in cui anche il consumatore finale comprenda l’importanza della filiera che sta dietro alla sua consegna rapida, arrivata comodamente a casa.

Ancora una volta Piacenza può essere esempio e apripista.

Esprimo massima solidarietà ai lavoratori Amazon e alle organizzazioni sindacali che li rappresentano, unendomi al coro di inviti affinché il prossimo incontro tra l’azienda e le parti sociali, già annunciato, sia proficuo e possa raccontare al mondo del lavoro una rinnovata volontà di concertazione.

dispacci resistenti, società, welfare e sanità
Propaganda Rosa

La provocazione del titolo è evidente.

Tanto quanto è triste che la presidente di Telefono rosa non perda occasione, pubblica e privata, per disconoscere tutto l’aiuto ricevuto dal Comune di Piacenza.

Ragioni di antipatia e sentimenti di lesa maestà la portano anzi a parlare apertamente di rischio di chiusura e mettere in dubbio la stessa volontà politica di un sostegno che non solo non è mai mancato, ma si è addirittura più che decuplicato negli ultimi due/tre anni.

Ora ci fanno morire.

A fronte di simili distorsioni della realtà, consegnate alla stampa, come si fa a non tornare con la memoria al più famoso precetto del potente manovratore della propaganda nazista:

ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità.

Per quanto mi riguarda, ho già rispedito le critiche al mittente mesi fa, dimostrando coi numeri quanto fossero infondate, oltreché ingenerose.

Anzi, se in provincia i servizi di contrasto alla violenza di genere sono stati potenziati, è proprio grazie alla ferma volontà politica del Comune di Piacenza e del sottoscritto, quando da assessore mi sono occupato di welfare. Fatti, non opinioni.

Bene ha fatto Patrizia Calza a mettere qualche “puntino sulle i”, peccando tra l’altro di signorilità nel tacere che “l’ulteriore sforzo dei Comuni, nelle more dei ritardi dei finanziamenti nazionali” è stato in realtà uno sforzo individuale proprio di Piacenza, nelle more dei finanziamenti nazionali e dei contributi previsti dai Comuni degli altri distretti.

A furia di ripetere una bugia, poi giovani consiglieri della Lega come Davide Garilli, più propensi a parlare che a studiare le carte, finiscono per dire castronerie.

Difficile definire diversamente il suo intervento di lunedì scorso, in cui ha blaterato che l’amministrazione Dosi avrebbe tagliato fondi a Telefono rosa per sostenere Pulcheria.

Ribadisco il concetto: noi i fondi a Telefono rosa li abbiamo più che decuplicati. Auguro all’attuale giunta di poter fare altrettanto.

L’aiuto alle fasce più fragili non è esclusiva di associazioni, che invece di continuare a rinfocolare polemiche inutili potrebbero concentrarsi su temi come la contendibilità delle cariche interne e il ricambio generazionale del gruppo dirigente.

Il sostegno al disagio più profondo deve necessariamente essere un lavoro di rete, umile e senza sosta, libero da protagonismi di maniera che sono tanto stucchevoli quanto dannosi.

Perché, se Goebbels aveva il suo aforisma, non da meno è stato Bertold Brecht, al quale mi lega certamente maggiore affinità intellettuale:

Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente.

 

open consiglio
Me ne frego!

Zero buon gusto

"Buon gusto, pudore, serietà: questioni che misuri in qualità, non a peso. Non importa se ballano milioni di euro o poche centinaia. Rileva come e perché quegli euro di denaro pubblico sono stati utilizzati”

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% di riduzione del compenso che il Presidente Losi ha rifiutato

| La matematica è un'opinione

I Sindaci hanno disposto una già di per se ridicola riduzione del 5% del compenso del Cda e il Presidente, diversamente da come calcolava i suoi emolumenti nel passato, gioca coi numeri e aggira il problema.

Altro che esempio! In politica la coerenza è merce rara e per questo ancora più preziosa. Mi sforzo di praticarla e, si, sono intransigente nel pretenderla. Specie da chi non perde occasione per insegnarti come si sta al mondo.

Se poi al rilievo mi si oppone arroganza, ho la naturale reazione di insistere ancora di più.

Molti dei comportamenti che constato in qualcuno degli attuali governanti di Piacenza – e oggi torno a parlare del presidente di Acer – ledono questo principio. Il punto, quando c’è in ballo la coerenza, non sta nella legittimità delle azioni (che fino a prova contraria non mi sono mai permesso di mettere in dubbio) ma nella loro opportunità.

Questa non è materia per i legulei e gli azzeccagarbugli che cercano  il pelo nell’uovo per dire che “nulla vieta che si faccia così“. Volgano altrove le loro attenzioni.

Qui si parla, sul piano politico, di buon gusto, pudore, serietà: questioni che misuri in qualità, non a peso. Non importa se ballano milioni di euro o poche centinaia. Rileva come e perché quegli euro di denaro pubblico sono stati utilizzati.

Da quando ho presentato l’atto ispettivo sulla mancata applicazione del CDA di Acer delle indicazioni della Conferenza degli Enti di ridurre di “ben” il 5% il compenso lordo per dare il “buon esempio”, me ne sono arrivate addosso di tutti i colori.

Radio Fante trasmette di un presidente agitatissimo e di un revisore dei conti non molto più tranquillo di lui. Via allora di calcoli e ricostruzioni, interviste alla stampa, post sprezzanti su Facebook, falsità in serie per discreditare. Persino un messaggio privato su Linkedin per dirmi che ho preso uno “scivolone”. Dopo la storia dell’arredamento del nuovo ufficio e le grottesche giustificazioni che ne sono seguite, sono tutti sul chi va là.

Consiglieri moderati che si trasformano in ultras dall’offesa facile e segretari politici con la calunnia pronta, incapaci di capire che non basta vestirsi e atteggiarsi come se si andasse ogni giorno al matrimonio dei principi di Galles per qualificarsi come persone di classe.

Tutto per una mozione di un consigliere di minoranza. E che sarà mai? Domandare è lecito, rispondere cortesia.

Se invece di farsi prendere dalla bava alla bocca si fossero lette meglio le carte, tutti i pretoriani del buon Losi avrebbero evitato di ripetermi allo sfinimento che le mie “accuse” sono infondate perché il loro paladino, in quanto libero professionista, non può avere una normale busta paga (come l’ex Presidente Massimo Savi) ma è obbligato a emettere fattura, ovviamente caricata di IVA e cassa previdenziale dell’ordine.

Molto bene. Ma, di grazia, chi ha mai sostenuto il contrario? Il punto è un altro signori miei, tanto banale quanto (pare) difficile da voler mettere a tema: la conferenza degli enti, quindi i sindaci dei comuni che hanno dato in gestione le case popolari ad Acer, ha deliberato una riduzione dell’indennità lorda nella misura del 5%.

Questa indicazione è rispettata dall’attuale presidente? Secondo me no. Io penso che la delibera sia stata aggirata con un escamotage che fa leva sul concetto di “lordo” non meglio specificato e mi pare anche molto semplice dimostrarlo.

Basta non accanirsi sui diversi status di Savi (pensionato, con cedolino) e Losi (libero professionista, a fattura) e guardare al comportamento del chiamato in causa, domandandosi banalmente perché, fattura su fattura, il Losi vice presidente di Massimo Savi calcolava in un modo mentre il Losi presidente, tenuto peraltro a rispettare la nuova indicazione politica della conferenza degli enti, calcola in un altro.

Forse che la matematica ha cambiato le sue regole nel frattempo?

I conti sono presto fatti: Quale sarebbe stato l’esborso di Acer con un presidente come quello attuale, libero professionita tenuto a emettere fattura, prima di quanto disposto dai Sindaci? Quale invece quello derivante dalle nuove disposizioni? Infine, quale importo è attualmente addebitato a Acer? Tre domande, tre risultati sotto la linea da comparare e giudicare:


Si vede o no il prete nella neve?

A pensar male si fa peccato, ma a me pare tanto una “genialataper sterilizzare proprio quel misero 5% richiesto dai sindaci (di destra e sinistra) come sforzo simbolico verso i cittadini e il periodo di crisi.

Proprio perché si parla di cifre contenute, trovo la mossa ancora più miope, con buona pace dei giocolieri che provano a giustificarla tecnicamente.

Il “mio” punto politico sta tutto qui, nella spregiudicatezza con cui si usano i cavilli per non rispettare i patti.

Per concludere, niente è più falso che sostenere la mia presunta volontà di danneggiare Patrizio Losi. Al contrario: io spero proprio che il nostro coltivi i più brillanti successi e abbia una vita lavorativa ricca di soddisfazioni.

Vorrei solo che fosse il suo vero lavoro di architetto a renderlo così appagato, portandolo lontano dalla cosa pubblica, verso la cui gestione, da tempi non sospetti, ripeto (con una critica esclusivamente politica che deriva dal mio ruolo in Consiglio) di ritenerlo la persona sbagliata nel posto sbagliato.

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