"Non amo i radicalismi, ma altrettanto fuggo dalle forme indefinite che inglobano tutto e il suo contrario”
0
PARTECIPANTI FASCISTI AL CORTEO
| Una ronda per pochi intimi
"Ordine contro il caos": questo il titolo della passeggiata andata in onda a Porta Galera dai fascisti di Forza Nuova. Cinque militanti scortati da agenti della Digos e Polizia Municipale, con auto a lampeggianti accesi al seguito.
Non é chiaro se per questioni di ferie o colonizzazione di altri pianeti, ma ieri sera a Piacenza la “marcia” dei fascisti in maglietta nera contava 🐀🐀🐀🐀.
La risposta più bella arriva dal quartiere Roma, che incurante dei solitari pellegrini, ha dato vita a una serata di festa e incontri praticamente in ogni via!
"La politica non si salva con le frasi a effetto, ma con il cuore e la passione di chi sente il privilegio, nei diversi ruoli, di rappresentare una comunità intera. Con la disponibilità di chi coglie il dovere di creare condizioni e occasioni per gli adulti del futuro. Con serietà, piedi per terra e coscienza di cosa vuol dire essere "cittadino". Chi ama la politica cerca le persone, non le categorie. Chi ama la politica, prova a unire.”
0
% CSX al 4 marzo 2018
| Sinistra disorientata
Quando avremmo dovuto, non siamo stati capaci di creare consapevolezza, di abbinare dignità, equità sociale, progetti e regole; di impedire, i proseliti agli sciacalli della paura.
Non ce l’ho con Matteo Salvini, da cui tutto mi separa, vedi il cinismo e la spregiudicatezza, mascherati da buonsenso e amor patrio, con cui si è preso il Paese, parlando alle pance di un elettorato orfano di valori ed esempi credibili. Fossi anzi un elettore di Matteo Salvini (ipotesi probabile quanto quella che mi sia assegnato il Nobel per la fisica) oggi sarei ampiamente soddisfatto di uno che alle promesse, sul tema di specie, sta facendo seguire i fatti. Non entro nel merito di una linea che per me è aberrante, ma non fingo di non vedere il dato di realtà.
A sinistra, imperterriti, confondiamo causa ed effetto. Questo Matteo Salvini, è il secondo: è un effetto. La causa, se parliamo di politiche migratorie, è un’Europa egoista, che scarica responsabilità sui partner più deboli o dal cuore più grande, proprio su un tema che poteva/potrebbe essere il più bel banco di prova per dimostrarsi qualcosa di più di un’accozzaglia di tecnocrati tenuti insieme dall’alta finanza.
Anni di “palla avvelenata” facendosi scudo dietro una normativa demenziale, che aggiunge alla disgrazia di esseri umani disperati la condizione di prigionieri dello Stato di primo approdo. Bruxelles, che da tempo approfitta dello spirito di solidarietà degli italiani, quasi inarrivabile, sta dando prova di una condotta senza prospettiva, forte coi deboli e debole coi forti e i prepotenti, quelli che se ne fregano, si smarcano o s’inventano regole di comodo.
Dobbiamo avere il coraggio di dirlo, a quest’Europa, da difendere con le unghie e con i denti da nazionalisti e sovranisti vari, che si sta comportando da matrigna irresponsabile.
Effetto. Salvini è un effetto, che parte da lontano, da leggi nazionali mal fatte (Bossi-FIni) ma trova forza nel “nostro” esserci limitati a raffazzonare risposte contingenti, accogliendo senza però chiedersi e pianificare il “durante” e il “dopo”, salvo poi – da brutta copia dell’originale – frenare gli ingressi, andando a trattare con bande d’oltre mare, tronfi di un risultato per cui abbiamo finto di non sapere che, purché questa gente non sbarcasse più sulle nostre coste, il saldo avrebbe previsto umanità affamata, brutalizzata, uccisa “a casa sua”, ancor prima di salirci, sulle carrette del Mediterraneo. Lamentarsi ora, o additare il popolo bue, è follia.
Quando avremmo dovuto, non siamo stati capaci di creare consapevolezza, di abbinare dignità, equità sociale, progetti e regole; di impedire, con politiche sensate, di fare proseliti agli sciacalli della paura, della guerra tra poveri.
Ci siamo bastati nella nostra idea di aver ragione. Arroganti, come la Francia, il cui coraggio di farci la morale mi ripugna. Come la signora Merkel, alla cui ammissione tardiva di averci lasciati soli, vorrei poter rispondere guardandola negli occhi. Basta con le prediche ipocrite, perché – davvero – la misura è colma.
Ogni manifestazione, qualunque simposio di persone che mira a rivendicare diritti, che guarda ai ponti e non ai muri, ha la mia solidarietà e il mio pieno appoggio. Ma stiamo attenti a che sventolare bandiere contro il Matteo Salvini di turno non finisca per essere uno dei tanti modi per lavarsi le coscienze a poco prezzo. Quando arriverà il momento di mirare in alto? Quando la protesta civile si sposterà a Strasburgo, a Bruxelles, alle Nazioni Unite?
Il pianeta è pieno di guerre, morti, fame e povertà, di trafficanti d’armi cui le industrie (pure le nostre) forniscono materie prime in abbondanza. Viviamo un mondo di disuguaglianze aberranti, di diritti violati, di egoismo diffuso.
Leviamoci le fette di salame dagli occhi. Se la smettessimo per un attimo di schiumare rabbia contro un Matteo Salvini qualsiasi, vedremmo che siamo perdenti perché ci manca una visione di società, di mondo, di umanità, una proposta strutturata e di prospettiva, che legga e risolva le cause di questi disvalori, senza accontentarsi di puntare il dito contro effetti sempre diversi eppure così uguali tra loro.
Meteore che alimentano e frustrano speranze o seminano odio per tornaconto personale, costruendo carriere politiche che durano una vita.
I motivi per ripartire sono più alti e più nobili. Ma bisogna capirlo, convincersene e aver voglia di rischiare.
"Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo che lavora nel fango che non conosce pace che lotta per un pezzo di pane che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna,senza capelli e senza nome , senza più forza di ricordare. Vuoti gli occhi e freddo il grembo come una rana d’inverno. Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore stando in casa andando per via, coricandovi alzandovi; ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi”. (Primo Levi)
0
VITTIME ITALIANE DELLA II° GUERRA MONDIALE
| ora e sempre resistenza
Sono ragazzi ma in testa hanno idee malsane. Non prenderli sottogamba e ribattere alle provocazioni è un dovere civico. Il silenzio, in questo caso, non è buonsenso.
Mi preme sottolineare la mia ideale continuità di spirito, fortunatamente condivisa con milioni di persone, con le donne e gli uomini che hanno dato vita alla Resistenza ed eretto la Repubblica, tracciato i suoi sacri confini nel solco dei valori democratici calpestati da un ventennio di ignobile dittatura e reso eterno il suo nome nella storia dell’Europa sognata a Ventotene e ancora da compiersi.
Non solo – la luce della Resistenza ha di nuovo illuminato i passi degli eroi che nel Risorgimento hanno fatto l’Italia, i Mazzini, i Mameli, i Pisacane, di cui abbiamo il dovere di sentirci eredi, fino a essere baluardo dell’anti-fascismo militante, quel fascismo che con Mussolini ha portato fame, miseria e morte sul suolo patrio.
È in questi giorni che è importante celebrare e rivivere, se possibile con ancor maggiore spirito e convinzione, l’Italia libera da quella tirannide che con il marmo del pensiero unico ha provato invano a porre una pietra tombale sull’autodeterminazione delle genti.
Non come banale e antiquata ricorrenza, ma come rappresentazione fisica di un’anima pulsante mai sopita nella nostra Nazione”.
Retorica per retorica, tanto per non tacere davanti ai deliri di chi gode a provocare.
"Quando tutto diventa slogan per intercettare gli istinti, i limiti si spostano verso il basso e ogni trovata sembra lecita, goliardica, efficace. E invece si palesa solo la disgustosa natura di chi cova nazionalismi antistorici e odio razzista. Non importa il simbolo o il nome: si chiama destra, e mi fa schifo.”
0
"MI PIACE" SULLA PAGINA CASA POUND PIACENZA
| Piacenza medaglia d'oro offesa
Non si difende la democrazia sdoganandone i controvalori e dando il benvenuto senza batter ciglio a chi li professa: così la si violenta, la si deprime, la si rinnega.
Non mi sento antidemocratico ad ammettere repulsione per l’annunciata apertura della sede piacentina di Casa Pound: sono solo antifascista.
Ê un modo di essere che mi pervade senza riserve, figlio dei valori e delle tradizioni tramandate, dei racconti, degli studi, degli esempi e delle testimonianze che mi sono state donate, in cui mi sono imbattuto, che sono andato a cercare.
Non mi si venga a dire oggi che se ne disprezzo le idee mi metto sullo stesso piano di chi nella mia città, medaglia d’oro al valor militare per il sacrificio offerto nella lotta di liberazione dalla barbarie nazi-fascista, sceglie di inaugurare una sezione chiamandola “la scure”.
Eh, no, è la storia che ci distingue, con le sue lezioni che tracciano un solco profondissimo tra chi se ne fa beffe e chi invece è ancora capace di indignarsi e comprendere che si sta passando il segno, nella sbornia della post ideologia.
C’è una banalità del maledi ritorno, ammantata di conformismo e dabbenaggine, che macina e rigurgita slogan e abominevoli convinzioni, rispolvera colpevole menefreghismo verso dimostrazioni di violenza, arroganza, intolleranza che i troppi epigoni di vecchi squadrismi seminano con sempre meno timore, nella sottovalutazione, quando non è connivente strizzata d’occhio, di un sistema che per il consenso o l’interesse particolare sarebbe disposto a vendere l’anima.
Democrazia è fare i conti col passato senza pregiudizio, è approfondire i “ma anche”, provare a dipanare le dosi di torto e ragione o gli intrecci tra memoria e nostalgia che il trascorrere dei decenni, l’ignoranza diffusa e una morale collettiva ormai decadente rendono a volte inestricabili.
Ma non si difende la democrazia sdoganandone i controvalori e dando il benvenuto senza batter ciglio a chi li professa: così la si violenta, la si deprime, la si rinnega.
Si abbia per favore il coraggio di resistere, di dire no, di riappropriarsi, col dissenso manifesto e la forza degli argomenti, del senso autentico delle conquiste pagate con il sangue dei nostri padri e delle nostre madri.
Guardo basito il volantino con abbinato il nome della mia città a quello di Casa Pound, con la sua grafica ammiccante al regime e il nero dominante.
Al solo pensiero che è passata appena una settimana dal giorno della memoria provo un senso di disagio indicibile, che scelgo di condividere in forma pubblica, mettendoci la firma e la faccia.
È una presa di distanza netta, che interesserà forse pochi ma sento di dovere alla mia coscienza, nel nome della dignità di un gonfalone e di una medaglia che mi stanno grandemente a cuore, per solidarietà con tutti quelli che, come me, odiano gli indifferenti.
Il secondo semestre del 2017 è stato per il Partito Democratico di Piacenza il periodo in cui imparare e abituarsi a essere minoranza.
Siamo soddisfatti del primo bilancio: abbiamo dimostrato di essere un gruppo coeso e motivato, che non sta in consiglio col broncio a leccarsi le ferite della sconfitta elettorale o a scaldare la poltrona.
Ci siamo dati l’ordine di scuderia di fare in modo che tutti e quattro si possa prendere la parola, argomentare i temi che meglio si conoscono e studiare quelli nuovi. Mai ci siamo mossi in modo individuale o legati a logiche di appartenenza di corrente su scala nazionale, men che meno ci sono stati scatti in avanti o prese di distanza dalla linea comune. Il dibattito al nostro interno è sempre stato franco e senza filtri, a volte pure ruvido, ma siamo sempre usciti con una sintesi accettata e sostenuta da tutti.
Mica era scontato (specie in un momento di difficoltà del partito come quello presente) e per questo penso che possiamo rappresentare un messaggio positivo a ben altri livelli di gestione del potere e un indicatore importante da consegnare ai cittadini in cerca di nuova credibilità della politica.
Stiamo impostando un percorso sui contenuti, supportati dalla segreteria cittadina e provinciale, oltreché dai componenti dell’ex giunta, che con autentico spirito di servizio si sono da subito messi a nostra disposizione.
In Consiglio abbiamo quasi sempre cercato di condividere col resto delle minoranze gli atti che intendevamo sottoporre e, nei confronti degli amministratori al governo, abbiamo mantenuto la promessa fatta alla prima seduta di un’opposizione senza sconti ma senza bastoni tra le ruote.
Data la presenza di molti amministratori alla prima apparizione in Consiglio, abbiamo assistito a tali e tanti “svarioni”, tecnici e comunicativi, che se non ci fossimo imposti di far prevalere la responsabilità sul gossip e la caciara, avremmo riempito pagine di giornale e scatenato polemiche a non finire.
Vogliamo costruire nel tempo un’alternativa seria e credibile, insieme a quanti decideranno di seguirci e darci fiducia. Vogliamo andare in controtendenza e privilegiare la costruzione di un percorso alla ricerca di consenso immediata, evitando di reagire in modo scomposto a offese e macchine del fango.
A dimostrazione dei nostri intenti propositivi e di contenuto, gli atti ispettivi presentati sono numerosi, parecchi dei quali non ancora calendarizzati nonostante siano abbondantemente scaduti tutti i termi temporali possibili e immaginabili.
Purtroppo, eccezion fatta per la mozione sugli orari Acer, nessuno è stato approvato dalla maggioranza, che ha pensato bene – in spregio alle dichiarazioni di collaborazione del neo Sindaco – di rispedire al mittente persino gli emendamenti alle linee di mandato, tra cui quello sulla mappatura delle barriere architettoniche per una città più a misura di disabile e quella sul protocollo per la legalità al polo logistico.
Sappiamo per esperienza quanto sia complicato governare nelle condizioni date oggigiorno. Ciò non di meno, l’augurio per il 2018 è che chi attualmente guida la città la smetta con i piagnistei e col dare colpe all’eredità ricevuta, per cominciare a far intravedere la sua linea senza dipendere dal passato. Le premesse uscite dalla presentazione delle linee di mandato non ci confortano, ma noi siamo positivi per natura.
Per ora le uniche tracce di cambiamento sono preoccupanti ma quasi simboliche: dalle iniziative che segnano un arretramento sul tema dei diritti (uscita rete Ready), alle risoluzioni contro la legge Fiano o lo Ius Soli, allo spazio di parola dato ad attivisti xenofobi.
Non pervenute iniziative a contrasto del degrado e a favore di una presunta sicurezza, fiore all’occhiello delle promesse elettorali: basta fare un giro nelle tradizionali zone che da sempre destano più preoccupazione per accorgersi che nulla è cambiato. Basta andare nei giardini pubblici per capire che il senso civico dei piacentini non dipende dal colore politico di chi governa. Basta usufruire dei parcheggi, girare nelle vie del centro o sui mercati per vedere che i problemi agitati come clave prima delle elezioni e sempre indicati come di immediata soluzione non hanno cambiato di una virgola le loro proporzioni. In compenso, è scappato il comandante della Polizia municipale.
Per il resto, clamorosa continuità, mascherata dietro all’impossibilità concreta di apportare significativi cambiamenti, come se i vari temi nevralgici non fossero già stati perfettamente noti, nei particolari, ai vari esponenti di Lega e Forza Italia già presenti nello scorso mandato.
Tutti i provvedimenti della giunta Dosi usati come simbolo di inefficienza e scelte sbagliate durante le elezioni e bollati con la promessa di essere eliminati sono stati invece mantenuti: dalle aliquote irpef, alla tassa di soggiorno, alla gestione dei profughi in capo ad Asp, alle aree demaniali, per arrivare a Borgo Faxhall e al comparto di Terrepadane.
Persino i famigerati “biscotti“ sullo stradone Farnese, invece di essere rimossi come più volte detto, sono stati abbassati con costi non indifferenti.
“Far quadrare ciò che non sarebbe quadrato, a proposito di bilancio”
non è nulla di eccezionale ma solo il compito principale di qualunque amministrazione, in ogni anno di mandato. Come si fanno quadrare i conti dipende dalle scelte politiche di cui è giusto assumersi le responsabilità, senza demandare alla scarsità di risorse la risposta a ogni obiezioni di fronte a iniziative impopolari. C’è chi investe sull’educazione e la formazione dei giovani, chi sulle unità cinofile per la Polizia municipale.
“Qui nessuno è un fenomeno”
ha detto oggi il Sindaco Barbieri. Molto bene. Con questa affermazione, che condividiamo in pieno, speriamo si possa davvero aprire la stagione di governo e chiudere, cosa non chiara a molti consiglieri di maggioranza, la campagna elettorale basata sul principio che – come da verbale delle dichiarazioni di qualcuno:
“si sa, in quel periodo si può dire un po’ di tutto”.
6 mesi di governo di una DIS-GIUNTA, una squadra dissociata tra le promesse e i (pochi) fatti concreti.
Per ora resta la sensazione, plasticamente rappresentata nella conferenza stampa di stamattina, di un Sindaco molto impegnato a ostentare una sicurezza di facciata, in continua tensione per far combaciare tessere di un puzzle assai complicato, laddove l’agire di gran parte dei suoi assessori, nei fatti e nelle comunicazioni pubbliche, a voler essere magnanimi può essere definito estemporaneo e contraddittorio.
Per non parlare dei consiglieri di maggioranza, che in sei mesi hanno curiosamente presentato più interrogazioni rivolte alla loro stessa giunta di quante se ne potessero supporre in cinque anni.
Sei mesi restano comunque un tempo troppo ridotto per un giudizio definitivo.
Noi staremo a vigilare e proporre. Proporre e vigilare.
Spazio 4cala il sipario. Se snaturi un luogo nella sua essenza, poi non basta mantenerne il nome per dire che non lo chiuderai. Su questo castello di carta si gioca la tiritera ripetuta allo sfinimento dall’assessore Zandonella durante l’incontro ai giardini sonori della Cavallerizza, che ha fatto breccia nel titolista del quotidiano locale ma non ha ipnotizzato i tanti giovani presenti.
E invece, da quel che si è capito ieri, Spazio 4 chiuderà, eccome, in una transizione da centro aggregativo impostato su educatori professionali a una via di mezzo tra (cito un amico) “giardino pubblico e circolone” di cui per ora non è data sapere la reale vocazione.
Meglio avrebbe fatto il giovane assessore, a mio parere, a interpretare di più il ruolo di “giovane”, dato che l’età glielo consente, sintonizzandosi con gli accorati appelli della platea, che quello di “assessore”, in cui è risultato titubante e in evidente imbarazzo sotto le incalzanti domande di ragazzi ed educatori.
Dopo i vari avvitamenti per dare risposte che ogni volta lasciavano la sensazione della “palla calciata in tribuna“, cristallizzate nel mantra di un bilancio che impone tagli, ha ceduto alle pressioni ammettendo che la chiusura dell’esperienza così come è conosciuta è figlia di una precisa scelta politica.
Da li in poi è crollato il muro delle ipocrisie, a cominciare dal non voler consapevolmente affrontare per tempo il bando in scadenza, che avrebbe evitato interruzioni di gestione e risparmiato ai ragazzi di doversi cercare altri posti in cui riunirsi.
Sgomento generale nell’apprendere, senza possibilità di fraintendimento, che la clausola sociale non rientra tra gli strumenti per la promozione della stabilità occupazionale di cui la giunta intende avvalersi, con buona pace degli educatori che restano senza lavoro.
Senza replica le obiezioni di chi, a fronte della scusa dei 60.000€ di costi di gestione impossibili da sostenere, ha contestato il provvedimento appena votato in consiglio dello sconto sulle tasse ai proprietari dei negozi sfitti, che guarda caso cuba proprio la stessa cifra, o i 100.000€ per le unità cinofile alla polizia municipale (difficili da considerare una priorità), o i 50.000€ aggiunti sui 200.000 già previsti per il bando del canile. Per tacere dei 40.000€ spesi sullo stradone Farnese per abbassare i c.d. “biscotti” spartitraffico.
Volere è potere. Qualsiasi amministrazione deve reperire risorse per far quadrare il bilancio. Il modo in cui lo fa dipende dalla filosofia politica che guida le scelte.
A chi ancora è convinto che non esiste differenza tra destra e sinistra, ricordo che noi abbiamo pagato a caro prezzo, in termini elettorali, la decisione di lasciare qualche buca in più nelle strade o avere giardini meno curati per non intaccare i servizi sociali e continuare a investire sull’aspetto socio-educativo pensando alle future generazioni.
I ragazzi meritano rispetto. Chi amministra ha il dovere di mettere la faccia e assumersi le responsabilità senza accampare scuse.
Alla fine del dibattito, anche i muri hanno capito che a decretare la fine di esperienze come Spazio 4, Spazio 2 o Belleville è prima di tutto un pregiudizio politico-culturale, il voler segnare la discontinutià netta con il passato.
A chi ha ascoltato, quanto sentito può non piacere. Ma è la più che legittima conseguenza di un voto democratico, che ha portato il 25 giugno scorso un mezzo militare (probabilmente Euro 0) in Piazza Cavalli a festeggiare la vittoria della destra con vessilli leghisti sbandierati ai quattro venti.
Queste decisioni sono la traduzione concreta dell’ormai famosa affermazione di Tommaso Foti in consiglio comunale:
sono cambiati i suonatori, cambia la musica
Minimalismo amministrativo, incipriato di liberismo, che se lo gratti un po’ svela un “arrangiati!” grande come una casa. Ecco cosa ho percepito: disinteresse mal celato sotto rassicurazioni di maniera e per nulla credibili di una destra dalla faccia pulita per cui vale la legge del più forte, di chi un modo per sfangarla lo trova sempre, di solito per conoscenza.
Gli ultimi, quelli che nessuno se li fila, intesi come un fardello a cui giocoforza riservare qualche parola di circostanza prima di ricacciarli in qualche angolo buio.
“Andate all’oratorio” é la quintessenza del pensiero povero, allergico all’elaborazione complessa, avulso dalla realtà e indisponibile alla fatica di costruire e programmare sul lungo periodo. Investire sull’educazione non ti darà mai risultati immediati. Senza l’immediatezza che porta consenso, questi signori non investono, è inutile insistere.
Resta la speranza nei giovani che se decidono di cambiare il mondo, hanno già dimostrato di poterlo fare.
Meglio tardi che mai…
Il titolo del giornale fa sembrare l’esatto contrario del contenuto, ma la sostanza sta nel cambio di rotta dell’amministrazione che, smentendo se stessa, va in continuità con chi c’era prima e decide davvero per il bene del territorio, mantenendo in capo ad Asp la gestione dei profughi.
Altro tabù (fortunatamente) sfatato. Altro caposaldo della campagna elettorale della destra caduto sotto i colpi del buonsenso: suggerito, difeso e infine ascoltato.
Anni di attacchi, la fine del protocollo di accoglienza profughi come fiore all’occhiello della propaganda leghista che parla alla pancia come pochi altri e ora, costretti ad accettare il fatto che governare é un po’ diverso da sparar panzane qualunquiste, la forzata presa d’atto che chi c’era prima non era un buonista stolto e connivente con il business dell’immigrazione, ma un amministratore serio che ha provato a usare gli strumenti a sua disposizione per fare il meglio possibile al momento a favore dei suoi cittadini.
Mi torna alla mente, tra le tante dichiarazioni, l’intervista doppia che Thomas Trenchi ha fatto a maggio a me e a Luca Zandonella, dove il futuro assessore, sulla questione, si credeva molto sicuro. (guarda il video, minuto 2:35).
Non bastasse, tra la copiosa rassegna stampa, ecco le dichiarazioni in consiglio comunale di un altro leghista rampante:
Davide Garilli (Lega) invece dice chiaramente di non avere “intenzione di rimangiarsi quanto detto in campagna elettorale. Abbiamo detto che questo servizio doveva essere eliminato” (PiacenzaSera, 18 settembre 2017)
Anche Libertà (19 settembre) riportava la stessa linea:
E la Lega Nord che in aula marca il territorio (…) ribadendo poi quanto scritto nero su bianco sul programma elettorale: «L’Asp deve eliminare il servizio di accoglienza dei richiedenti asilo».
D’altronde, solo gli stupidi non cambiano mai idea. Incoerenza per una volta virtuosa.
Chissà però cosa ne pensano i piacentini che hanno votato Lega proprio convinti che magicamente sarebbero spariti i clandestini brutti e cattivi… 😉
Vincere le elezioni promettendo di tagliare le tasse e sistemare un enorme buco di bilancio. Fatto. Sentirsi dire dai revisori dei conti che il buco é una tua invenzione da propaganda. Fatto.
Confermare le aliquote IRPEF che si era detto non si sarebbero applicate e prevederle anche per gli anni successivi. Fatto.
Raccontare la favola che tanto chi c’era prima ti ha messo tutte le tasse al massimo e sgranare gli occhi quando un modesto consigliere di minoranza quale sono io ti spiega che
Piacenza riceve meno trasferimenti di risorse da Roma proprio perché, per il ministero, dispone ancora di “margini contributivi” autonomi, scoprendo che chi ti ha preceduto si é rifiutato proprio di portare al massimo le tanto odiate tariffe.
Come scritto dall’amico Luigi Gazzola, ex assessore al bilancio:
Chi afferma di aver ereditato conti in disordine o è un bugiardo o un ignorante avendo votato e quindi avallato con l’assestamento di luglio e le variazioni di ottobre e novembre che i conti ereditati erano in perfetto equilibrio e rispettosi dei vincoli di finanza pubblica. Ciò con il parere favorevole dei Revisori dei Conti. Ora la conferma delle tariffe e delle aliquote (addizionale Irpef compresa, dopo aver introdotto anche l’imposta di soggiorno entrambe a suo tempo assai avversate).
Questo slideshow richiede JavaScript.
In tempi di poche gratificazioni politiche, la magra soddisfazione di vedere dimostrato che il vituperato impianto del bilancio continua a reggere senza modifiche e che, chi si riempie la bocca della parola “cambiamento” in realtà vuole cambiare affatto ma solo prendere il tuo posto.
Per ora siamo di fronte a un centro-destra che segna una continuità disarmante, smentendo punto per punto, sui temi importanti, i cavalli di battaglia che lo hanno portato alla vittoria elettorale.
Buona notizia per chi era convinto di amministrare bene nelle scorso mandato, compatibilmente con le risorse a disposizione. Non credo sia altrettanto una piacevole sorpresa per gli elettori che continuamente ci hanno mandato a casa.
Come già successo con la Commissione di garanzia e controllo, anche nel caso della commissione delle elette si è presentato all’orizzonte il solito pacchetto preconfezionatoa uso e consumo di qualcuno in cerca di spazio e visibilità.
Si accomodassero tutte le ambizioni in campo. Le mie colleghe di gruppo si sono chiamate fuori. Chi le ha indicate come parte di disegni degni di Machiavelli mi dà più l’impressione di farsi la spia da sola che non quella di centrare un’accusa che meno fondata di così non potrebbe essere!
Guarda caso, dichiaratosi indisponibile il PD, si dimettono anche le altre consigliere…
Dimissioni in massa: affossata la commissione delle elette
Commissione elette: le leghiste non entrano
Se poi ci mette il carico da 90 pure Massimo Polledri, insuperabile gaffeur, che forse incapace di rendersi conto che adesso è un amministratore al governo della città, risponde in consiglio a Giulia Piroli con la più fragorosa caduta di stile che l’assessore alla cultura e alla famiglia potesse fare.
Non soddisfatto di attenersi ai contenuti di una risposta semplice semplice, ha invece dato sfogo all’arroganza del potere con commenti non richiesti, conditi di sessismo e machismo.
tra le attività che sono state messe, anche il laboratorio di maglie e uncinetto…se vuoi ti dico i giorni in cui li fanno
aspettando l’otto marzo, magari parteciperanno, il prossimo anno non so se ci sarà ancora.
Grave performance, brutta ricaduta di un celodurista convinto che ha già dimostrato poco rispetto verso le donne con commenti pubblici di cui dovrebbe ancora vergognarsi (chiedere alla deputata Picierno). Polledri forse dimentica che la violenza di genere è proprio frutto di una cultura ancora infarcita di stereotipi sessisti di cui, a quanto pare, è portatore.
L’assessore alla cultura e alla famiglia non rammenta o ignora che, l’8 marzo, non è la giornata “della mimosa”, bensì è quella data in cui si ricordano sia le conquiste sociali, economiche e politiche, sia le discriminazioni e le violenze di cui le donne sono state e sono ancora oggetto in quasi tutte le parti del mondo.
È un giorno simbolico per contrastare una cultura che si basa ancora su quegli stereotipi di genere che vogliono relegare la donna in ruoli di sottomissione. E non cerchi di svicolare parlando di ironia: tentandoci, ha peggiorato la sua già magra figura.
È evidente che con queste premesse, dato che nessuno lo ha smentito o criticato, da destra la commissione delle elette è considerata un inutile orpello, così come è chiaro che non ci prestiamo al gioco della maggioranza facendo da puntello a un organismo in cui palesemente non si crede.
Festa delle donne: volano gli stracci tra Polledri e il PD
Festa delle donne: volano gli stracci tra Polledri e il PD
Mi ero ripromesso di non rincorrere più, dopo l’ultima recente risposta, i polemisti di professione: in genere si parte sconfitti. Ma farsi diffamare senza saperne il motivo (o forse lo so fin troppo bene, ma preferisco continuare a non crederci) richiede un livello di pazienza che a me manca.
Incredibile seduta della Commissione 3 ieri pomeriggio a Piacenza. La presidente del Telefono Rosa (Centro antiviolenza femminile), avvocato Donatella Scardi, ha chiarito senza mezzi termini – anzi con parole chiarissime e inequivocabili – che il Centro stava per collassare a causa dell’ostilità dell’ex assessore al welfare Stefano Cugini. (…) Ha inoltre precisato che le recenti dichiarazioni dello stesso Cugini e della consigliera Piroli, secondo cui i contributi comunali a Telefono Rosa sarebbero stati decuplicati dalla precedente amministrazione, sono prive di fondamento. (…). Poi ci si chiede come mai il Pd abbia preso la batosta che ha preso alle ultime Comunali! Perché ha creduto di poter fare politica sulla pelle delle persone deboli e in difficoltà. (…) P.S. Ieri l’intrepido consigliere Cugini, membro della Commissione 3, ha scelto – forte delle sue decisioni passate e dei suoi profondi convincimenti – di non presentarsi e farsi sostituire dalla collega Piroli (…) Ci vuol coraggio…
Sto vedendo di che pasta è fatto Cugini giorno dopo giorno, qua dentro”.
Queste sono le perle di quel leoncino da tastiera che risponde al nome di Michele Giardino, consigliere di Forza Italia. Affermazioni pesanti e senza stile, sulla falsariga dei post su Facebook che vi invito ad andare a leggere sul profilo di questo politico di spessore (qui sotto la foto del mio commento).
Protervia mista a ignoranza (in senso letterale), che sposa senza domande la ricostruzione a dir poco fantasiosa della presidente di Telefono Rosa, convinta che ripetendo il mantra all’infinito, la bugia diventi realtà.
Da troppo tempo si sta montando ad arte la polemica sui rapporti tra la passata amministrazione e l’associazione e, da quel che mi è dato leggere nei virgolettati della scorsa audizione di presidente e vice in commissione 3, disinformazione e calunnie stanno passando il segno.
Per questo motivo, per l’ultima volta, intervengo a beneficio di quei piacentini interessati a conoscere la verità e convinti che un briciolo di buona politica, fatta da persone per bene, possa ancora esistere, desistendo – senza più speranze, né interesse – dal proposito di convincere gli abbonati alla polemica, molti dei quali siedono tra i banchi del consiglio comunale.
Dai resoconti della stampa mi accorgo di essere stato processato in contumacia, con affermazioni che ledono la mia reputazione e infangano il ruolo di assessore che ho ricoperto con orgoglio e onore.
Mia la “colpa”, per motivi familiari, di non aver potuto presenziare ai lavori. A parecchi degli intervenuti invece, l’occasione di attaccare a testa bassa, svelando uno stile che ne qualifica lo spessore umano e politico.
detto dalla presidente Scardiè un’affermazione tanto grave quanto falsa.
A confutare una simile panzana basterebbe, al di là del “vergognoso balletto di cifre”, sul quale mi trova concorde, citare le sue stesse parole, laddove sostiene che dai 13.000€ l’anno fino al 2014 (attribuisco a un refuso del cronista l’aver scritto “al mese”, perché in caso contrario sarebbe una menzogna) starebbe ora ricevendone 5.000€ mese.
Posso capire che l’abitudine in troppi consolidata di amministrare o intendere il rapporto con il potere facendosi influenzare da amicizie, simpatie o antipatie personali renda impossibile capire o accettare l’azione di chi, al contrario, ha sempre ragionato con l’unico obiettivo del pubblico interesse e agito di conseguenza (a volte facendo bene, a volte sbagliando).
Ciò non di meno non posso permettere che i dati di fatto spariscano in una nebbia inestricabile di dichiarazioni di parte, giudizi sommari, strumentalizzazioni e imprecisioni di chi la racconta come vuole e di chi non studia a sufficienza per formarsi un giudizio autonomo e imparziale.
Rimettiamo in primo piano gli elementi essenziali, sin qui confusamente emersi: fino al 2014 il Centro Antiviolenza Telefono Rosa, comprensivo di una piccola casa rifugio di 5 posti (in locali di proprietà Asp) riceveva dal Comune di Piacenza – unico ente locale della provincia a destinare risorse – un contributo, appunto, di 13.000€ l’anno.
Nel 2015 lo Stato destina risorse per 109.000€, che per legge transitano alle Regioni e quindi ai Comuni, per lo sviluppo e il potenziamento dei centri antiviolenza. Volendo consolidare l’azione dei centri, l’Amministrazione Dosi punta a unire le forze, promuovendo e coordinando un protocollo provinciale con Piacenza, Fiorenzuola, Castel San Giovanni, ASP e Fondazione di Piacenza e Vigevano, veicolato nella sede più opportuna, vale a dire la conferenza territoriale sociale e sanitaria. Ne deriva la messa a disposizione di Telefono Rosa di una struttura arredata (nella disponibilità di Asp, in seguito a specifico e articolato accordo con la Fondazione) per la gestione di una nuova casa rifugio più grande, con possibilità di accoglienza che passa da 5 a 17 posti. All’associazione sono trasferiti 96.000€ del finanziamento, mentre la restante quota serve ad Asp per completare gli arredi e allestire la casa, che inizia la sua attività a settembre.
Nel 2016 lo Stato non sborsa neanche un euro, benché a Telefono Rosa il Comune di Piacenza scelga di garantirne, attraverso Asp, 86.000 (quando si sarebbe potuti tornare ai 13.000 pre-finanziamento). Nello stesso anno, Piacenza è capofila in un bando con Fiorenzuola e Castel San Giovanni per presentare il progetto “vita al centro”, elaborato da Telefono Rosa, poi finanziato con risorse aggiuntive per 115.000€. Si tratta di una copertura per il periodo marzo 2017 – marzo 2019, destinata a potenziare le attività ordinarie del centro e – regole di rendicontazione alla mano – alla copertura di spese imputabili alla sede.
Nel 2017 tornano i finanziamenti statali e regionali, ragion per cui a Telefono Rosa è confermata la copertura di 87.000€, che per fortuna non grava più in toto sulle casse comunali di Piacenza.
A chi discute poi animatamente il ruolo di Asp nella vicenda, devo ricordare la delibera dell’8 aprile 2015 sul riordino della gestione pubblica, in attuazione della L.R. 12/2013, (uno dei fattori chiave del potente percorso di risanamento compiuto poi nei mesi a venire) con cui il Consiglio comunale ha conferito proprio ad Asp, tra i vari servizi, le iniziative di contrasto alla violenza di genere: non il centro antiviolenza, come qualcuno, in deficit di studio, ha sostenuto a sproposito.
Nell’ambito di queste funzioni, Asp ha gestito il rapporto con Telefono Rosa, mettendo peraltro a disposizione le strutture gratis, fornendo supporto e anticipando risorse per cercare di ammortizzare l’andamento non prevedibile dei finanziamenti esterni.
Fatte queste precisazioni, è più che legittimo sostenere che tali cifre non siano ancora sufficienti. Sono certo che in questo senso la nuova amministrazione sarà molto più capace di noi di promuovere una responsabilizzazione complessiva con gli altri Comuni che porti a un impegno di risorse maggiore a prescindere dai finanziamenti nazionali e regionali.
Quando vedremo a bilancio i capitoli di spesa rimpinguati, saremo i primi a complimentarci.
Resta per ora la vergogna, termine abusato in questi giorni, di gettare fango a più riprese su un’amministrazione che ha operato per passare da un unico finanziamento di 13.000€ l’anno a una base di circa 87.000€ nel triennio 2015, 2016 e 2017, cui si aggiungono i 115.000€ di “vita al centro” e, non bastasse, la disponibilità di sedi arredate e senza oneri di locazione/manutenzione.
In molti adesso fanno gli splendidi, fingendo di non accorgersi che, nell’anno privo di finanziamenti esterni, è stato il Comune di Piacenza e solo il Comune di Piacenza a investire per dare continuità all’azione di Telefono Rosa, impegnando ben più dei canonici 13.000 € annui di cui oggi si rimpiange tanto la mancata erogazione, compresa nell’ammontare complessivo.
E’ stata cattiva gestione questa? Ciascuno può farsi un’opinione, sempre che riesca a diradare la nebbia sgradevole e ideologica che nasconde i fatti essenziali. Di sicuro sembra un ben strano modo di voler “far fuori” qualcuno!
Chiudo smentendo categoricamente quanto sostenuto dalla presidente Scardi in riferimento all’incontro del 7 luglio 2015 in Regione, secondo cui avrei detto “Se ci siete da 21 anni è ora di cambiare”.
Lascio alla presidente, che di professione è avvocato, il giudizio su come giuridicamente è definito il
“recare offesa all’altrui reputazione comunicando a due o più persone, a voce o per iscritto, e fuori della presenza della persona offesa, oppure diffondendo, per mezzo della stampa, notizie di fatti che possano comunque ledere o diminuire la stima morale o intellettuale o professionale che la persona gode nell’ambiente in cui vive”.
Posto che l’incontro in Regione l’ho chiesto io, mai mi sono sognato, in relazione ai rapporti tra Comune e Centro antiviolenza, di dire una cosa simile. Ho più di un testimone a mio supporto.
Altra cosa è invece un concetto di valenza generale, attinente le dinamiche stesse delle associazioni di volontariato, che ho sì espresso più volte (non ricordo se anche in quella sede) e che ribadisco senza problemi: quando i gruppi dirigenti restano immutati per troppi anni, qualcosa non va in termini di contendibilità delle cariche e democrazia interna.
Perpetuare le solite guide finisce per compromettere il carico di entusiasmo, nuovi modi di pensare, freschezza che solo un adeguato ricambio generazionale può garantire.
Il volontariato è il mio mondo di riferimento, lo conosco bene e mi sento libero di esprimere giudizi. Se per qualcuno questa libertà di pensiero è un reato di lesa maestà, me ne farò una ragione con poco, pochissimo sforzo.