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Ospedale giusto. Area sbagliata.

Ieri il Consiglio comunale ha approvato la variante per costruire il NUOVO OSPEDALE alla FARNESIANA. Il Partito Democratico non ha partecipato al voto, in dissenso, ora come a luglio 2019, nel merito e nel metodo.

Noi ci siamo presi per primi, nel 2015, la responsabilità di aver voluto il nuovo ospedale. A questa giunta, l’assunzione dell’onere di farlo realizzare in una zona sbagliata.

La scelta del suolo agricolo della Farnesina arriva a valle del frettoloso accantonamento delle nostre opzioni pubbliche (stralciate subito dagli approfondimenti).

Un’insistenza in spregio alla questione ambientale, al rispetto – fino allo scherno – di chi produce lavoro e posti di lavoro (sfruttando già quell’area con progetti di agricoltura biologica) e con molte perplessità sui piani urbanistico, viabilistico e in merito alla pertinenza del percorso amministrativo (variante anziché accordo di programma, anche in considerazione della conclamata necessità di ripensare il progetto alla luce delle criticità emerse con la pandemia). 

Per non dire che saremmo tra i pochi – se non gli unici – a costruire un ospedale vicino a un carcere.

Con il voto di ieri, hanno creato le condizioni per colare quasi 200.000 mq di cemento su un’area verde fuori dalla tangenziale e, al tempo stesso, rendere appetibile (leggasi: altre colate di cemento) l’area già edificabile dirimpetto, entro la tangenziale (area 5 – lotto AL9 Cascine).

Ieri il capogruppo di Fratelli d’Italia ha ricordato il percorso partecipativo deliberato dalla Giunta Dosi a gennaio 2017, lamentando che da allora nulla si è mosso.

Si è però scordato di dire che a giugno 2017 ci sono state le elezioni che hanno consegnato Piacenza alla sua coalizione, trascurando di imputare la mancata partecipazione a chi è al governo da quasi tre anni!

A proposito di ritardi, finalmente è emerso, senza più possibilità di equivoci, dopo un tira-molla che dura da anni:

a) che le lungaggini sono figlie del percorso amministrativo messo in piedi da questa giunta, dal momento in cui ha inteso escludere l”utilizzo di aree pubbliche dismissibili e da noi individuate nel PSC come ambiti di trasformazione, quindi naturalmente vocate a servizi strategici come un ospedale (vedi ex PERTITE). La variante, con tutti i passaggi burocratici che l’hanno preceduta e che ne seguiranno, nasce dalla scelta di andare su aree private.

b) che AUSL non avrebbe potuto presentare un progetto definitivo (dal costo di svariati milioni di euro) senza l’individuazione di un’area precisa da parte del Comune;

Per quanto ci riguarda, a suo tempo abbiamo avviato un percorso partecipato per aiutare la città a comprendere le ragioni di questa straordinaria opportunità.

Abbiamo proposto, sostenuto e motivato la scelta di un area, l’ex Pertite, ideale da un punto di vista urbanistico (recupero di un bene pubblico in via di dismissione collocato in zona strategica) ambientale (un ospedale nel cuore di un grande parco, senza consumo di nuovo suolo) ed economico (bonifica e parco senza oneri x il Comune), difendendo la proposta addirittura con la richiesta di un nuovo referendum popolare (rigettata).

Chi chiede a gran voce il DIBATTITO PUBBLICO ORA, avrebbe potuto sostenere la partecipazione anche ALLORA;

Ci siamo opposti a chi, in campagna elettorale, ha assunto posizioni variabili tra scetticismo e contrarietà, a partire dal Sindaco Barbieri per arrivare a tutta la coalizione che l’ha sostenuta. Immaginate che sciagura sarebbe stata, alla luce di quanto accaduto, avessimo perso questo treno!

Abbiamo subito la “palla avvelenata” sul chi fa cosa tra Comune, Regione e Ausl. Un “è nato prima l’uovo o la gallina” tra area e progetto che ci è costato almeno due anni di ritardo – che noi imputiamo a questa amministrazione.

Ciò non di meno, guardiamo all’INTERESSE PREVALENTE. Il PD ha voluto e vuole per Piacenza un nuovo, moderno ed efficiente ospedale, in un sistema sanitario a governance pubblica, inserito in un circuito ospedaliero provinciale complementare nei suoi presidi con la rete della medicina territoriale. 

Pensiamo per la nostra provincia a un modello di organizzazione sanitaria all’avanguardia. Non solo un ospedale. un modello di organizzazione in cui struttura e territorio non sono alternativi, ma complementari.

È giunta dunque l’ora dei CRONO-PROGRAMMA seri e vincolanti: sosteniamo da tempi non sospetti che il termine degli 8-10 anni, alla luce di quello che abbiamo sofferto e stiamo soffrendo non è più attuale. 

Come ci muoviamo da adesso per il PROGETTO? Aspettiamo la fine dell’ITER DELLA VARIANTE (più o meno passa un altro anno)? Predisponiamo un BANDO? Individuiamo un COMMISSARIO, sulla scorta dell’esperienza di GENOVA?

NON CI ACCONTENTEREMO di sentirci ancora dire che i prossimi passi spettano a qualcun altro. SIA IL COMUNE DI PIACENZA a fare delle proposte e a DETTARE L’AGENDA in nome del pubblico interesse della città e della provincia.

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La Sindaca dovrebbe dimettersi?

Lunedì 27 aprile 2020 si è celebrato a Piacenza il primo Consiglio comunale dell’era Covid-19. Niente aula, solo schermi di computer, tablet, cellulari. Ognuno a casa sua, con le sue frustrazioni e capacità di tenuta dei nervi.

Mi sono sentito – una volta ancora – di lanciare l’appello alla politica affinché la smetta di avvelenare i pozzi, accompagnando in questa fase il lavoro di chi deve farci uscire dall’incubo, senza creare ulteriori tensioni e distrazioni.

Non ho chiesto tanto: basterebbe accettare l’idea che ci si può pure prendere una pausa, evitando di dire o scrivere banalità a ogni costo. Il mondo sopravvive anche senza le nostre opinioni, specie se frutto della poca o nessuna competenza/esperienza, tipica dei tuttologi improvvisati.

E invece la rete brulica di politici che usano i social come una mitraglia, sparando oggi sul Governo, domani sulla Regione, dopodomani sul Direttore dell’Ausl, che a detta di qualche amministratore (comodo comodo dal divano di casa sua), dovrebbe dimettersi. O essere rimosso.

Anche questo è un segno dell’uscita dalla fase 1. Passato il primo grande spavento, dove molti degli inquisitori di oggi non si sono risparmiati telefonate all’italiana per scavalcare qualche fila per accertamenti vari (perché poi, qualcuno, te lo confida pure…) eccoli ora in cerca del capro-espiatorio.

Beninteso, a favore di telecamera (o webcam), tutti chierichetti pronti a invocare senso di responsabilità e comunione di intenti, salvo poi, appena scivola sotto le dita una tastiera e si spalanca davanti la prateria del web, trasformarsi in Torquemada, lesti a mandare al rogo la loro personale platea di peccatori incompetenti.

Solo il Sindaco di Piacenza si salva, in un curioso processo di assoluzione/beatificazione che una certa politica piacentina sta portando avanti, senza che se ne capisca la coerenza.

Lo dico dal punto di vista di questi campioni di sicumera: se davvero Piacenza è nel più profondo girone dell’Inferno e, secondo il principio che “se la squadra non gira, si cambia l’allenatore“, beh, si sappia che il soggetto in questione è proprio il primo cittadino.

Essendo il Sindaco la più alta carica in campo sanitario, pure il Direttore dell’Ausl, in un certo senso, ne è subalterno. Dal che deriva, a rigor di logica, che…

se dopo due mesi ci troviamo a questo punto, la prima figura a doversi far da parte dovrebbe essere proprio l’unica che qualcuno si ostina a preservare: Patrizia Barbieri.

La favoletta delle “mani legate” in attesa di disposizioni dall’alto regge solo per chi non ha mai amministrato. La politica è fatta di scelte. Per esempio fu una scelta, all’inizio (a posteriori, sciagurata), quella di ridurre gli orari degli esercizi pubblici (invece di chiuderli tout court), “per garantire un minimo di socialità“.

Le scelte, col senno di poi, possono rivelarsi giuste o sbagliate, ma questo è il compito di chi governa.

Bene. Se oggi ci fosse da votare la sfiducia a Patrizia Barbieri, non avrei dubbi a votare contrario.

Per alcuni semplici motivi:


rispetto umano per quello che sta vivendo e per le pressioni a cui ogni giorno è sottoposta, in seguito a una situazione imprevista e mai affrontata prima;
riconoscimento per l’impegno incondizionato, al netto dei risultati e delle valutazioni soggettive sui risultati;
consapevolezza che è al vertice della piramide informativa, motivo per cui ha decisamente più elementi lei per prendere decisioni di qualcun altro.
convinzione che oggi la priorità sia quella di uscire da questa tempesta (e per farlo occorre tutta la concentrazione possibile di chi ha ruoli di responsabilità) e non quella di cercare colpevoli.

Vale per il Sindaco, vale per il Direttore dell’Ausl, vale per il Presidente della Regione (o vogliamo per caso parlare del duo Fontana/Gallera?). Vale pure per il Governo. Non esiste un livello, oggi, che non sia indissolubilmente interconnesso agli altri: nel bene e nel male.

Ecco perché provo profondo disagio a leggere colleghi tanto impegnati, nonostante i ripetuti inviti ad abbozzare, a diffondere le tossine della sfiducia e dell’allarmismo. Lo trovo un comportamento incompatibile con il ruolo che ricopriamo, oltreché davvero intempestivo.

Ergersi capi branco di un’opinione pubblica disorientata è facile

ma un po’ di decenza, santo cielo!

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Non siamo in guerra

🏡 Non è vero che è una guerra. Per questo motivo è infame non rispettare quel minimo di resistenza che ci viene chiesto:

RESTARE A CASA.

💣 La guerra, quella vera, ti mette di fronte un nemico in carne e ossa, che respira come te, ha i tuoi istinti, le tue paure. E ti odia. Ti viene a cercare a casa, punta proprio te. Ti scova, sevizia, devasta, ti tira bombe in testa, ti brucia e soffoca coi gas, senza pietà. Non c’è un posto dove sei veramente sicuro da questo nemico.

🔬La situazione oggi è diversa: il nemico è subdolo e micidiale, ma ti può uccidere se ti incontra, non ti ha preso di mira volutamente. Un posto sicuro dove aspettare che questo nemico sia sconfitto esiste, eccome.

Si chiama CASA. 

⚰️ Allora, per rispetto verso la paura autentica di chi ha subito e subisce tutt’oggi la guerra vera, per rispetto di chi sta combattendo in prima linea per debellare questa minaccia, per rispetto delle vittime innocenti, che insieme alla vita hanno perso pure la possibilità di ricevere un ultimo saluto, per rispetto dei famigliari ai quali è stato tolto, nel dolore, il momento dell’addio…

stiamo a CASA.

🌈 Pensiamo a quale futuro costruire passata la buriana. Non imparare sarebbe criminale.

💪🏻 Non siamo eroici partigiani, ma possiamo dimostrarci esseri umani responsabili.

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Ci meritiamo la PET e tanto altro

PET (Tomografia a Emissione di Positroni): si tratta di uno strumento essenziale per la gestione dei percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali di tutta l’area oncologica. Piacenza a oggi ne è sprovvista.

La nostra sanità per ora può ricorrere a questo fondamentale macchinario grazie a una convenzione con l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma.

Il principio per cui chiediamo alla Regione Emilia Romagna, attraverso una RISOLUZIONE che ci auguriamo ottenga il voto favorevole di tutto il Consiglio comunale (non appena riusciremo a convocarne di nuovo uno!) è molto semplice.

Dotare il nostro ospedale di una PET colmerebbe in primis una carenza della provincia tutta. In più, sarebbe un’azione concreta di contrasto alla mobilità passiva e di compatibilità con i tempi di cura previsti dalle linee guida regionali.

Insomma, se pensiamo al pesante tributo che anche noi stiamo pagando a causa del contagio da Coronavirus.

Se consideriamo la risposta eccezionale, in termini di professionalità, tempestività, competenza e dedizione al lavoro che il mondo sanitario generalmente inteso sta offrendo a Piacenza e provincia;

Se riteniamo che vorrà pur dire qualcosa l’importante riconoscimento ottenuto dalla sanità piacentina, con l’ospedale Guglielmo da Saliceto inserito nella classifica delle migliori strutture italiane del “Newsweek World’s best hospitals 2020”…

Beh, dai… alla luce di tutto questo, ci saremo anche meritati sul campo di essere degni di grande attenzione e di una positiva risposta alle sacrosante richieste della nostra sanità. O no?

Proprio ieri, il Commissario regionale all’emergenza Sergio Venturi, persona seria (che conosco da anni), ha detto che la Regione ripartirà da Piacenza. Ecco una prima, significativa, occasione.

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Professione caregiver

Caregiver è un termine entrato ormai stabilmente nell’uso comune; indica “chi si prende cura” e si riferisce naturalmente a tutti i familiari che assistono un loro congiunto ammalato, anziano e/o disabile.

A pensarci bene è un termine abbinato all’idea di SOLITUDINE. La vita di chi si dedica a questa missione, poco alla volta, si riduce solo a quella, 18/20 ore al giorno.

Niente stipendio, contributi, ferie. Sovente, nemmeno il giorno libero.

Solo l’ansia, senza soluzione di continuità, di dover prevedere l’imponderabile, far coesistere la propria vita familiare con la routine di aiutare a vestirsi, lavarsi, mangiare, orientarsi, intrattenere, accompagnare gli sbalzi emotivi, spesso i capricci, di un anziano o di un disabile che, in quanto tale, non ti lascia nemmeno la speranza di un futuro migliore, ma la certezza di condizioni sempre più difficili. Sino alla fine.

Il portato psico-fisico di un caregiver è enorme. Non sempre tenuto in debita considerazione. Un bombardamento continuo di incombenze, mixato ad aspettative, lagnanze, accuse.

Solo chi vive o ha vissuto questa situazione può comprendere fino in fondo a cosa mi sto riferendo.

Questo stesso post è figlio della dolorosa mail di un caregiver allo stremo.

Passata l’emergenza CORONAVIRUS, credo che – da un punto di vista amministrativo (dunque, di servizi socio sanitari) – dovremo aggiornare le nostre competenze e ripensare le azioni da mettere in campo per dare più aiuto a questa categoria di cittadini, veri campioni di sussidiarietà nei confronti del sistema pubblico di offerta sociale e sanitaria.

Già ora, però, sulla scorta del supporto psicologico telefonico che Ausl sta fornendo ai cittadini nel contesto dell’emergenza sanitaria COVID-19, sarebbe da attivare un NUMERO VERDE DI SOLLIEVO destinato proprio ai caregiver, la cui situazione, a causa della pandemia, è oltremodo critica.

Non mi risulta esista. Attivarlo adesso potrebbe essere lo stess test per qualcosa di definitivo, per un nuovo servizio a disposizione e sostegno, nel prossimo futuro, di moltissime famiglie piacentine.

Proporlo è un dovere. Ragionarci su, una grande opportunità.

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“Vecchia” eccellenza

Bisogna spremere ogni goccia di positività da questo momento infame. Per esempio, si potrebbe pensare che l’emergenza CORONAVIRUS ci offre nuovi spunti su come riconvertire il vecchio ospedale di Piacenza, una volta pronta la nuova struttura.

La pensata originale non è mia, ma del Prof. Francesco Timpano. Tutto nasce da una chiacchierata tra amici in chat.

Secondo l’ex vicesindaco, immaginare il vecchio ospedale, in ottica futura e facendo esperienza di quel che succede oggi, come a un’area di backup in casi di emergenza sanitaria, potrebbe essere una soluzione importante.

Se consideriamo la posizione strategica di Piacenza, sarebbe facile diventare un polo di riferimento per tutto il Nord Italia, con le possibilità, anche di indotto, che ne potrebbero derivare.

Estendendo il ragionamento, perché non ipotizzare un grande centro di ricerca e formazione nazionale, magari europeo: laboratori all’avanguardia, dove task force pubbliche e private studiano e lavorano insieme per i medici, i farmaci, i vaccini e le cure del futuro.

Ci sarebbe per esempio il campo delle terapie cellulari (CAR-T) – farmaci di riferimento del futuro in ambito onco-ematologico, dove pure l’Azienda USL di Piacenza merita di essere autorizzata quale centro accreditato JACIE all’utilizzo delle nuove terapie salvavita.

Nel campo dei trapianti, Piacenza è oggi punto di riferimento della rete per i CTMO (Centri Trapianto di Midollo Osseo) dell’Emilia Nord. Il nostro laboratorio di diagnostica mutazionale collabora con l’U.O. Ematologia di Parma.

Consolidare in un futuro prossimo il lavoro del team di Immunogenetica e Manipolazione CSE di Piacenza – a supporto dell’attività trapiantologica del midollo osseo (staminali emopoietiche), sarebbe un vantaggio (e un vanto) per tutti.

Un’altra strada che si potrebbe battere, cosa più semplice con gli spazi adeguati a disposizione, sarebbe quella di pianificare un maggiore coinvolgimento della nostra sanità nella formazione di base e specialistica in campo medico e delle professioni sanitarie, stringendo i rapporti con l’Università di Parma.

Sono solo alcune suggestioni, ma il dato certo è che seguendo questa direzione potremmo fare del vecchio ospedale un vasto incubatore di cervelli ed esperienze al servizio della sanità.

Questa si che sarebbe eccellenza.

Pensieri positivi in epoca di CORONAVIRUS.

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Tagliare le rette. Liberare risorse.

Una comunità politica non può esimersi, anche in questa situazione di forzato e doveroso isolamento, dalla lettura dei bisogni del proprio territorio e dall’interpretazione di possibili soluzioni.

In questo momento difficile e unico, la priorità è che ognuno di noi non si faccia prendere dal panico. Concentriamoci sul senso di responsabilità e sul rispetto rigoroso di tutte le precauzioni, tese non solo al contenimento del CORONAVIRUS, ma a evitare il collasso delle strutture sanitarie, dando loro il tempo per curarci e trovare soluzioni definitive.

Ciò premesso, siamo stati eletti per occuparci della cosa pubblica e abbiamo il dovere di continuare – anche a distanza – l’attività politica, dimostrando in concreto vicinanza a chi è in difficoltà, non solo sanitaria ma anche organizzativa ed economica.

In tal senso il gruppo consigliare del Partito Democratico di Piacenza lancia un appello alla giunta, con il pensiero rivolto al sostegno delle famiglie piacentine con bambini a casa per la chiusura degli asili e delle scuole di ogni ordine e grado.

Non è infatti pensabile, in queste settimane, che i genitori debbano continuare a pagare servizi di cui non godono i benefici.

Si studi dunque, senza altri indugi, un provvedimento ad hoc per sollevare mamme e papà dal costo integrale delle rette, scontando i giorni di chiusura dei servizi educativi, almeno per quanto riguarda la quota di compartecipazione.

La stessa attenzione va però rivolta ai gestori dei servizi ora sospesi, realtà in gran parte della cooperazione sociale, al fianco dell’Ente pubblico nel sostegno alle fasce più fragili ed esposte della popolazione. I costi restano anche se al momento è stata tolta la possibilità di lavorare. Gli stipendi vanno onorati.

Dato che il Comune i soldi in cassa già li ha, stanziati per tempo, proprio per pagare i fornitori dei servizi socio assistenziali ed educativi e dato che a oggi non ha le corrispondenti uscite (niente servizio, niente pagamento), non è pensabile che queste somme non siano rimesse in circolo per aiutare questo settore tanto in difficoltà.

Creare un nuovo capitolo di bilancio, prevedendolo con una variazione ad hoc, è una possibilità a portata di mano. Si costituisca perciò un fondo di solidarietà e sostegno per ridistribuire sul territorio risorse economiche che servono come manna dal cielo. 

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Fiducia q.b.

Per un momento mettiamo il caso che prima i piacentini fosse realtà: zona rossa coronavirus in primo piano solo per il contenimento sanitario, mentre per il sostegno economico alle categorie in ginocchio, Piacenza sopra tutto e tutti.

Priorità al nostro orticello. Potremmo dirci soddisfatti? Soprattutto, sarebbe LA soluzione del problema?

Prima di rispondere, contare fino a 10.

In piena emergenza epidemia, cominciano a uscire i decreti del Governo per disporre gli aiuti al sistema produttivo. Licenziato il primo (e annunciato il secondo), la macchina delle polemiche si è messa subito in moto.

Non siamo tutelati, manca questo, manca quello, arriverà, vergogna, dimissioni, sciacalli. E via di questo passo.

A rischio di sembrare blasfemo (e non è davvero mia intenzione), mi domando come si faccia, per chi ha il dono della fede, ad accettare che persino guerre, carestie, violenze, malattie, ingiustizie, tragedie facciano parte di un disegno più grande e allo stesso tempo, messo il piede fuori da un luogo sacro, non riuscire a investire un briciolo di fiducia in esseri umani che stanno gestendo una crisi nel nostro interesse.

Fede e fiducia hanno la stessa radice.

Peccherò di ingenuità ma non credo esista una persona oggi, a qualunque titolo impegnata a prendere decisioni e di qualunque appartenenza politica, che non senta su di sé, autentica, la responsabilità di tutelare la propria comunità al meglio delle condizioni date.

Ho fiducia. Voglio avere fiducia. L’unica via, per mettere ognuno il suo piccolo mattoncino nei gesti quotidiani (così da essere di aiuto e non di intralcio) è quella di fidarsi un po’ di più del prossimo.

Rispettare i ruoli, le conoscenze e le competenze.

Accettare come normale che altri abbiano un quadro di informazioni, che a noi manca, con cui ora dopo ora scegliere il da farsi, sarebbe segno di maturità. L’ansia da tuttologi fa solo male.

Per quanto sia dura da digerire, prima i piacentini non funziona: lo sguardo o è d’insieme o non è: ho già scritto che se fossimo esclusi dalle misure di sostegno in fase di studio per la zona rossa, gli effetti sarebbero drammatici.

Non mi sembra però che ci sia un livello istituzionale che uno, dal Comune, passando per la Regione, fino al Governo, che non abbia presente la nostra situazione specifica, pur nella necessità di collocarla in un quadro generale più complesso.

Il punto 3 del DPCM appena uscito cita in modo chiaro Piacenza, segno che non siamo fuori dai radar.

Il compito della politica locale, dei sindacati, delle associazioni di categoria è di vigilare che le promesse siano mantenute ed essere – tutti insieme – massa critica perché non si spenga l’eco delle nostre priorità.

Prima però di lanciare allarmi e puntare il dito…un minimo di fiducia nell’altrui impegno non guasterebbe.

Nei momenti difficili come quello che stiamo vivendo, trattare gli altri come vorremmo essere trattati noi potrebbe essere una buona regola di civiltà.

Vorremo sempre la fiducia del prossimo. Ma siamo così restii a concederla, seppur a tempo e condizionata alla prova dei fatti.

Che bello sarebbe uno sforzo comune per uscire da questo periodo, oltre che sani, anche migliori.

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Zona rossa e zona nera

La salute prima di tutto.

Principio sacrosanto che vale sempre, figuriamoci in piena emergenza CORONAVIRUS.

La buona amministrazione però ha il dovere di tenere insieme tutti gli aspetti di un problema, tra cui le ricadute sui posti di lavoro e sulla sostenibilità dei costi di chi eroga servizi.

I danni economici che si profilano all’orizzonte saranno maggiori di quelli biologici, su questo c’è poco da dubitare.

Se Codogno e circondario sono stati blindati come “ZONA ROSSA” dal punto di vista sanitario, ha ragioni da vendere chi dice che Piacenza è a tutti gli effetti “ZONA NERA” sotto il profilo lavorativo.

A Roma continuano a parlare di Lombardia ma sarà bene che realizzino – in fretta – che è il piacentino il bacino più coinvolto.

Fossimo esclusi dalle misure di sostegno in fase di studio per la zona rossa, gli effetti sarebbero drammatici.

Solo il mondo della cooperazione sociale, in questo momento, ha a casa quasi 600 persone: educatori, assistenti sociali, insegnanti, operatori socio-sanitari, pedagogisti, psicologi, personale ausiliario.

Donne, uomini, giovani e meno giovani che vivono del loro lavoro (quasi sempre a supporto di persone bisognose e fragili), che pagano il mutuo, le bollette, la spesa con cui mangiano.

Non è pensabile sfruttare fino all’osso le ferie, i permessi e i recuperi ore. Le aziende e le cooperative hanno giustamente chiuso dei servizi, a tutela degli operatori e dell’utenza.

Il risvolto della medaglia sta però nel fatturato perso e nei costi di gestione che, in gran parte, non cambiano.

Se le grandi realtà possono reggere un po’ di tempo in più, per le medie e piccole, ottenere l’aiuto del Governo fa la differenza tra continuare a vivere e chiudere.

A Piacenza sono in ballo centinaia di posti di lavoro.

La politica non si giri dall’altra parte.

Si attivi la CASSA INTEGRAZIONE.

Al più presto.

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Basta cresta sulla sosta

Le strisce blu del parcheggio a pagamento stanno sull’anima ai cittadini. Ciò non di meno ci sono diverse ragioni che giustificano questa scelta, su cui non vale nemmeno la pena discutere.

A Piacenza, in molte zone, già dobbiamo sorbirci la beffa della tariffa oraria (o giornaliera) a 1, 05€.

Un modo furbo per farti spendere di più, contando sul fatto che in tasca i 5 centesimi non è così naturale averli (tralasciando che alcuni parchimetri te li “risputano” direttamente indietro!).

A inizio anno, con il cambio di gestore – da Apcoa a Piacenza Parcheggi – i piacentini hanno scoperto di non poter più utilizzare la vecchia app, dovendosi armare di pazienza in attesa dell’arrivo di quella nuova, più volte rimandato.

Finalmente, con allucinante ritardo, viene rilasciata Whoosh! e, in barba al principio logico che un fornitore si cambia per migliorare il servizio e, se possibile, risparmiare, ecco che si scopre che su ogni clic c’è una “cresta” del 10%.

Per i più distratti, significa che il cambio gestione ha portato l’AUMENTO DELLE TARIFFE.

A tacere del fatto che sarà la prima volta in cui l’utilizzo delle nuove tecnologie è penalizzante per i consumatori rispetto al ricorso ai contanti.

Ho presentato al volo questa mozione (leggi qui), sperando che il Consiglio comunale voglia impegnare il Sindaco e la giunta a…

porre in essere ogni iniziativa utile a non far pesare l’aumento della tariffa (dovuto al “costo di servizio” della nuova app) sull’utenza, invitando “Piacenza Parcheggi S.p.A.” a ridurre la tariffa stessa o ad assorbire il costo aggiuntivo.