PROFUGHI: il senso del buonismo combattente
L’Afghanistan é un Paese in guerra. Se quattro persone, tra cui due minori, scappano a piedi dalle loro case e si fanno mezzo mondo per finire nel cassone di un Tir all’Ikea di Piacenza, la mia coscienza mi dice di preoccuparmi del loro stato di salute.
Credo nel principio di “restare umani”, come premessa. Prima di consegnarli ai servizi sociali, di espellerli o di classificarli clandestini, potenziali terroristi e inneggiare alle dissennate politiche migratorie di Trump.
Da piacentino ringrazio i Carabinieri, uomini veri, dentro una divisa da onorare. Ciò detto, subito dopo penso ai cittadini esasperati, che hanno ragioni da vendere, lasciati soli dalla politichetta dell’eterna polemica tra populismo e buonismo.
Oggi la gente é vittima di un sistema senza credibilità, litigioso e diseducativo. Che da destra non sembri vero passare all’incasso su un simile argomento è nell’ordine delle cose. Mi chiedo invece quando a sinistra, dove ci si è battuti per la libertà, la lotta alle disuguaglianze, la solidarietà tra popoli, ci si darà una sveglia.
Che un sindacalista mi confessi, mesto, come ormai anche tra gli iscritti dire dei profughi sia tabù (“abbiamo imparato a non andare sull’argomento”), è un grave segno dei tempi. La colpa è di chi parla di “percezione” come se si trattasse di un’allucinazione collettiva, di chi non si espone, perché oggi si perde consenso a girare il dito in questa piaga, di chi si ostina a proporre un “vogliamoci bene” fatto solo di diritti e mai di doveri.
Il diffuso malcontento è figlio di un’accoglienza fatta di approssimazione, scaricabarile e presunti privilegi, che contrasta con il sentimento comune del cittadino italiano, schiacciato da fisco, burocrazia e inefficienze, in una realtà dove il merito si vede col binocolo e la giustizia va al rallentatore. Si aggiungano crisi e conflitti su scala planetaria, si mescoli il tutto e come si fa poi a non capire chi cerca nell’altro un nemico su cui scaricare colpe e frustrazioni.
È giusto? No! Sono razzisti gli italiani? Macché! L’accoglienza è un valore universale, laico, imprescindibile. Finché esistono spazi, risorse e possibilità di farla in modo dignitoso e armonico con la tenuta sociale di un territorio. Però é altrettanto un valore il diritto al buon vivere dei cittadini ospitanti, che non devono essere messi nelle condizioni di pensare che altri stiano ricevendo aiuto a loro discapito (cosa peraltro non vera).
Altro che “cambiare argomento”! Qui bisogna tornare a dialogare, dare risposte e soluzioni, per disinnescare la radicalizzazione ideologica, con le sue spinte xenofobe e nazionaliste. O la semplice, ma non meno preoccupante, incazzatura del pensionato che ne ha le scatole piene.
La sicurezza si ottiene in primis con regole chiare, il rigore di farle rispettare, sanzioni certe. Cose che un Comune non può fare da solo. A Piacenza, dall’inizio del fenomeno, abbiamo tenuto in equilibrio solidarietà umana ed equità sociale. Sulle battaglie che servivano, servono e serviranno l’amministrazione c’è da prima, con più forza e più efficacia di chiunque altro: parlano i fatti, sfido chi se la sente a confutarli nel merito. Ma c’é ancora tanto da fare.
Dopo la fiacca gestione Alfano, il nuovo inquilino del Viminale, Marco Minniti, pare aver intrapreso la strada nel senso e col piglio giusti. A livello locale finché potremo, continueremo a proporre una politica dalla schiena dritta, che ritiene inconcepibile desistere di fronte ai tanti muri di gomma. Perché poi, al netto del risultato finale, é il modo in cui si gioca la partita che qualifica gli interpreti.