COMMISSIONE WELFARE. Questione di premesse e intelligenza
La commissione speciale proposta dal gruppo consigliare PD, per un confronto aperto sul futuro dei servizi sociali nella nostra città, è una grande opportunità che mi auguro in molti sapranno cogliere.
Il welfare è per tutti, è di tutti. Nel rispetto della responsabilità di decidere in capo a chi governa, sarebbe sbagliato avanzare soluzioni unilaterali.
A monte di tutto, facile previsione, starà il dibattito sul modello da cui partire: difficile credersi nel 2014, ma in certe menti c’è ancora spazio per la contrapposizione pubblico/privato.
Qualcuno è sempre pronto a lanciare il grido d’allarme verso un’amministrazione imputata di voler privatizzare i servizi alla persona. Dunque occorre puntualizzare ed evitare fraintendimenti.
Da che parte sta il risparmio economico? A considerare solo questo indicatore, la risposta è immediata e guarda proprio in direzione del privato. In quel passaggio in cui l’ente locale abdica al ruolo di garante di welfare universalistico e consegna il cittadino al libero mercato, con le sue regole, la sua qualità, i suoi costi. Zero spese per il pubblico, scelte sulle proprie tasche per i singoli.
Una manna per i bilanci dei Comuni ma un’offerta di servizi di certo più cara e rivolta a una platea molto più ridotta.
Dall’altra parte della barricata sta la gestione diretta tout court. Il sistema (quasi) perfetto in un mondo (molto) ideale. Non fosse che nutro forti dubbi sulle certezze dogmatiche, sugli ambienti chiusi, non disposti a competere, a condividere, a influenzare e farsi influenzare. Non considerassimo che i vincoli normativi ed economici degli enti locali oggi tradurrebbero questa visione in un’offerta quantitativamente molto scarsa e in progressiva diminuzione.
E allora? Come spesso accade, in media stat virtus.
Allora, per quanto mi riguarda, avanti con un rapporto integrato (welfare mix) in cui al Comune restino saldamente in capo programmazione, controllo e verifica. Una committenza forte, che preservi e garantisca gli standard educativi, definisca i criteri qualitativi, si accolli una parte dei costi.
Una strategia volta a valorizzare la collaborazione tra pubblico e privato sociale, per un livello di offerta adeguato nei numeri e riconosciuto nel valore, in cui il privato sociale del territorio abbia tutte le possibilità per dimostrarsi – come è – partner affidabile e portatore di innovazione dalla dignità e con competenze non meno alte dell’interlocutore pubblico.
Qui sta la base di partenza. Condivisa la premessa, i lavori della commissione non potranno che essere proficui.
Sempre che, nel mentre, non entri la solita sterile contrapposizione tra partiti a dare nuove brutte dimostrazioni di come non fare politica nel 2014.
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