Requiem per Spazio 4
Spazio 4 cala il sipario. Se snaturi un luogo nella sua essenza, poi non basta mantenerne il nome per dire che non lo chiuderai. Su questo castello di carta si gioca la tiritera ripetuta allo sfinimento dall’assessore Zandonella durante l’incontro ai giardini sonori della Cavallerizza, che ha fatto breccia nel titolista del quotidiano locale ma non ha ipnotizzato i tanti giovani presenti.
E invece, da quel che si è capito ieri, Spazio 4 chiuderà, eccome, in una transizione da centro aggregativo impostato su educatori professionali a una via di mezzo tra (cito un amico) “giardino pubblico e circolone” di cui per ora non è data sapere la reale vocazione.
Meglio avrebbe fatto il giovane assessore, a mio parere, a interpretare di più il ruolo di “giovane”, dato che l’età glielo consente, sintonizzandosi con gli accorati appelli della platea, che quello di “assessore”, in cui è risultato titubante e in evidente imbarazzo sotto le incalzanti domande di ragazzi ed educatori.
Dopo i vari avvitamenti per dare risposte che ogni volta lasciavano la sensazione della “palla calciata in tribuna“, cristallizzate nel mantra di un bilancio che impone tagli, ha ceduto alle pressioni ammettendo che la chiusura dell’esperienza così come è conosciuta è figlia di una precisa scelta politica.
Da li in poi è crollato il muro delle ipocrisie, a cominciare dal non voler consapevolmente affrontare per tempo il bando in scadenza, che avrebbe evitato interruzioni di gestione e risparmiato ai ragazzi di doversi cercare altri posti in cui riunirsi.
Sgomento generale nell’apprendere, senza possibilità di fraintendimento, che la clausola sociale non rientra tra gli strumenti per la promozione della stabilità occupazionale di cui la giunta intende avvalersi, con buona pace degli educatori che restano senza lavoro.
Senza replica le obiezioni di chi, a fronte della scusa dei 60.000€ di costi di gestione impossibili da sostenere, ha contestato il provvedimento appena votato in consiglio dello sconto sulle tasse ai proprietari dei negozi sfitti, che guarda caso cuba proprio la stessa cifra, o i 100.000€ per le unità cinofile alla polizia municipale (difficili da considerare una priorità), o i 50.000€ aggiunti sui 200.000 già previsti per il bando del canile. Per tacere dei 40.000€ spesi sullo stradone Farnese per abbassare i c.d. “biscotti” spartitraffico.
Volere è potere. Qualsiasi amministrazione deve reperire risorse per far quadrare il bilancio. Il modo in cui lo fa dipende dalla filosofia politica che guida le scelte.
A chi ancora è convinto che non esiste differenza tra destra e sinistra, ricordo che noi abbiamo pagato a caro prezzo, in termini elettorali, la decisione di lasciare qualche buca in più nelle strade o avere giardini meno curati per non intaccare i servizi sociali e continuare a investire sull’aspetto socio-educativo pensando alle future generazioni.
I ragazzi meritano rispetto. Chi amministra ha il dovere di mettere la faccia e assumersi le responsabilità senza accampare scuse.
Alla fine del dibattito, anche i muri hanno capito che a decretare la fine di esperienze come Spazio 4, Spazio 2 o Belleville è prima di tutto un pregiudizio politico-culturale, il voler segnare la discontinutià netta con il passato.
A chi ha ascoltato, quanto sentito può non piacere. Ma è la più che legittima conseguenza di un voto democratico, che ha portato il 25 giugno scorso un mezzo militare (probabilmente Euro 0) in Piazza Cavalli a festeggiare la vittoria della destra con vessilli leghisti sbandierati ai quattro venti.
Queste decisioni sono la traduzione concreta dell’ormai famosa affermazione di Tommaso Foti in consiglio comunale:
sono cambiati i suonatori, cambia la musica
Minimalismo amministrativo, incipriato di liberismo, che se lo gratti un po’ svela un “arrangiati!” grande come una casa. Ecco cosa ho percepito: disinteresse mal celato sotto rassicurazioni di maniera e per nulla credibili di una destra dalla faccia pulita per cui vale la legge del più forte, di chi un modo per sfangarla lo trova sempre, di solito per conoscenza.
Gli ultimi, quelli che nessuno se li fila, intesi come un fardello a cui giocoforza riservare qualche parola di circostanza prima di ricacciarli in qualche angolo buio.
“Andate all’oratorio” é la quintessenza del pensiero povero, allergico all’elaborazione complessa, avulso dalla realtà e indisponibile alla fatica di costruire e programmare sul lungo periodo. Investire sull’educazione non ti darà mai risultati immediati. Senza l’immediatezza che porta consenso, questi signori non investono, è inutile insistere.
Resta la speranza nei giovani che se decidono di cambiare il mondo, hanno già dimostrato di poterlo fare.