Senescenza molesta

Ho letto su Libertà la dura critica a me rivolta dal Sig. Ernesto Carini, curriculum da peso massimo della politica piacentina.

Sulle prime sono rimasto basito dalle accuse a mezzo stampa di occuparmi di sedie, solo per aver espresso un giudizio sulla nomina del Presidente di Acer.

Subito dopo però, passato lo stupore, ho deciso di fare tesoro dell’ammonimento, arrivato pur sempre da chi di “poltrone” se ne intende davvero: ex Presidente del Consiglio comunale (quello che nel 2010 non rispettò la parola – si dice – per cedere lo scranno alla collega Lucia Rocchi), ex Presidente IACP, ex assessore, ex vicepresidente della Provincia, ecc ecc ecc…

Pensa e ripensa, mi tocca però confermare che il nostro campione di esperienza stavolta ha sbagliato mira, essendo stata, la mia, una pura valutazione politica, per di più a ragion veduta.

Certo fa un po’ male appurare che uno del tuo stesso partito, non ritenendo neppure di informarsi prima di metter mano alla tastiera, preferisce contestare te e usare parole al miele per l’avversario di turno.

Ma è il segno dei tempi. Peccato però che il “fuoco amico” come quello di Ernesto Carini, così tranchant e gratuito, specie in un momento tanto difficile, sia l’esempio calzante della politica senza identità che sta allontanando sempre di più la gente normale, stufa di farsi confondere da chi si professa di sinistra e liscia il pelo alla destra, stanca di sentirsi fare la morale da chi lo è sul serio tra gli “azionisti di maggioranza” del disastro generazionale in cui ci troviamo oggi.

Con grande umiltà, al cospetto di un personaggio così autorevole, ricordo a me stesso che non tutti i comuni mortali hanno avuto la fortuna di passare una vita a fare il funzionario di partito, collezionando incarichi senza mai nessuno a domandare quali fossero le competenze di fondo.

Rammento che oggi, la generazione del lavoro che è un miraggio, dei concorsi che “tanto si sa già chi li vince”, del “come faremo a mettere su famiglia con stipendi da fame” è in grande credito verso una certa classe dirigente, più coetanea al Sig. Carini che a chi scrive, che nella comodità di “sedie” sempre ben retribuite ha spiegato per decenni i massimi sistemi, togliendo invece anno dopo anno la terra sotto i piedi ai più giovani.

Per queste ragioni, mi limito a dire a certi “padri nobili” che sarebbe più saggio lasciare da parte sterili invettive e capire quando è il momento di ritagliarsi un ruolo da memoria storica, senza correre il rischio di passare, citando De Andrè, per chi “sa dare buoni consigli” solo perché “non può più dare cattivo esempio”.