SINTI. Chi vuol la ruspa al campo nomadi fa spendere ai piacentini 10 volte tanto
Leggo le polemiche sul bando per la gestione del campo sosta Sinti e mi chiedo, ancora una volta, quando il dibattito politico riuscirà a essere maturo.
Con tutto quello che sentono, vivono e sopportano, i cittadini hanno il diritto di sobbalzare quando una notizia sembra sconfinare nell’assurdo. Poi però, passato l’attimo, sarebbe bello voler prima capire che sfogare l’impulsività.
Tocca a chi amministra aiutarli in questo esercizio; spetterebbe a tutta la politica parlare per cognizione di causa senza accendere nuove tensioni. Purtroppo, ci risiamo con la fiera della demagogia, con le sue sciocchezze, falsità, i luoghi comuni adatti a tutte le stagioni.
Il clima da scazzottata al saloon andrebbe lasciato agli spaghetti western, dove fa ridere. Nella vita reale è pericoloso, perché poi c’è sempre chi finisce per prenderlo sul serio.
Prima di entrare nel merito, faccio una premessa per disinnescare i cecchini dei c.d. “buonisti”, categoria che preferisco di gran lunga a quella dei “cattivisti”, di solito “razzisti”, “intollerantisti”, “discriminatoristi”, ma che mi fa venire l’orticaria quando etichettata a sproposito.
Che i Sinti di Torre della Razza abbiano ancora tanta strada da fare per dimostrarsi davvero interessati all’integrazione è un dato di fatto e sarà il caso si diano una mossa in questo senso, perché non basta dirsi italiani e piacentini solo se c’è qualche diritto da reclamare. Da quando abbiamo introdotto a Piacenza il patto di reciprocità, per cui chi ottiene aiuti e contributi dal Comune è tenuto a dare qualcosa in cambio, in termini d’impegno a favore di tutti, la “spina dorsale di vetro” non va più di moda e l’assistenzialismo ha smesso di abitare da queste parti.
Glielo ripeto da un paio d’anni: no a percorsi preferenziali per l’ingresso nelle case popolari, no alle micro-aree per chi non si dimostra solvente con la propria piazzola al campo. Se ai diritti non leghiamo i doveri, resta sempre qualcuno che paga al posto di altri. Alla gente per bene, così non va.
I delegati del campo sanno quali impegni abbiamo sottoscritto insieme, e sanno quando. Non sono previste altre deroghe e si annunciano tempi grami per chi si crede più furbo. E’ un principio che ho già espresso in altri ambiti di mia competenza, per essere coerente con l’azione amministrativa.
Ciò detto, parola ai numeri: 130.000€ l’anno di bando significa 3€ al giorno impegnati per attività di sostegno a ogni residente. Troppo? Direi proprio di no se le alternative invocate costano dalle tre alle dieci volte tanto.
Lo dicano ai piacentini, quei politici dallo sguardo corto, che gridano all’insulto ai cittadini onesti e parlano di ruspa da mattina a sera, quanto costerebbe alle loro tasche. Spieghino che la chiusura del campo, inaugurato dalla giunta di centro-destra del Sindaco Guidotti, porterebbe più disagi che vantaggi, dando per certo il ritorno alla condizione preesistente, con soste non autorizzate e di fatto incontrollabili sotto i ponti, nei piazzali, lungo le strade. Confermino, se ne sono consapevoli, che in quel caso la sola presa in carico dei minori in comunità di accoglienza autorizzate, per i quali grava l’obbligo di legge, impegnerebbe risorse pubbliche tra i 365.000 e il 1.460.000€.
Tra l’altro, se fossero corretti, ammetterebbero che i soldi per il bando non li abbiamo distratti da altre voci ma presi dal bilancio del sociale, quello per cui orgogliosamente diciamo di non aver toccato un euro, con una spesa anzi aumentata dal 2012 al 2015 di quasi un milione e mezzo di euro. Bilancio grazie al quale attiviamo interventi a contrasto dell’esclusione sociale, della vulnerabilità, della povertà e a tutela dei minori e delle famiglie. Sono azioni di prevenzione e sostegno che incidono sulla sicurezza e valgono per tutti: sinti, stranieri residenti e piacentini purosangue, che senza supporto dei servizi finiscono a volte per offrire alla città figli che in branco percuotono guardie giurate o danno coltellate ai coetanei per futili motivi.
Singolare poi che quelli sempre pronti agli appelli per una città più sicura, se la prendano ora con un bando che garantisce “il costante controllo delle presenze e dei mezzi” e la registrazione degli “spostamenti dei nuclei in entrata e in uscita mediante attività di guardiania”. Potere della propaganda!
Chi ha parlato finora, dimostra di non conoscere l’argomento, o almeno di far finta. Dire che trasformeremo il campo in camping significa non aver capito che andiamo proprio nella direzione opposta. Di certo rivela l’ignoranza della situazione reale dell’area, in cui il tasso di rotazione è prossimo a zero. Anzi, è proprio questa stanzialità diffusa e di lungo periodo che oggi ci fa pretendere che la particolare storia e cultura di chi nomade lo è solo in via residuale, non siano usate come scuse per trattamenti di favore.
Potrei aggiungere che mentre altrove i contratti per le forniture sono tutti in capo ai Comuni, a Piacenza ogni piazzola ha il suo allaccio; potrei spiegare come sia stata soppressa la linea di trasporto scolastico dedicata per assegnare il compito direttamente alle famiglie. Direi volentieri della completa scolarizzazione e dell’assenza di presenze abusive. Per ora invece mi fermo qui.
Alla luce di quanto ho scritto spero sia chiaro ai tanti cittadini onesti che il vero insulto nei loro confronti è di chi si vuol candidare alla guida della città e continua imperterrito a non capire la differenza tra la responsabilità di amministrare e gli slogan di un’opposizione astiosa, improduttiva e diseconomica, che invece di 100.000€ preferisce spenderne 1.500.000.
*foto Cravedi tratta da Libertà.it