partecipazione, welfare e sanità
I nervi del Direttore

Sotto attacco perché tutelo i soldi pubblici e la qualità dei progetti in carcere. Ebbene si, facendo il proprio lavoro senza guardare in faccia nessuno capita che il “sistema” reagisca.

L’impegno porta al cambiamento e ciò che cambia in qualche modo destabilizza e risulta indigesto a chi vive di status quo.

Nel caso della Dott.ssa Zurlo, questo fastidio ha raggiunto picchi così alti che nel 2016 mi ha segnalato alla Regione Emilia Romagna per “gravi violazioni delle norme” e “illiceità di determinazioni operate in violazione di protocolli e leggi regionali”A tanto è arrivata la Direttrice del carcere di Piacenza, nei miei confronti.

Tutto, dall’inizio ha una sua coerenza. I fatti sono noti agli addetti ai lavori e anche ai piacentini che hanno avuto la pazienza di seguire la cronaca dalla stampa.

La sintesi è presto fatta: essendo il Comune responsabile dell’uso dei fondi pubblici, in questo caso come in tutte le altre iniziative del c.d.”piano di zona“, non accetta approssimazioni, usi poco critici di risorse e risposte non convincenti.

Per rispetto dei cittadini contribuenti e della stessa popolazione reclusa, in questi anni si è chiesta e mai ottenuta, una verifica puntuale delle azioni messe in campo e delle decisioni unilaterali prese su iniziative svolte all’interno della Casa Circondariale.

Le motivazioni che mi hanno portato nel 2016 a decidere per lo spostamento della progettualità principalmente verso le attività di esecuzione penale esterna derivano da numerosi e lunghi colloqui con una controparte che non ha inteso cogliere il senso delle mie parole o forse non ha creduto che a queste sarebbero seguiti i fatti.

Per questo motivo ho detto che le decisioni prese – non unilateralmente ma di concerto con il Comitato – rimarranno tali fintanto che non cambieranno le relazioni istituzionali fra Casa circondariale e Comune di Piacenza, nel senso della più ampia trasparenza e nel vero rispetto dei ruoli.

A proposito della denuncia di un anno fa. Io stesso ho chiesto alla Regione una formale valutazione del caso, con relativa risposta. Le carte parlano da sé e rimettono in asse la realtà, confermando la piena conformità del mio comportamento, che ricordo è agito in nome, per conto e nell’interesse dell’intera comunità.

A questo punto mi sarei aspettato scuse istituzionali da chi ha lanciato accuse così pesanti. Invece è arrivato un nuovo attacco mezzo stampa, con una ricostruzione fantasiosa del contesto, che ha fatto sorridere chi ne conosce le dinamiche.

Nonostante tutto, continuo a pensare che il tempo sia galantuomo e l’importante per me è aver fatto capire che esistono amministratori pubblici che sull’utilizzo dei soldi di tutti sono molto, ma molto, ma molto vigili, con buona pace di quelli che se la prendono per lesa maestà.

Se non tutelo e non interpreto la voce dei cittadini, che ci sto a fare?

società
C’è carcere e carcere

Quante volte ho parlato di carcere. Quanto ho lamentato la poca lungimiranza di Piacenza, che perde occasioni su occasioni mentre altrove le valorizzano.

In nome del padre” è un bel progetto. Un percorso di genitorialità che fonde le esperienze di persone recluse e liberi cittadini, pronti a raccontarsi nei ruoli di padri e di figli. Avevo già assistito al ritorno dei risultati al carcere di San Vittore. Oggi sono stato a Opera.

L’ambiente fa molto. A Milano il concetto di sorveglianza dinamica è molto chiaro, a differenza di quel che purtroppo accade da noi. Altrettanto evidenti sono gli sforzi per riempire di senso i momenti fuori dalle celle delle persone ristrette.

I percorsi autobiografici scavano a fondo nelle persone e se non è questo uno straordinario mezzo per riflettere sulla propria vita, sugli errori, sulla famiglia, sul bisogno di sentirsi parte di qualcosa, non so veramente cosa potrebbe esserlo.

Per questo tanti istituti hanno accolto con entusiasmo un progetto così speciale. Immagino sia proprio per avanguardie come questa che il Sottosegretario Migliore ha detto che bisogna impegnarsi perché sia data dignità e strutturalità a simili interventi, che non possono più dipendere dalla buona volontà di un’associazione o dalla luna – dritta o storta – di questo o quel direttore.

Bene. Le parole sono giuste: ora aspettiamo i fatti. E chissà che non si possa sperare di aver di nuovo profeti in patria anche a Piacenza, dove invece la redazione del giornale Sosta Forzata è stata chiusa…

Santo ha detto la sua sulla “verità”. Una, tra le tante testimonianze che fanno pensare ma dimostrano come siano a loro volta frutto di profonde analisi.

La mia verità? Non la so manco io, o meglio, di tante cose potrei parlare, è spmpre stato il mio desiderio personale di poter parlare di cose mie solo con i miei figli, visto che al mio arresto, loro erano piccini. Ho sempre detto a loro tante cose, parole, frasi a metà, ma loro stessi cercano in me, papà loro, tante cose.

Io agli occhi dei miei figli non posso dire mai e poi mai una bugia, se no mentirei a me stesso. Ma dipende sempre dalle loro domande che mi fanno durante i colloqui. Io cerco sempre di scappare da certe risposte e non sto di certo parlando di situazioni giuridiche, ma del resto, di tutto ciò che ci circondava fuori di qui.

Visto il mondo mio era solo la famiglia mia, ma non ho potuto mai raccontare ai piccini tante cose mie e di mio padre deceduto. Ma sono curiosi e vogliono sapere, ma non è il tempo il luogo giusto per dare risposta ai miei figli. Aspetterò il grande giorno di essere vicino a loro anche solo per un giorno e la verità mia, dei figli miei e il resto, penso sia giusto che siano sempre i propri figli a saperla per primi…

L’importante è non dire bugie ai propri figli. Mai. Chiedo scusa a Carla, Laura e ai papà esterni e ai compagni miei, ma la verità è solo per noi. Grazie.

partecipazione
CARCERE. Un convegno per dare una speranza agli ultimi
Amministro come so fare il volontario. Non prometto agli altri meraviglie ma lavoro con gli altri per un mondo migliore. Tutti i giorni. Con l’ottimismo ignorante di chi lo crede possibile se fatto insieme. Avete mai visto un volontario fare promesse? Il volontario coglie un bisogno, si attiva per risolverlo, cerca chi lo può aiutare. Ai proclami preferisco la fatica.- Stefano Cugini

Parlare di ‪#‎carcere con persone competenti ti fa sentire meno solo. Ascoltare Don Melesi, uno dei “pretacci” raccontati da Candido Cannavò in un libro su chi l’apostolato lo interpreta davvero, per 30 anni cappellano a San Vittore, uno che ha convertito un killer da 69 omicidi, uno che a Vallanzasca ha detto “sei una merda” quando tutti celebravano nel “bel Renè” l’anti-eroe, ti fa capire quante belle persone abbiamo l’opportunità di incontrare tutti i giorni.

Gente che a modo suo cambia il mondo, eccome. Mai cedere al pessimismo dell’ignoranza che sembra circondarci. C’è sempre di più e di meglio. Basta cercarlo e seguirlo.

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CARCERE. Messi alla prova, la giustizia di comunità
In politica vanno di moda quelli che sono “fedelissimi” di qualcun altro (che poi il “qualcun altro” cambi nel tempo è discorso a parte); io invece sono fedele ai valori che mi ha trasmesso la mia famiglia e alle idee che mi sono formato crescendo. E sono leale con chi è coerente nell’interpretare queste idee e questi valori.- Stefano Cugini

carcere salviaA giugno 2014 SVEP ha attivato il Protocollo d’Intesa Sperimentale insieme all’Ufficio E.P.E. di Reggio Emilia, Parma e Piacenza, in collaborazione con alcune Organizzazioni di Volontariato e con la Camera Penale di Piacenza.

Con la firma del protocollo SVEP ha sottolineato l’importanza di sostenere una nuova idea di giustizia, la cosiddetta Giustizia Ripartiva (Restorative Justice), la quale rappresenta un percorso complesso che richiede un forte coinvolgimento della comunità locale, non solo sul piano tecnico, ma anche su quello culturale.

Ora, a distanza di più di un anno dalla firma del Protocollo, SVEP ha ritenuto di redigere una relazione di sintesi circa l’andamento quantitativo e qualitativo dell’attività prevista all’interno del documento e, in occasione della presentazione dello stessa, ha inteso organizzare un seminario di approfondimento rivolto alle organizzazioni di volontariato, agli avvocati, alle persone in messa alla prova, alla cittadinanza.

Quello che segue è il mio contributo alla pubblicazione:

“Bisognerebbe chiuderli in cella e buttar via la chiave!” Quante volte lo abbiamo sentito dire e, ammettiamolo, quante volte lo abbiamo pensato. Di fronte all’efferatezza di alcune cronache, il pensiero euristico non ha rivali e la lex talionis suona così giusta, specie se condita con benaltrismo abbondante e q.b. di demagogia.

C’è sempre qualcosa di più importante – oggi – cui pensare, piuttosto che a galeotti desiderosi di condizioni trattamentali migliori. Chi sbaglia paga; azione e reazione: ecco la ricetta pronta all’uso, in una società allergica alla complessità dei sistemi e degli ambienti. In barba a un certo buonismo dedito alle cause perse, sordo con gli onesti, oltraggioso verso le vittime.

Con queste premesse, parlare oggi di giustizia riparativa e di contestualizzazione dell’universo carcere nel tessuto sociale di un territorio è tanto contro-intuitivo quanto doveroso. Spostare l’oggetto dell’intervento, dal colpevole al danno prodotto, per esorcizzarne gli effetti, è una prova che solo una collettività matura può sperare di superare nel suo stesso, primario, interesse.

Da amministratore m’impegno molto a trasmettere l’importanza dell’agire condiviso, conscio che troppa autoreferenzialità, a più livelli, ci ha portato a perdere di vista i veri obiettivi, tra i quali diffondere cultura del vivere insieme, valori morali, educazione civica. Senza scomodare il “pensiero laterale”, i bisogni si leggono meglio se si ragiona in prospettiva, se si guarda avanti, oltre l’ovvio. Altrimenti è solo piccolo cabotaggio. In questo caso, foss’anche per mero calcolo e sospendendo sensibilità più alte, è piuttosto semplice cogliere non solo i costi, ma i ricavi sociali di modelli mirati al reinserimento e all’analisi critica del male fatto.

Non si può certo dire lo stesso per la “linea dura”, dove isolamento e repressione limitano i loro effetti alla contingenza di un periodo, restituendo poi soggetti ancora più emarginati e inclini alla recidiva. Eppure chi sostiene l’inasprimento delle pene in nome di una “tolleranza zero” nei fatti impraticabile, ha gioco facile sul sentire comune.

La tendenza a generalizzare che caratterizza questi tempi grami livella tutto e anche chi si è macchiato di colpe minori, ma ha in sé spazi di riscatto, per molti non merita sorte diversa dal criminale più incallito. Curiosa (e autolesionista) questa brama di infierire su chi, presto o tardi, sarà chiamato a un nuovo confronto con la società. Si tratta di un ritorno alla vita che va preparato con azioni mirate dentro il carcere e fuori dalle mura: occorrono sinergie, iniziative coordinate che accompagnino le persone a capire e volersi rimettere in carreggiata. Serve una semina, che parte dal garantire il rispetto della dignità e dell’umanità, il riempimento del tempo e degli spazi con attività motivanti, laddove il CPT indica come linea prioritaria “assicurare che i detenuti negli istituti di custodia cautelare possano trascorrere una ragionevole parte della giornata – 8 ore o più – fuori dalla cella”.

Nulla di tutto ciò è scontato. Anzi, si tratta di uno schema che impone un salto culturale non banale. È impellente quindi un coro di voci pronte a farsi eco; soggetti che si assumono responsabilità, votati a trasmettere ai cittadini le ragioni per cui è dannoso considerare quella carceraria una dimensione avulsa dal resto e antieconomico immaginare che la soluzione stia nel costruire nuove strutture.

Attraverso l’attività extra muraria, le persone possono essere coinvolte in opere gratuite di pubblico interesse, mentre i giovani che hanno abusato di alcol o psicotropi, la grande maggioranza dei “messi alla prova”, hanno l’occasione di espiare la pena senza entrare in contatto diretto con la detenzione vera e propria, (esperienza che può cambiare pericolosamente la vita).

Queste peculiarità rendono l’esecuzione penale esterna la metà di sfida più avvincente. Il nuovo corso, dentro le carceri, dipende solo – purtroppo – dalla lungimiranza delle singole direzioni e non può, se non in presenza di un volontariato particolarmente autonomo, critico e propositivo, essere influenzato dai cittadini.

Al contrario, tutte le azioni proiettate verso l’esterno vivono proprio sul coinvolgimento diffuso, trasformandosi in straordinarie occasioni di presa di coscienza e crescita collettiva, cui le amministrazioni, il terzo settore, i corpi intermedi sono chiamati a dedicarsi con la diligenza del “buon padre di famiglia”.

Far maturare una comunità e renderla strutturalmente più coesa e sicura non passa quasi mai dalle soluzioni semplici e più popolari: ciò nondimeno, una volta colte, le opportunità sono destinate a moltiplicarsi.

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partecipazione, società
CARCERE. La misura è colma. A far gli ipocriti non si va da nessuna parte

Quello del 26 novembre è stato un  Comitato Locale Esecuzione Penale Adulti da “nodi che vengono al pettine“. Dopo mesi di tensioni e di stallo ho detto ciò che andava detto, alla presenza di tutti i protagonisti, locali e regionali.

carcere è muro tra volontari e direzione

 

Il Comune è al servizio di tutti ma non è servo di nessuno. Se qualcuno ha pensato o è stato indotto negli anni a credere diversamente, male. Non transigo su questo principio, ricordando a me stesso prima che agli altri che gestiamo soldi pubblici, che devono essere destinati al bene comune, non a soddisfare o rabbonire piccoli cabotaggi appannaggio di pochi. Se il C.L.E.P.A. (Comitato Locale Esecuzione Penale Adulti), come la stessa ‪#‎RER‬ ha ribadito pochi giorni fa, deve continuare a essere il tavolo della progettazione in tema di esecuzione penale, serve la garanzia che le idee al vaglio poggino su un’effettiva lettura dei bisogni e sulla capacità di dare risposte coerenti, creando meccanismi di tutela rispetto a tentativi di scelta, da chiunque agiti, che privilegino altri criteri, da ricondurre non di rado a motivazioni personalistiche, simpatie o antipatie individuali.

A stretto giro la nota della Direttrice Caterina Zurlo a Libertà, in cui contesta la mia visione asserendo che è tutto ok. Inevitabile, per chiarezza nei confronti di chi legge, la mia nuova replica:

carcere parli il volontariato

In questa video intervista a Elena Caminati, della redazione online di “Zerocinque23“, c’è tutto il mio pensiero e la mia amarezza, anche e non solo per il sasso lanciato da un volontariato poi incredibilmente veloce a nascondere la mano.

Per me l’importante è credere di fare la cosa giusta, quasi a prescindere dalle conseguenze. Da questo punto di vista sono tranquillo e le difficoltà in aumento mi danno solo tanta voglia di impegnarmi ancora di più.

Noi dobbiamo essere quelli che girano tra la gente, tendono le mani, lanciano messaggi, mostrano volti, propongono esempi. Partigiani dell’azione civile in un mondo con poca memoria, che prova ostinato a ripetere errori passati. ‪”Mai piú‬” o si costruisce giorno per giorno, o resta uno slogan che sa di muffa e ipocrisia.- Stefano Cugini

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CARCERE. A Piacenza il più alto numero di “messi alla prova”
Essere onesto può non farti avere tanti amici, ma ti farà avere quelli giusti.- John Lennon

carcereCarcere, oggi in sala consiglio riunione del clepa (Comitato locale esecuzione penale adulti).

La rappresentante dell’UEPE (Ufficio Esecuzione Penale Esterna) ha fatto i complimenti a #piacenza, una delle città della Regione Emilia-Romagna con il più alto numero di soggetti #messiallaprova.

La messa alla prova è una scommessa molto importante, che si rivolge soprattutto a una fascia giovane di persone, cercando di prevenire il radicarsi e il ripetersi di comportamenti deviati”.

Con la sospensione del procedimento, l’imputato viene affidato all’ufficio di esecuzione penale esterna (UEPE) per lo svolgimento di un programma di trattamento che preveda come attività obbligatorie:

 

 

  • l’esecuzione del lavoro di pubblica utilità, consistente in una prestazione gratuita in favore della collettività;
  • l’attuazione di condotte riparative, volte a eliminare le conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato;
  • il risarcimento del danno cagionato e, ove possibile, l’attività di mediazione con la vittima del reato.

Il programma può prevedere l’osservanza di una serie di obblighi relativi alla dimora, alla libertà di movimento e al divieto di frequentare determinati locali, oltre a quelli essenziali al reinserimento dell’imputato e relativi ai rapporti con l’ufficio di esecuzione penale esterna e con eventuali strutture sanitarie specialistiche.

Al termine del periodo fissato, il giudice valuta in udienza l’esito della prova e, in caso positivo, dichiara l’estinzione del reato. (dal sito del Ministero della Giustizia).

Noi ci crediamo, per noi il carcere deve essere rieducazione e reinserimento.

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partecipazione
CARCERE: ragazzi, ecco cosa c’è dietro le sbarre
Un politico può promettere. Un amministratore deve dimostrare.- Stefano Cugini

Pianeta #carcere. C’è ancora tanta strada da fare, perché chi insiste a convincerci con gli slogan pone ancora i contorni di una realtà parallela, avulsa e rinnegata dal contesto sociale.

Chi si sforza di far faticare le menti e interrogare le coscienze ci sprona invece a cogliere l’essenzialità di una presa in carico collettiva.

L’idea retributiva non ha gambe. “Buttar via la chiave” è uno slogan vuoto. Solo un trattamento che miri a reinserire le persone che hanno scontato la pena è rispettoso della dignità umana e garante della civile convivenza nella comunità.

Rispetto per chi ha violato la legge, che merita comunque di avere l’occasione per riannodare fili spezzati; per le vittime o i familiari, per non far loro subire la nuova onta di rendere liberi soggetti inclini alla recidiva, per nulla riabilitati da un sistema imperfetto.

La voglia di approfondire, il profluvio di domande dei giovani studenti di ieri mi hanno dato molta speranza per un futuro in cui il tema carcere sarà meno “lontano” dalla coscienza collettiva.

ragazzi ecco cosa c'è dietro alle sbarre

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società
CARCERE: scuola, lavoro e umanizzazione della pena
Un politico può promettere. Un amministratore deve dimostrare.- Stefano Cugini

jailIl Comune intende esercitare un rinnovato protagonismo in sede di Comitato locale, stimolando la Direzione Carceraria e dando indirizzi tangibili su partecipazione e attivismo.

Scuola e lavoro sono temi importantissimi.

Il volontariato in carcere è chiamato alla rete, a fare passi avanti in materia di collaborazione, altrimenti le singole associazioni e i progetti perdono enormemente di significato.

Il sostegno dell’Amministrazione dipenderà da questa voglia di crescere insieme e su questo è bene riflettere senza vincoli: ogni azione può essere confermata, ma anche rivista; ogni attore può essere ripensato.

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Servono motivazioni vere e gratuità. Una cosa è certa: abbiamo preparato il terreno, creato le condizioni.

Ora, little less conversation and little more action!

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risultati
FATTO! Carcere, rivoluzionato il CLEPA: lo voglio più snello e operativo
Non é tempo per gli infallibili e per quelli che “la colpa é sempre di qualcun altro”. I miei supereroi sono gli onesti operai con le borse sotto agli occhi per la fatica quotidiana e il sorriso pronto di chi ha sogni da inseguire e condividere.- Stefano Cugini

carcere arancioCarcere di Piacenza. Il Governo ci aveva chiesto un progetto in un mese. In meno di 30 giorni abbiamo fatto di più: ci siamo dati una nuova forma, un metodo e una visione complessiva.

Ieri si è ufficialmente insediato il nuovo CLEPA (Comitato Locale Esecuzione Penale Adulti), che riunisce tutti gli enti e le associazioni del territorio impegnate sul tema della popolazione carceraria.

La presidenza di questo coordinamento è in capo al Comune di Piacenza, nella figura dell’assessore ai servizi sociali, in virtù della titolarità sulle iniziative afferenti il Carcere inserite nella programmazione sociale dei Piani di Zona locali.

Parola d’ordine: operatività. Si è pensato a un contenitore capace di sterilizzare il rischio di autoreferenzialità, a un organismo snello nella composizione e reattivo nella programmazione, capace di intercettare solo quei progetti che hanno un effettivo vantaggio per i detenuti. Tutti i soggetti coinvolti hanno colto e condiviso il senso di questa impostazione.

La sfida sta nel dimostrare che pur riducendo della metà la composizione numerica, si può valorizzare l’inclusionedare visibilità a chiunque abbia un’idea utile. Poche persone con l’onere di portare la voce del territorio e spazio ai tecnici per mettere in pratica le linee di indirizzo. Tempi certi e tappe predefinite.

Avanti con proposte concrete, dunque. Tre i filoni sui quali convergere:

  1. sport/cultura
  2. formazione lavoro
  3. scuola

Questo, prevalentemente – ma non solo – per una questione di sano “egoismo civico“.

Siccome abbiamo a cuore il benessere della comunità, crediamo che umanizzare le condizioni di detenzione e fornire occasioni di socializzazione e formazione professionale sia il modo migliore per traguardare il vero reinserimento. Confidiamo nella possibilità di riscatto umano e pensiamo che solo restituendo soggetti non marginalizzati e reduci da una reclusione priva di stimoli si possa sperare di ridurre i rischi di recidiva, di limitare il numero di chi vedrà ancora nella delinquenza l’unico modo per tirare avanti.

Chi ha sbagliato deve avere la possibilità di redimersi e di tornare a produrre capitale sociale e valore aggiunto per la collettività cui farà riferimento.

Il compito di creare queste condizioni spetterà, oltre al Comune di Piacenza (anche per il tramite del Garante dei diritti delle persone private di libertà) e al Direttore della Casa circondariale, alle rappresentanze di Provincia, Prefettura, Asl, scuola, associazionismo, cooperazione, mondo dello sport.

Particolarmente significativo l’ingresso nel CLEPA della Fondazione di Piacenza & Vigevano, che ho inteso quale soggetto da inserire a pieno titolo nelle fasi di valutazione della progettualità e non semplicemente come destinatario delle richieste di finanziamento ex post.

Tornando ai progetti, non solo si è convenuto di rimettere in circolo quelli consolidati per valutarne punti di forza e criticità nella logica di premiare la reale capacità di fare rete tra associazioni.

Il vero scatto in avanti viene dalla nuova progettualità, mai come ora ricca e interessante.

Si va dall’agricoltura sociale ad alcune ipotesi di imprenditoria intramuraria già ben strutturate, passando per l’attività sportiva organizzata.

Il filo rosso che tiene tutto è la convinzione di trasferire valori, cultura dello studio e del lavoro, del rispetto per sé e per il prossimo, occupando in modo produttivo tempi altrimenti morti e fornendo occasioni per un futuro migliore.

In tutto ciò trova il suo spazio anche il progetto di attivazione dei laboratori artigianali di cui già si era parlato con i Sottosegretari Ferri e Reggi durante la loro visita del 29 aprile.

Quella discussa ieri ci è sembrata una gran bella proposta, che mira a fornire un’adeguata “cassetta degli attrezzi” ai futuri dimittendi, per inserirsi nel mondo del lavoro con competenze adeguate.

Il settore di riferimento sarà quello edile: la partecipazione e il superamento dell’esame finale permetterà di acquisire Certificati di Qualità o di Competenza, previsti dalla Regione Emilia Romagna e riconosciuti in tutta l’area UE. Ora è il turno degli esperti, che si troveranno nei prossimi giorni per valutare tutti i parametri più tecnici e operativi.

Il concetto di sussidiarietà deve essere riempito di contenuti tangibili, altrimenti resta solo un termine chic per i programmi elettorali.

A prima vista, siamo sulla strada giusta.

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partecipazione
CARCERE. Primo incontro con la Direttrice e grande sintonia
 
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società- Art. 4 Costituzione

Utilissimo incontro con il Direttore del Carcere delle Novate, Dott.ssa Caterina Zurlo. Gettate le basi per consolidare la sinergia tra Comune e Istituto penitenziario.

Grande sintonia riguardo:

  • protocollo d’intesa sull’umanizzazione della pena come riferimento imprescindibile;
  • Comitato locale rivisto e snellito, per essere convocato con periodicità e diventare l’unico tavolo operativo su cui far passare le varie progettualità.
  • affidamento al CSV di Piacenza della rappresentanza del terzo settore al tavolo.
  • creazione di un’equipe di lavoro mista tra nostri educatori e loro, per condividere strumenti, obiettivi, modalità e linguaggio.
  • scuola, formazione lavoro e sport quali temi su cui concentrarsi, oltre a completare alcuni percorsi già avviati come lo sportello anagrafe o l’ottimizzazione dei progetti di accoglienza, di sostegno ai dimittendi e di miglioramento delle condizioni di vita.

Le premesse ci sono tutte, ora al lavoro!

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