alternativaperpiacenza
(Di)Partito Democratico

Il dovere di ripartire

"Rotta da cambiare e facce da mandare dietro alle quinte. Le tattiche emerse dalle ultime due assemblee nazionali sono uno schiaffo alla militanza autentica. Ultima chiamata”

| Tanti nomi e pochi contenuti

Man mano avanzano i candidati a Segretario nazionale. Nomi, ognuno più o meno vicino o identificativo di qualche area. Contenuti? Si spera arrivino. Ancora una volta però per me si parte dall'alto e non dal basso come si dovrebbe.

A luglio avevo riversato in un post tutta la delusione per come è gestito il Partito Democratico, ipotizzando un metodo per ribaltare la prospettiva e rimettere le scelte davvero in mano alla base. Non per niente parlavo di utopia: chiaramente, niente di quanto sperato è per ora lontanamente all’orizzonte.

Oggi non siamo un partito serio, per quanto le persone serie e appassionate non manchino: avere il coraggio di dirlo è il primo passo.

Sull’ambiente dove vogliamo andare? Cosa pensiamo di clima, fonti rinnovabili, energie alternative? I centri delle nostre città li pedonalizziamo o no? E le periferie le riqualifichiamo? Con quali risorse? La difesa dei diritti e delle libertà fondamentali è una priorità che supera le divisioni (es. ius soli)? E dei doveri, ne parliamo o é tabù? Che welfare abbiamo in testa? Generatività o assistenzialismo? Quali criteri di accesso ai servizi? Quale modello di sanità proponiamo per coniugare universalismo e sostenibilità? Il “pubblico” che ruolo deve avere e in quale misura? Progressivo disimpegno o gestione e coordinamento del sistema? Finanza o produzione? Lavoro, disoccupazione, precariato, sicurezza nelle fabbriche, strategie per il rilancio delle PMI. La burocrazia per noi é un giogo o garanzia di equità? Come contrastiamo la delocalizzazione? Quale approccio al mercato e alla concorrenza di paesi in cui la manodopera è sottopagata? Liberismo, protezionismo o intelligente regolamentazione? Davvero la scuola é così “buona”? E il sistema universitario? Siamo disposti ad affrontare le varie distorsioni o è lesa maestà? Su bullismo, dipendenze, inciviltà diffusa, … repressione o educazione civica? Furbi, approfittatori, amici degli amici: lavoriamo per isolarli (a prescindere dal grado di vicinanza, vera o presunta) o continuiamo a far sentire gli onesti una minoranza di “sfigati”? Quale rapporto con sindacati e rappresentanze varie? Disintermediazione o dialogo? E con gli elettori? C’è altro che non sia democrazia diretta o delega in bianco?

Giustizialisti o garantisti? La certezza della pena si può affrontare o fa troppo destra? Più o meno carceri? Recidive, riparazione, confronto tra rei, vittime e società, creazione di consapevolezza… Fisco: lo teniamo il punto fermo sulla progressività e pensiamo a una vera lotta contro l’evasione, senza condoni, espliciti o mascherati? Rivediamo il centralismo che sta asfissiando gli enti locali, specie quelli virtuosi, penalizzati da perequazioni dissennate? Inclusione o sfruttamento? Lotta tra poveri o nuova società? Immigrati o nuovi cittadini? Siamo disposti ad accettare che non tutti sono disgraziati da accogliere a braccia aperte?

E ancora, Partito liquido o territorialità strutturata?
Post-ideologia o radicamento valoriale? Populisti o popolari? Riformisti seri, turbo capitalisti o vetero qualcosa? Europeisti pro attivi o servi genuflessi?  Leaderismo o collegialità?  Consultazione periodica o chiamata alle armi alla bisogna? Primarie per gli iscritti o aperte a chiunque? Segretario e candidato premier sono figure sovrapponibili?

Merito o clientela? E il ricambio della classe dirigente? Si accetta che in politica passare il testimone non é contro natura, che si vive anche d’altro e che la contendibilità di ruoli e cariche deve essere autentica o si recide il filo della fiducia con i cittadini, quelli che devono mettere insieme il pranzo con la cena, i “repressi e socialmente frustrati” (PGB) Contingenza o prospettiva? Campagna elettorale permanente o artigiani dell’impegno civile?

E si potrebbe continuare. A lungo…

Urgono risposte credibili e azioni coerenti: è forse il tempo di una nuova QUESTIONE MORALE che, per recuperare l’idea originale di Enrico Berlinguer, non guardi solo ai tanti casi di disonestà e illegalità commessi nei partiti, nel mondo delle imprese e nella classe dirigente considerata nel suo complesso, ma contrasti «l’occupazione delle istituzioni da parte dei partiti», secondo il principio che la società esprime interessi del presente, le istituzioni – depositarie dell’interesse generale dello Stato – debbono avere invece una visione più lunga che guarda anche al futuro dei figli e dei nipoti, condividendo che, senza l’autonomia delle istituzioni, la mediazione costante tra presente e futuro viene a mancare, la democrazia si deforma e il populismo invade lo Stato.

Non bei discorsi impacchettati ai convegni, nei mordi e fuggi tra i circoli quando serve qualche comparsata per titar su un po’ di voti, o nei salotti radio-televisivi.

Oggi, leader, leaderini, aspiranti leader, non ci meritano! Non meritano l’impegno, la passione, la pazienza di noi militanti semplici, noi che attacchiamo i manifesti a tarda sera, teniamo aperte le sedi, ci giochiamo la faccia nei consigli comunali di paesi e piccole città. Parolai ormai impantanati nelle trattative al ribasso, cultori dell’attesa che serve all’auto-conservazione dei vostri posti ben pagati da politici di professione. Sentiamo parlare e continuiamo a vedere in TV chi ha svuotato di significato l’idea stessa di spirito di servizio, immolata sull’altare della gestione interessata del potere. Si è persa la sfida della sintesi, facendo degenerare litigiosità e incomprensioni. Stiamo soffocando, stanno togliendo l’ossigeno al bisogno che il Partito ha di ripensare in fretta il suo essere profondo.

Non ci interessa quale capo mostrerà i muscoli la prossima volta. Non è questione di nomi ma di identità e utilità sociale diffusa. Mancano visioni e interpreti capaci di dare esempi positivi.

Ai vertici non può che ambire una classe dirigente altra e mossa da rinnovata credibilità, quella che ormai aridi burocrati, che lo vogliano accettare o no, non hanno più e la cui assenza dovrebbe convincerli a rientrare nei ranghi, a tornare alla militanza autentica, al servizio di chi sarà chiamato per provare a ricostruire una comunità e una cultura dello stare insieme che hanno contributo a distruggere.

Ripartiamo. O non ripartiremo più.

alternativaperpiacenza
Utopia democratica

Sveglia!

"La coerenza è virtù importante, che alla lunga paga. Soprattutto, chi ti segue la percepisce. Inutile ostentare certezze che le tue parole smentiscono puntualmente. L'unico a cascarci, forse, sei tu.”

| Ribaltare la prospettiva

C'è tutto il tempo per dimostrare di aver capito la lezione. C'è il tempo per tornare ai contenuti, al dialogo, ai valori che non si svendono. Bisogna volerlo però...

Dopo le (auto)critiche, per chi è stato capace di farle, arriva il momento delle proposte.

Ma dal gruppo dirigente del Partito Democratico, capace di rimandare di mesi il congresso, perché tanto c’è tempo e gli elettori ci aspettano, per ora nulla. Vorrai mica per caso competere per davvero, senza sapere prima chi vincerà?

A noi poveri ultimi, legati a dei valori e sospesi tra l’incertezza che “il contenitore” sappia ancora rappresentarli e il cauto ottimismo nel vedere, dal basso, che in molti ancora credono davvero a una politica “altra”, resta il diritto alla provocazione.

Allora mi piacerebbe dire alla masnada di illuminati strateghi, con il mastice tra le terga e le poltrone romane, di farsi da parte (che tanto sembrano pugili suonati) e aprire a una nuova sfida di metodo che ribalta le posizioni:

  • dimissioni in blocco della direzione, da sostituirsi con una commissione congressuale formata da giovani under 40 indicati dai circoli dei territori, cui si aggiungano alcuni padri fondatori, tra i più rappresentativi e tra chi nel tempo ha dimostrato senso della misura e desiderio di includere (Veltroni, Prodi, tanto per citarne un paio).
  • avvio nei circoli di un percorso di contatto e confronto con la cittadinanza tutta dei rispettivi territori (elettori, simpatizzanti, critici, civismo spontaneo e organizzato, mondo sindacale, terzo settore, …) per avere idee e “polso” su cosa dovrebbe essere, nella logica di una vera rinascita, il Partito Democratico. Bagno di realtà? Si potrebbe vedere così!
  • Sulla base degli spunti dei territori e dei lavori della commissione, avvio del percorso di creazione delle mozioni congressuali, in senso fondativo e per questo senza leadership precostituite ma focalizzate sui contenuti di visione, contingente e prospettica, per rendere chiaro cosa vorrà essere il prossimo PD, come svilupperà la propria democrazia interna, quanto si farà contenibile, quale credibilità saprà darsi in termini di ascolto e coinvolgimento diffusi, quali battaglie vorrà combattere, chi vorrà rappresentare, di quali temi si farà portatore, come intende la questione europea, ambientale, il tema del lavoro, dei diritti, …
  • Elaborazione “dal basso” delle mozioni, partendo da bozze territoriali che via via si confrontano e si portano a sintesi nei livelli intermedi, fino ad arrivare a un congruo numero di proposte a livello nazionale. Basta mozioni calate dall’alto col nome del leader e fatte digerire nei circoli. Perdendo ovunque, ci siamo dati il tempo per riprovare percorsi di dialogo e confronto seri. Approfittiamone.
  • organizzazione di una tornata iniziale di primarie sui contenuti delle mozioni – SENZA indicazioni della leadership.
  • seconda tornata di primarie, con un congruo lasso di tempo per permettere a livello locale il dibattito, gli approfondimenti e le proposte sulla mozione scelta alle primarie, per dare un segretario e una classe dirigente, con un percorso di selezione dal basso verso l’alto, dai livelli locali, provinciali, regionali, per arrivare alla candidatura nazionale.
    Sistema per nulla snello, ma almeno credibile, che è poi il tratto che più ci manca oggi.

Serve una scossa e io amo la complessità, quando la posta è importante. Provocazione? Sciocchezze irrealizzabili? Dopo quello a cui ci hanno abituato negli ultimi periodi, in quanto a dignità, niente può dirsi sconfitto in partenza…

politica
Verso il congresso provinciale del PD di Piacenza

Antonio Gramsci odiava gli indifferenti, io aggiungo i massimalisti. E penso al Partito Democratico in generale e al prossimo Congresso provinciale del PD di Piacenza.

Disimpegno e intransigenza sono, su versanti opposti, un problema per la politica e così, tra un elettorato in libera uscita, un astensionismo al suo massimo e le bizze di una classe dirigente che sembra più attenta a questioni regolamentari e a posizionamenti che al numero di disoccupati senza prospettive, eccoci a considerare un partito che sulle polarità in perenne conflitto sta consumando la sua esistenza.

Noi qui, attori e un po’ complici di uno spettacolo indegno delle tradizioni storiche e politiche che del PD costituiscono la nervatura.

Tutti a vedere nelle correnti il male assoluto ma pochissimi disposti ad ammettere che il vero anello debole sono quei soggetti incapaci di trovare un punto di caduta condiviso tra le diverse sensibilità, gli arroccati sul pregiudizio, quelli che trasformano l’elaborazione in scontro ideologico o generazionale: i “taliban” insomma; ogni area ha i suoi.

È un dato che la produzione di idee nel partito sia stata lasciata a un numero sempre maggiore di teorici (o presunti tali) finendo col rinunciare al contributo vitale della “forza lavoro”, di quella base ormai relegata ad attaccare manifesti, fare banchetti o cuocere spiedini sulle feste ma che dimostra spesso di arrivare al nocciolo delle questioni prima e meglio di tanti notabili. Frustrata nel senso di appartenenza e poco ascoltata.

Questa assenza progressiva di partecipazione e condivisione ha cristallizzato le posizioni di minoranze al potere, sempre meno capaci di una discussione realmente costruttiva, sempre più interessate alle rendite di posizione.

Bisogna opporsi con forza all’idea di chiudersi al cambiamento, a chi considera il partito in senso ristretto, elitario. Il caparbio presidio della solita “mattonella” è fuori dal tempo e genera immobilismo, tanto in chiave politica quanto amministrativa.

Ugualmente però sarebbe sbagliato pensare che la soluzione stia nel fare tabula rasa di tutto, perchè il nuovismo acritico, che “getta il bambino con l’acqua sporca”, segna il continuo ritorno a un punto zero, altrettanto inefficace e dannoso.

Per questi motivi penso che la rivoluzione tra noi democratici sarà/sarebbe riuscire ad affrancarci da queste due interpretazioni radicali e declinare un vero percorso riformista, finalmente di contenuto e non solo di facciata.

Hai detto niente? Essere riformisti oggi significa esporsi alle critiche delle ali più estreme e all’ostilità di chi si muove un po’ più gattopardescamente.

Il vero riformismo non è autoreferenziale. Chiede quel senso di responsabilità e quello spirito di squadra cui altri si possono sottrarre, perchè è più facile distruggere che costruire, dividere che unire, contrapporsi che dialogare.

Parla al popolo senza essere populista; guarda al futuro e affronta i temi nella loro complessità, senza subordinare le singole prese di posizione sulla base del consenso immediato.

Per me questo deve essere il Partito Democratico e in proposito mi auguro che si smetta di filosofeggiare e si affronti il percorso congressuale in modo rapido e alla luce del sole.

So di chi auspica una figura tanto autorevole da mettere tutti d’accordo, dimenticando forse che abbiamo dovuto congelare un segretario uscente per non essere riusciti a convergere su un traghettatore per due o tre mesi; sento e leggo di chi non vuole parlare di nomi, perché prima verrebbe la sostanza.

Ecco, a tal proposito, non fingiamo di ignorare che chi vive il PD – ovunque – conosce a menadito le posizioni in campo, chi le rappresenta e chi le sostiene. Evitiamo le ipocrisie allora e cominciamo a farli, questi nomi: tanto – stringi, stringi – è lì che dobbiamo arrivare.

L’importante è che conservatori, riformisti, rottamatori e compagnia bella presentino candidature di alto profilo, se ne hanno. Persone capaci, credibili e al di sopra di ogni sospetto, degne di rappresentare tutto il partito una volta elette; moderate il giusto per sostenere la propria linea solo in virtù della sua forza intrinseca, pronti ad arricchirla mediando con gli altri punti di vista.

Servono visioni alternative basate sulla legittimazione reciproca, in grado di contrapporsi senza farsi la guerra ma indisponibili a patti di non belligeranza poco nobili.

Sbrighiamoci a risolvere queste “beghe” interne, perchè i temi davvero importanti sono altri: stanno fuori, in mezzo alla gente e la nostra missione è affrontarli e dare risposte concrete e risolutive.

Tutto il resto è accessorio.