SERVIZI SOCIALI. Lo sai che a Piacenza, con il Patto di reciprocità e i contratti sociali, l’assistenzialismo non è di casa?

La reciprocità consiste nel dare senza perdere e prendere senza togliere.
È più di una sfida. È il mio “meta-obiettivo” di mandato, che va oltre e dà valore a tutti gli altri: reciprocità come fondamento del nuovo welfare. Parlare di nuovo welfare, ça va sans dire, impone un cambio di approccio rispetto all’impianto finora conosciuto e applicato.
Ecco, il mio impegno sarà quello di chiudere a Piacenza la stagione di un welfare che invece di ridurre, finisce col consolidare le disuguaglianze. Un modello assistenzialista è in crisi irreversibile e va cambiato.
E’ giusto farlo in nome di condizioni storiche mutate; è giusto farlo anche per dimostrare ai tanti operatori dei Servizi sociali, che da anni si sbattono e sperimentano la trincea per creare vera inclusione sociale, che la loro esperienza e le indicazioni fornite possono essere messe a frutto e canalizzate nella giusta direzione.
Come Amministrazione possiamo essere protagonisti in tal senso.
Oggi le disparità che siamo chiamati ad affrontare sono tali e tante da superare la nostra capacità di distribuire fondi. Non siamo più in grado, con le risorse della fiscalità, di garantire diritti individuali a cui non corrispondono doveri di solidarietà. Bisogna generare valore diffuso dai benefici economici che concediamo e per farlo l’idea di DIRITTO INDIVIDUALE deve evolvere in quella di DIRITTO SOCIALE.
Dicono bene gli analisti della Fondazione Zancan:
oggi il welfare è un sistema assistenziale gestito a costo e non a investimento, che non cerca forme più efficaci di aiuto e sviluppo sociale.
Le poche risorse a disposizione devono cominciare a “rendere”; diritti e doveri devono legarsi indissolubilmente in una nuova assunzione di responsabilità collettiva. Oggi i servizi a riscossione individuale non chiedono e non incentivano solidarietà e responsabilizzazione sociale.
Non possiamo non cambiare il modello; dobbiamo riuscire a tenere in circolo i diritti, perché siano (ri)messi a disposizione di nuovi portatori di bisogni.
Ogni aiutato che valorizza le proprie capacità è anche moltiplicatore di valore. È un’opzione etica, visto che anche agli ultimi va riconosciuto il diritto di contribuire a una socialità che si rinnova, nel momento in cui diventa più capace di essere solidale
Cosa significa tutto questo?
Vuol dire istituire un “contratto di Comunità” con associazioni datoriali, sindacali, del Terzo Settore, con forme di rappresentanza dei cittadini, per introdurre un progetto che miri a transitare verso un welfare comunitario generativo, con un “IMPEGNO DI DIRITTO SOCIALE” che preveda l’accettazione in capo agli assegnatari di contributi comunali (persone disoccupate o in stato di disagio, con o senza minori a carico), di un percorso programmato di interventi di inclusione sociale per sé (analisi bilancio familiare, percorsi di formazione e ricerca lavoro, …) e di cittadinanza attiva in favore della comunità.
Oggi finalmente si delibera in Giunta il contratto sociale che nei fatti dà il via al #nuovowelfarepiacenza fondato sulla reciprocità.
Link: Nasce un nuovo welfare: ricevi se dai qualcosa in cambio
Welfare generativo, a Piacenza si chiamerà «patto di reciprocità».
“Bisogna passare dal percettore di servizi passivo a un soggetto attivo, che riceve aiuto ma in cambio deve dare un contributo in prima persona, nelle forme più adeguate che di volta in volta sono decise. Una co-produzione dei servizi, dunque, lontana dal modello statalista che oltre a sperperare risorse lede la dignità delle persone”
(Stefano Zamagni)
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