IMMIGRAZIONE: sono un buonista combattente
I fatti di Gorino, con una comunità barricata nelle sue paure, rappresentano uno spartiacque impossibile da trascurare.
Il corridoio é stretto e molto facile diventa fraintendere il messaggio che emerge dall’azione quotidiana di chi amministra. Sento allora, un’altra volta, il dovere di spiegare perché certi complimenti, di chi fiero mi snocciola una sua visione di mondo che mi ripugna, sono un campanello d’allarme.
La mia battaglia sull’accoglienza di minori stranieri non accompagnati e adulti richiedenti asilo non ha niente a che fare con quelle di chi urla il suo rifiuto incattivito, condito da una informe poltiglia di nazionalismo, ignoranza reazionaria, razzismo e vera o presunta incapacità di decodificare ciò che é complesso e globale.
Sono un buonista, lo confesso. Combattente però. E ostinato. Io non vedo razze ma persone, per me gli unici confini da difendere sono quelli dell’umanità. Mi hanno insegnato che si aiuta chi ha bisogno e che aiutare vuol sempre dire rinunciare a un po’ di tuo per qualcun altro. Ho imparato che questo prescinde dalla gratitudine o da quello che ci si aspetterebbe in cambio.
La rete di una comunità solidale, per crescere e attecchire, ha bisogno di consapevolezza, intenti condivisi, fiducia reciproca ed equità sociale, con organizzazione e rispetto delle regole a fare da collante. Altrimenti scatta il senso di precarietà e diffidenza, il rancore. E tutto salta, nell’egoismo che ogni guerra tra poveri produce in quantità.
Ammassare persone senza criterio in nome dell’emergenza, accettando passivamente irresponsabilità politica diffusa, vuol dire abdicare al ruolo di guida che i cittadini si aspettano da chi li governa, a ogni livello e con qualsiasi incarico. É essere forte con i deboli e debole con i forti. Significa tollerare che la dignità e i diritti umani siano compressi e creare a monte le condizioni favorevoli per chi vuol lucrare sulla disperazione e l’incapacità.
Se una legge pretende che un Comune continui a farsi carico di minori soli, ben oltre la sue possibilità, va cambiata. Specie se questi si allontanano da strutture di altre città, province, regioni, che hanno i medesimi obblighi di tutela; tanto più se arrivano da uno Stato connivente nella volontà di sfruttare i nostri servizi sociali. Così non si aiuta il bisogno di questi ragazzi e si “spappola” la tenuta sociale di una comunità, che da accogliente diventa ostile. Se chi é tenuto ad applicarla, invece di affiancarci e denunciare con noi il bisogno di cambiamento di un impianto normativo non più adatto, si ostina alla fredda interpretazione, ecco emergere il volto peggiore della burocrazia, lo scarica barile, il disimpegno.
Se la legge é percepita come sopruso dagli ultimi, gli indifesi, i senza potere, siano essi anonimi cittadini o piccoli, cocciuti, amministratori di provincia, indignarsi é un diritto e battersi perché si trovi una soluzione di garanzia collettiva, un dovere. Io mi oppongo e contesto un sistema oggi ingiusto e prendo le distanze da chi, potendo, non perde il sonno per migliorarlo.
Senza slancio morale, senza una nuova stagione resistente, per riprenderci i valori che ci connotano come esseri umani, coltiviamo solo odio e insicurezze, confondendo sempre più vittime e carnefici.
Respingo dunque la solidarietà di quelli che “stiano tutti a casa loro” o “prima gli italiani, i piacentini, quelli del mio quartiere, della mia via, del mio palazzo, del mio pianerottolo“. Biasimo la brutta politica che cerca sempre il colpevole in altri da sé e resta con le mani in mano. Mi sento rappresentante di una cultura accogliente ma giusta, che sta attenta a non discriminare, in nessuna direzione.
Voglio solo poter fare bene il lavoro a cui ho l’onore di dedicarmi ancora per un po’. Pretendo che mi siano forniti gli strumenti adatti per aiutare nel migliore dei modi tutti quelli che hanno bisogno, educare ai comportamenti consoni in una realtà per molti nuova, dimostrare che ha sbagliato indirizzo a chi sgarra, si crede troppo furbo o ha l’ambizione di fare il mantenuto. A prescindere da dove arriva o dal fatto che parli straniero, italiano o dialetto, che é davvero l’ultimo dei nostri problemi.