nuovi cittadini, partecipazione, società
La vera sicurezza è libera dai pregiudizi.

Il primo che mi parla ancora di percezione, giuro che lo strangolo!

L’ho sentito in un incontro pochi giorni fa, pronunciato da una signora minuta e composta, che mai avrei pensato capace di tanto impeto. Capelli candidi come la neve e occhi chiarissimi, sgranati ad ammonire il mondo, con la mascella tremante più per l’agitazione improvvisa che per la dentiera calibrata male. Sarà stato il contrasto tra l’esile figura e il piglio battagliero che ha amplificato la scena, ma i secondi di silenzio che ne sono seguiti sembravano non voler finire mai.

Non che avessi molto da riflettere, ma è stato un attimo darle ragione. A nessuno di noi piace non essere preso sul serio, figuriamoci se si parla del fatto di sentirci sicuri in casa nostra, per strada, nelle nostre città.

Le dissertazioni sull’idea di sicurezza possono – e devono – portarci lontano, ma è un dato che nascondersi dietro il dito della percezione è la peggiore delle scuse per non affrontare con coscienza il tema, ai limiti dell’offesa per chi sente di dover parlare dell’argomento, se toccato in prima persona o nei suoi affetti più cari.

Liquidare la questione suggerendo ai cittadini di mettere le sbarre alle finestre o di comprarsi un antifurto di ultima generazione sarebbe ridicolo, non fosse provocatorio. Eppure, i più ricorderanno, è successo anche questo. Come un disco rotto ripeto da anni che per me la sicurezza poggia su alcuni presupposti che oggi sembrano utopia ma che, altrettanto, nessuna ronda o militarizzazione spinta dei quartieri potranno mai sostituire in efficacia e persistenza. Mi riferisco a parole démodé quali relazioni, rispetto, conoscenza, fiducia, giustizia. Valori che hanno declinato generazioni precedenti la nostra e per i quali non esiste motivo al mondo a impedirne il rilancio.

L’idea di una comunità che “si cura” per essere “sicura” sta su due gambe che devono entrambe avere solide fondamenta: da un lato persone che si parlano, si conoscono, imparano a fidarsi e a portare rispetto – a se stessi, al prossimo, ai luoghi in cui vivono e che frequentano, che si fanno parte attiva dei bisogni del loro condominio, della via, del rione. Dall’altra, un sistema di sorveglianza, prevenzione e repressione delle forze dell’ordine ben rodato, che dia sufficienti garanzie a chi delinque, o se ne frega delle regole, di non farla franca e la tranquillità ai giusti di non passare per stupidi.

Il ruolo di ognuno di noi in questo è capitale. Non voltarsi dall’altra parte, non pensare che tocchi sempre a qualcun altro, cercare nel vicino un alleato in questa gara di civiltà anziché isolarsi, segnalare senza sosta malcostumi e trasgressioni, non sentirsi esenti dal rigore che ogni volta pretendiamo dagli altri, sono i tanti tasselli di una comunità nuova.

I bambini delle scuole, i piccoli grandi cittadini del consiglio comunale dei ragazzi, sono tutti d’accordo nel voler giocare sicuri nei giardini ma altrettanto non ce n’è uno che vorrebbe telecamere ovunque e pattuglie dell’esercito a ogni angolo. Idem per molti adulti, quasi di ogni età.

Cos’è la destra? Cos’è la sinistra? Qui la questione è più complessa, anche se alla fine, sbagliando, si va a parare sempre lì. Se è vero che solo il “volemose bene” è da buonisti e soltanto “il manganello” da fascisti, il buon senso invece non è di parte, né è troppo affezionato alle ideologie (o a quel che ne resta).

In medio stat virtus, dicevano quei tali, e a noi che siam molto più terra-terra non resta che fidarci. La vera sicurezza è libera dai pregiudizi. I cretini si distribuiscono con generosità e uniformità. Non c’è razza, credo politico, fede religiosa che tenga. Contano solo l’educazione e il rispetto, che di partenza possono muovere da provenienze culturali diverse, ma il cui punto di sintesi dipende solo dalla buona volontà di chi desidera, per sé, la sua famiglia, i suoi bimbi, una vita serena e tranquilla. Siamo esseri sociali, istintivamente portati a cercare gli altri.

Manca giusto un pizzico di memoria su questa condizione naturale e, dove serve, azioni ben assestate per rimettere in carreggiata chi ha la tendenza a farla un po’ troppo fuori dal vaso. E voilà, il gioco è fatto! Sembrerebbe fin facile…

È inutile stabilire se Zenobia sia da classificare tra le città felici o tra quelle infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere le città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati.- Italo Calvino
partecipazione, rassegna stampa, società
SOCIETA’: tra istruzione, solidarietà e ordinanze anti bivacco
Non é tempo per gli infallibili e per quelli che “la colpa é sempre di qualcun altro”. I miei supereroi sono gli onesti operai con le borse sotto agli occhi per la fatica quotidiana e il sorriso pronto di chi ha sogni da inseguire e condividere.- Stefano Cugini

Mi è stata chiesta una riflessione sul modo di vivere gli spazi, sulla la socialità di un luogo e su come si possa favorirla. Per la Treccani la socialità è il modo di raggrupparsi degli individui di una data specie e il suo grado dipende dalle condizioni locali, più o meno favorevoli.

Penso a Porta Galera e alla sua multiculturalità, eco di una genetica sociale in costante ridefinizione, ai bar e marciapiedi quali luoghi dello stare insieme. Prendiamo il Caffè طفل di via Capra, dove la bevuta in compagnia è uso, folklore che toglie tempo alla famiglia e lascia sole le donne in casa, a occuparsi di faccende e bambini. Giudicare è esercizio soggettivo.

Il dato di fatto, purtroppo, è che la birra con gli amici di rado resta una sola. Le idee si confondono al crescere dei bicchieri, le chiacchiere diventano punti di reputazione, urla e insulti strumenti per opporre verità inconciliabili. Non di rado dalle parole si passa ai fatti per motivi futili, sia una partita persa a domino, una bicicletta contesa, o l’onore di un gruppo, presupposto per dimostrare chi è migliore di chi.

Mettiamoci poi l’umanità barcollante che scambia angoli delle vie per orinatoi, incutendo il timore dell’ebbro in chi la incontra ubriaca e vociante per strada, o il richiamo della natura a poco prezzo, soddisfatto con chi, nei dintorni, “l’amore se lo sceglie per professione”. Quadro desolante, cui aggiungere le mogli, chiamate ad accogliere, a tarda sera o a notte fonda, la brutta copia etilica dei loro compagni. Pare dura immaginare una società che si sviluppa su questi presupposti, vero?

Eppure, basta tornare a quando la zona di via Capra era “al Canton di Stall”, cambiare “طفل” con “bambino”, il suo omonimo italiano, e al posto di un locale che nemmeno esiste con quel nome, immaginare l’Ostaria tanto cara ai nostri nonni, dove ci si accapigliava per un carico a briscola e sbronzava con qualche scudlein ad vèi rus (mica birre e domino!) – ed ecco il biasimo di adesso diventare nostalgia d’allora.

Confrontando tempi, abitudini, protagonisti, le analogie si sprecano: poca scolarizzazione, basso reddito, molta strada da fare sul rispetto della condizione femminile. Era un’epoca, pure quella, in cui regolare a cazzotti i conti tra i piasintein dal sass e i furaster era normale, anche se il ricordo lo rende meno volgare delle odierne risse tra magrebini, albanesi o sudamericani.

la fabbrica dei grilli_socialità

Rimessi al loro posto i particolari, il resto fa parte della nostra storia. Potere della memoria, che annacqua derive simili a ciò che ora condanna senza appello, persino compiaciuta di un campanilismo che, quando il mondo sembrava risolversi in un quartiere, muoveva la stessa prontezza di oggi nel vendicare torti e regolare conti in un bar o in mezzo a una strada.

Il punto di osservazione non è cosa da poco. Dalla prospettiva può dipendere il nostro modo di considerare vizi e virtù di un agire, la nostra disposizione al pregiudizio o a stare nelle contraddizioni per uscirne insieme.

Mal comune mezzo gaudio, quindi? Neanche per idea. Da un grande pensatore del Novecento l’invito a respingere la politica del “tanto peggio, tanto meglio, che è solo “un progressivo adattamento a un processo regressivo”.

La ricetta, per quella “forza attiva, concorrente a quella che passivamente si adatta alla fatalità”, rimanda, come allora, a ciò che splende nell’idea di socialità: sapere, agire solidale, confronto. Se si è davvero civili, i reati si perseguono, ma ignoranza e maleducazione si affrontano.

Facile parlare di ruspe con la bava alla bocca. Altra cosa è cercare, attraverso la cultura e il sostegno reciproco, di gettare il seme del riscatto sociale negli ultimi, coltivare conoscenze, consapevolezza, dignità.

Formare persone libere, partendo dai più piccoli, con gli strumenti per capire che esiste una scelta diversa dagli stili di vita nei quali sono soliti crescere. Viva dunque la colletta per i libri di testo ai bambini poveri! A lungo termine efficace come nessuna ordinanza anti bivacco potrà mai essere, nell’eterna distanza tra chi formula visioni di prospettiva e il fiato corto di chi cerca risposte guardandosi l’ombelico.

fotografia: archivio Gianni Croce – Piacenza

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rassegna stampa, società
PORTA GALERA. Alla Fabbrica dei grilli è tempo di scuola
La politica deve essere operaia, fatta di esempio e sacrificio. Senza il primo non c’è credibilità. Senza il secondo manca la spinta al miglioramento.- Stefano Cugini

Investire sui bambini è una polizza assicurativa a lunga scadenza. È un mandato vero e proprio, una strategia la cui produttività sarà misurabile nel grado di consapevolezza della società prossima ventura, su quanto questa sarà a proprio agio con i nuovi mutati contesti.

L’obiettivo è creare le condizioni affinché i bambini di oggi diventino gli adulti che affronteranno il domani con i giusti strumenti di decodifica: dinamici, resilienti, multiculturali e poliglotti.

Quinto capitolo della Fabbrica dei Grilli: clicca sull’immagine per leggere l’articolo.

la fabbrica dei grilli_scuola

 

 

 

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rassegna stampa, società
PORTA GALERA. Alla fabbrica dei grilli si parla di emigrazione

Empatia significa sapersi mettere nei panni degli altri. A volte, oltre le parole, bisognerebbe provare a indagare l’aspetto più vero e profondo dell’altrui sentire. Per scoprire che non siamo così diversi e che sono le condizioni a muovere i comportamenti.

Quarto capitolo della Fabbrica dei Grilli: clicca sull’immagine per leggere l’articolo.

la fabbrica dei grilli giugno 2016

 

 

 

 

Caro Stefano,
ho letto la sua esperienza “Sentirsi emigrante, un esperimento privato“. Mi ci sono trovato appieno, tante volte per la mia funzione di coordinatore dei preti italiani in America Latina e come direttore della Caritas  Diocesana ho fatto la stessa esperienza tante volte, per questo credo di essere capace di capire la gente che arriva nella nostra città e nel nostro territorio, da paesi completamente diversi per cultura, lingua e religione! Sulla Libertà di giovedì scorso ho letto della bella iniziativa che nasce dell’emporio solidale. Complimenti! Credo proprio che anche gli aiuti debbano essere mirati e organizzati. Prego perché il Signore vi benedica e vi dia la forza di superare le inevitabili difficoltà.
Con grande stima la saluto.
d. Gian Piero Franceschini, ora parroco di San Savino.
Questa lettera di congratulazioni, per la stima che porto al mittente, per me vale un intero mandato!
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curiosità, rassegna stampa, società
LA FABBRICA DEI GRILLI. Lo sai che il quartiere Roma ha il suo giornale?

Nasce “La Fabbrica dei Grilli, freepress mensile del Quartiere Roma. Porta Galera laboratorio editoriale, per dar voce alla ricchezza delle differenze.

Bernardo e Gabriele mi hanno assegnato uno spazio di 4.200 battute mensili e ho intenzione di divertimi molto. Questo il mio primo contributo: clicca sull’immagine per leggere l’articolo.

la fabbrica dei grilli marzo 2016

 

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nuovi cittadini, partecipazione
PORTA GALERA. La fabbrica dei grilli si fa scuola solidale
Non é tempo per gli infallibili e per quelli che “la colpa é sempre di qualcun altro”. I miei supereroi sono gli onesti operai con le borse sotto agli occhi per la fatica quotidiana e il sorriso pronto di chi ha sogni da inseguire e condividere.- Stefano Cugini

Tendere la mano oggi é rivoluzionario. Solo una dose di sana pazzia ti fa guardare là, quando tutti invece mirano altrove. La voglia di costruire però deve essere più forte delle tendenze a distruggere, altrimenti addio speranza.

Quando tra tanto nero si trova un germoglio verde, beh, non innaffiarlo e vederlo crescere sarebbe un delitto.

la fabbrica dei grilli diventa scuola solidalela fabbrica dei grilli festa coi bimbi

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