MSNA: minori stranieri non accompagnati, è un grido d’aiuto!
Ci spaventano le cose che non conosciamo, ma a volte è meglio conoscere una cosa per provarne una sana e consapevole paura.- Stefano Cugini

msnaLa situazione relativa alla gestione dei minori stranieri non accompagnati è ormai al collasso. Inutile girare attorno al problema.

Ma chi sono i MSNA? Sono minori che arrivano sul territorio nazionale senza genitori o parenti; giovani che hanno lasciato il loro paese per fuggire da miseria, guerre, persecuzioni, tratta, sfruttamento e abuso: tutti hanno una storia alle spalle, più o meno complessa, e si presentano in condizione di estrema vulnerabilità.

I servizi sociali sono il terminale di un meccanismo che a Roma si sforzano di non capire quanto sia prossimo a esplodere. Non ce la facciamo più a reggere da soli il peso di questi arrivi ormai senza logica, se non quella, il più delle volte, del racket organizzato. L’accoglienza profughi non c’entra: qui si parla d’altro, che nulla, o solo molto marginalmente, ha a che fare con mare nostrum.

Per legge i comuni sono obbligati a farsi carico dei minori non accompagnati trovati sul loro territorio. Questo vale in particolare per i comuni capoluogo. Piacenza sconta il fatto di essere sede di Questura (organismo deputato al rilascio dei permessi di soggiorno), oltre che terra di confinestrategico crocevia ferroviario e autostradale.

Si tratta di gestioni molto impegnative sotto il profilo organizzativo e socio-educativo. Operazioni economicamente devastanti per i bilanci, con capitoli di spesa impreventivabili a monte, che siamo continuamente costretti a rivedere al rialzo.

Da noi la crescita numerica è costante e l’impegno professionale e progettuale nella prima fase dell’accoglienza sono molto alti, giacché sono richieste tempestività e risorse per assicurare il collocamento.

Considerata poi l’età avanzata dei neo arrivati (16/17 anni), il turnover legato alla presa in carico è diventato sempre più pressante e il tempo di realizzazione degli interventi necessari per un effettivo processo di integrazione, sempre più breve.

minori stranieri soli è emergenza

Dai 129 minori trattati nell’anno 2013 con 50 nuovi arrivi, si è passati ai 185 di oggi, con 60 nuovi arrivi dall’inizio dell’anno 2014.

Le etnie sono differenti, anche a seconda delle condizioni socio politiche dei vari paesi. Negli anni l’accoglienza ha interessato minori provenienti da Maroccco, Tunisia, Egitto, Costa d’Avorio, Senegal, Eritrea, Somalia, Albania, Bangladesh, Pakistan, Ucraina. Oggi sono prevalentemente provenienti dall’Egitto e dall’Albania.

Accogliere, dopo aver tentato di rintracciare eventuali parenti già presenti sul territorio nazionale, significa assicurare il collocamento in una struttura dedicata o l’affidamento familiare.

Quest’ultimo è invero un percorso di difficile attuazione: le famiglie italiane danno scarsa disponibilità e le differenze linguistiche e culturali rendono improbabile l’abbinamento; l’opzione dell’affido omoculturale non è meno complicata, dato che le famiglie straniere presentano spesso tratti di instabilità economica e relazionale.

In aggiunta, specie per l’etnia araba, sussistono anche ragioni religiose, che vietano la coabitazione di giovani adolescenti all’interno di nuclei con presenza femminile.

Il flusso è ormai impossibile da programmare. Viviamo in continua emergenza, tentando di tamponare al meglio.

Il fatto che i predetti minori, solitamente si presentino in Questura o siano intercettati dalle Forze dell’Ordine, determina la necessità di garantire una reperibilità H24, per l’affido al servizio titolare delle competenze di tutela e per evitare che siano siano trattenuti inopportunamente in luoghi deputati alla pubblica sicurezza.

Ebbene, questa reperibilità viene oggi garantita dai servizi sociali, senza alcun riconoscimento economico per l’operatore che interviene. Tra l’altro, proprio la sensibilità e il senso del dovere dei nostri professionisti, finiscono paradossalmente per penalizzarci.

Lo scrivo con tutta l’amarezza di chi constata la tendenza a “fare i furbi” e l’irresponsabilità di altri territori, pronti a giocare sporco pur di eludere il problema.

Si prenda la civilissima Regione Lombardia, le cui Questure, al momento del rintraccio del minore, tendono a invitarlo a ripresentarsi dopo tre giorni nelle strutture di prima accoglienza.

Va da sé, e non mi si venga a raccontare che la cosa non è studiata, che in questo arco di tempo, in cui il minore rimane materialmente affidato a se stesso, si verifica il transito verso altri territori (Piacenza in cima alla lista), alla ricerca di una situazione di protezione di cui il giovane avrebbe legittimamente diritto nell’immediato in ogni parte del territorio nazionale.

Ormai è una guerra tra poveri, in cui i vari Comuni sembrano giocare a “palla avvelenata”. Il gioco volge però alla fine. L’autonomia ancora rimasta, in termini di risorse economiche, organizzative, umane, è poca: avanti di questo passo non saremo più in grado di garantire una risposta all’altezza: per i nostri operatori, per le strutture, per i ragazzi stessi.

Non vorrei ci costringessero a manifestazioni eclatanti per poter far sentire, finalmente, il nostro grido di aiuto.

*grazie a Mariangela Tiramani, dirigente responsabile del Servizio famiglie e tutela minori del Comune di Piacenza, per le preziose precisazioni.

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