casta e dintorni
Malattettafat!

Insulto libero a chi si oppone

"Mamma e papà sarebbe meglio rispettarli e non tirarli dentro nella bagarre dello scontro politico. Specie se devono diventare oggetto di offese da parte di un maleducato che non si rende conto di cosa lascia uscire dalla sua bocca nella casa delle istituzioni.”

| perso nel suo stesso personaggio

Peggio di così è difficile dire per insultare qualcuno. Quando il dialetto è usato nella sua versione più volgare, qualifica chi ne fa sfoggio in tutta la sua pochezza.

“Malattettafatt”

Qualcuno si è fatto prendere la mano dal ritorno in auge del dialetto.

Ormai assorbito dal suo personaggio, il consigliere Antonio Levoni ha superato se stesso in volgarità, rivolgendomi questo spregevole epiteto durante la commissione su Acer di venerdì sera.

Tra facce stupite e qualche occhiata compiaciuta, ha spiazzato persino la stampa, che non ha avuto il coraggio di riportare l’offesa, ricorrendo a una vaga parafrasi.

(…) ha gridato Antonio Levoni dei Liberali, accompagnando il suo intervento, come di consueto, da diverse espressioni in dialetto”

Io però non intendo passarci sopra stavolta: ho chiesto che il tutto sia trascritto nel verbale della seduta, perché resti agli atti, a futura memoria, e per le azioni a mia tutela che sto valutando di adottare. 

Strana commissione venerdì, all’insegna del depistaggio e della difesa a priori di un operato dai molti punti oscuri.

Attesa da mesi, già rimandata e oggetto di vari tentativi di calendarizzazione a orari impossibili, finalmente fissata per le 17:30 ma poi convocata a sorpresa un’ora dopo e inspiegabilmente accorciata di 30 minuti sulla durata standard.

A questo proposito, ho fatto notare l’anomalia al Presidente Segalini (Lega), ottenendo a parole, a inizio seduta, la garanzia che in caso di bisogno si sarebbe sforato senza problemi l’orario, salvo che poi, in barba alla logica richiesta di prolungamento per lasciar spazio agli interventi di tutti e alle doveroso repliche, sia arrivata la puntuale tagliola, col voto contrario compatto della destra, compreso quel presidente che, oltre a rimangiarsi la sua stessa parola, ha dimostrato di fregarsene alla più bella del suo ruolo di garanzia.

Malattettafatt

é un insulto becero e ignobile, che coinvolge la famiglia dell’offeso: un’espressione tanto volgare da non meritare commenti ma sufficiente a dar conto di quanto questi personaggi siano disposti a spostare in avanti il limite del cattivo gusto.

Non ho reagito, perché sarei sceso a un livello dal quale é impossibile risalire.

Ho incassato in silenzio, pure quando il consigliere Giardino (Forza Italia) mi ha accusato di far “tintinnare le manette“.

La tensione era palpabile, dal momento che Losi, presidente di Acer, lo stesso che ora minaccia querele, si é dimostrato molto più che evasivo, producendosi in supercazzole da far invidia a Tognazzi in “amici miei” invece di rispondere alle precise domande che gli sono state rivolte (per inciso, le stesse già formulate in varie interrogazioni e rimaste senza soddisfazione).

Ci sarà un motivo se é stata la stessa amministrazione a suggerirmi, non sapendo più che pesci pigliare, di chiedere l’audizione diretta di Losi e porre a lui gli interrogativi.

Di bassissimo livello il tentativo di far passare come fatto personale e attacco politico mirato quello che era e resta solo l’esercizio del ruolo ispettivo di un consigliere nell’interesse pubblico, a fronte di situazioni in cui mi pare evidente il mancato rispetto di alcune chiare regole, che ho illustrato nei dettagli.

Puerile il volermi dipingere come un livoroso nemico di parroci benefattori (?) e poveri inquilini.

Curioso che quelli del “prima i piacentini” si scaglino contro il sottoscritto che, tra tante altre questioni che meritano di essere approfondite, contesta un’assegnazione senza titoli a un soggetto che di piacentino non ha nemmeno la residenza, presupposto base per accedere ai servizi sociali.

Grave non capire che, trattandosi di cosa pubblica, l’eccezione che si prende gioco delle delibere, rischia di dover diventare regola anche per tutti gli altri soggetti nelle stesse condizioni di chi ha beneficiato di un favore non dovuto, a meno di non sdoganare la possibilità del Comune di discriminare a suo piacimento.

In punta di diritto, arrampicandosi sugli specchi con uno stridore di unghie sui vetri da far strabuzzare gli occhi, la maggioranza ha cercato di mascherare il tema dell’equità di trattamento e del rispetto delle regole, accampando addirittura il difetto di competenza del Consiglio comunale su quel che fa Acer, su come spende soldi pubblici o gestisce le questioni interne.

Dosi massicce di benaltrismo con qualche spruzzata di “ma anche”.

Brutta cosa la politica che difende se stessa anche contro l’indifendibile, fino al punto, in mancanza di argomenti che davvero possano reggere un confronto, di scantonare prima – usando le parole come una cortina fumogena – e darsela a gambe poi (votando la fine della discussione), chiudendo la serata con l’insulto a chi la pensa diversamente e alla sua famiglia e rilanciando l’indomani lo spauracchio delle querele.

Peraltro, quella annunciata alla consigliera Meneghelli è chiaramente parte della strampalata strategia di estrometterla dal cda, già messa nero su bianco in un verbale ufficiale, con un irritato Losi a sentenziare imprudente, in presenza di testimoni:

“qui farò quel che voglio io quando tu non ci sarai più, il che avverrà molto presto”.

Ognuno tragga le sue conclusioni.

Si accomodino dunque, quelli del “malattettafat” e dei sorrisini compiaciuti a questo elegante apostrofo.

Sappiamo però, se ancora coltivano qualche dubbio nei miei confronti, che ho pazienza e pervicacia: le offese e i tentativi di intimidirmi o screditarmi (ci hanno già provato con “l’avvertimento” di fantomatici dossier), hanno su di me l’effetto di aumentare le mie motivazioni.

Da venerdì intanto é svanito ogni dubbio sul fatto che per questa maggioranza al governo della città, parafrasando George Orwell,

“la legge é uguale per tutti ma per qualcuno é più uguale degli altri”.

bullshit, open consiglio, politica
La calunnia è un venticello

fango e poltiglia

"Mai il rumore di fondo dovrebbe svilire una parola pensata”

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I voti del consigliere Giardino alle elezioni 2017

| Falso e cortese

Vatti a fidare dell'aspetto. Cortesia affettata e maniere da Lord di Sua Maestà e poi, come il più insulso leone da tastiera, il consigliere Giardino randella come non ci fosse un domani. Senza peraltro sapere di che parla.

Il Consigliere che ha prodotto questa perla social mi attribuisce un’importanza che non ho e forse non merito. Duole aver assistito, in questi mesi, a una serie di strumentalizzazioni con l’unico obiettivo di colpire la mia immagine per depotenziare i miei messaggi politici sull’operato di alcuni amministratori.

Peccato per lui che questo post faccia acqua da tutte le parti, perché quando i fatti sono impossibili da contestare, non c’è proprio trippa per gatti

Ammetto che sulle prime ho fatto fatica a tenere insieme l’essere la causa principale della sconfitta elettorale e il consigliere rieletto con più voti tra tutti e 32 i colleghi.

Poi ho pensato al 4 marzo e alla composizione delle liste in casa centro-destra, mi sono ricordato che Forza Italia piacentina non brilla per letture strategiche e mi sono messo il cuore in pace.

  • Per quanto riguarda i compensi ai vertici di Acer, ho già dimostrato in questa sede con i numeri la mia ragione obiettiva, con risposte degli interessati che definire arrampicate sugli specchi è fare un complimento.
  • Su Telefono Rosa, accesso agli atti eseguito, documentazione studiata (non che ne avessi bisogno) e conferma puntuale, al centesimo, di quanto ho sempre sostenuto. Altro nodo che possiamo far venire al pettine in ogni momento, ma non so, oltre a me, a chi possa in effetti convenire, dato che nella commissione in cui ero assente sono stato oggetto di esplicite calunnie. Forse è il caso di chiuderla qui…
  • Oggi infine ho dimostrato che il parroco non è oggetto delle mie attenzioni e chi lo dice finge di non capire.

Per il resto, che sia una fortuna non avermi più come assessore ci può stare, ma non rileva.

L’importante è che fra 5 anni i piacentini si ritengano fortunati di chi ha preso il mio posto. Staremo a vedere.

dispacci resistenti, open consiglio, società
Fango in Giardino
Mi ero ripromesso di non rincorrere più, dopo l’ultima recente risposta, i polemisti di professione: in genere si parte sconfitti. Ma farsi diffamare senza saperne il motivo (o forse lo so fin troppo bene, ma preferisco continuare a non crederci) richiede un livello di pazienza che a me manca.
Incredibile seduta della Commissione 3 ieri pomeriggio a Piacenza. La presidente del Telefono Rosa (Centro antiviolenza femminile), avvocato Donatella Scardi, ha chiarito senza mezzi termini – anzi con parole chiarissime e inequivocabili – che il Centro stava per collassare a causa dell’ostilità dell’ex assessore al welfare Stefano Cugini. (…) Ha inoltre precisato che le recenti dichiarazioni dello stesso Cugini e della consigliera Piroli, secondo cui i contributi comunali a Telefono Rosa sarebbero stati decuplicati dalla precedente amministrazione, sono prive di fondamento. (…). Poi ci si chiede come mai il Pd abbia preso la batosta che ha preso alle ultime Comunali! Perché ha creduto di poter fare politica sulla pelle delle persone deboli e in difficoltà. (…) P.S. Ieri l’intrepido consigliere Cugini, membro della Commissione 3, ha scelto – forte delle sue decisioni passate e dei suoi profondi convincimenti – di non presentarsi e farsi sostituire dalla collega Piroli (…) Ci vuol coraggio
Sto vedendo di che pasta è fatto Cugini giorno dopo giorno, qua dentro”.

Queste sono le perle di quel leoncino da tastiera che risponde al nome di Michele Giardino, consigliere di Forza Italia. Affermazioni pesanti e senza stile, sulla falsariga dei post su Facebook che vi invito ad andare a leggere sul profilo di questo politico di spessore (qui sotto la foto del mio commento).

Protervia mista a ignoranza (in senso letterale), che sposa senza domande la ricostruzione a dir poco fantasiosa della presidente di Telefono Rosa, convinta che ripetendo il mantra all’infinito, la bugia diventi realtà.

Da troppo tempo si sta montando ad arte la polemica sui rapporti tra la passata amministrazione e l’associazione e, da quel che mi è dato leggere nei virgolettati della scorsa audizione di presidente e vice in commissione 3, disinformazione e calunnie stanno passando il segno.

Per questo motivo, per l’ultima volta, intervengo a beneficio di quei piacentini interessati a conoscere la verità e convinti che un briciolo di buona politica, fatta da persone per bene, possa ancora esistere, desistendo – senza più speranze, né interesse – dal proposito di convincere gli abbonati alla polemica, molti dei quali siedono tra i banchi del consiglio comunale.

Dai resoconti della stampa mi accorgo di essere stato processato in contumacia, con affermazioni che ledono la mia reputazione e infangano il ruolo di assessore che ho ricoperto con orgoglio e onore.

Mia la “colpa”, per motivi familiari, di non aver potuto presenziare ai lavori. A parecchi degli intervenuti invece, l’occasione di attaccare a testa bassa, svelando uno stile che ne qualifica lo spessore umano e politico.

Cugini voleva farci fuori,

detto dalla presidente Scardi è un’affermazione tanto grave quanto falsa.

A confutare una simile panzana basterebbe, al di là del “vergognoso balletto di cifre”, sul quale mi trova concorde, citare le sue stesse parole, laddove sostiene che dai 13.000€ l’anno fino al 2014 (attribuisco a un refuso del cronista l’aver scritto “al mese”, perché in caso contrario sarebbe una menzogna) starebbe ora ricevendone 5.000€ mese.

Posso capire che l’abitudine in troppi consolidata di amministrare o intendere il rapporto con il potere facendosi influenzare da amicizie, simpatie o antipatie personali renda impossibile capire o accettare l’azione di chi, al contrario, ha sempre ragionato con l’unico obiettivo del pubblico interesse e agito di conseguenza (a volte facendo bene, a volte sbagliando).

Ciò non di meno non posso permettere che i dati di fatto spariscano in una nebbia inestricabile di dichiarazioni di parte, giudizi sommari, strumentalizzazioni e imprecisioni di chi la racconta come vuole e di chi non studia a sufficienza per formarsi un giudizio autonomo e imparziale.

Rimettiamo in primo piano gli elementi essenziali, sin qui confusamente emersi: fino al 2014 il Centro Antiviolenza Telefono Rosa, comprensivo di una piccola casa rifugio di 5 posti (in locali di proprietà Asp) riceveva dal Comune di Piacenza – unico ente locale della provincia a destinare risorse – un contributo, appunto, di 13.000€ l’anno.

  • Nel 2015 lo Stato destina risorse per 109.000€, che per legge transitano alle Regioni e quindi ai Comuni, per lo sviluppo e il potenziamento dei centri antiviolenza. Volendo consolidare l’azione dei centri, l’Amministrazione Dosi punta a unire le forze, promuovendo e coordinando un protocollo provinciale con Piacenza, Fiorenzuola, Castel San Giovanni, ASP e Fondazione di Piacenza e Vigevano, veicolato nella sede più opportuna, vale a dire la conferenza territoriale sociale e sanitaria. Ne deriva la messa a disposizione di Telefono Rosa di una struttura arredata (nella disponibilità di Asp, in seguito a specifico e articolato accordo con la Fondazione) per la gestione di una nuova casa rifugio più grande, con possibilità di accoglienza che passa da 5 a 17 posti. All’associazione sono trasferiti 96.000€ del finanziamento, mentre la restante quota serve ad Asp per completare gli arredi e allestire la casa, che inizia la sua attività a settembre.

 

  • Nel 2016 lo Stato non sborsa neanche un euro, benché a Telefono Rosa il Comune di Piacenza scelga di garantirne, attraverso Asp, 86.000 (quando si sarebbe potuti tornare ai 13.000 pre-finanziamento). Nello stesso anno, Piacenza è capofila in un bando con Fiorenzuola e Castel San Giovanni per presentare il progetto “vita al centro”, elaborato da Telefono Rosa, poi finanziato con risorse aggiuntive per 115.000€. Si tratta di una copertura per il periodo marzo 2017 – marzo 2019, destinata a potenziare le attività ordinarie del centro e – regole di rendicontazione alla mano – alla copertura di spese imputabili alla sede.

 

  • Nel 2017 tornano i finanziamenti statali e regionali, ragion per cui a Telefono Rosa è confermata la copertura di 87.000€, che per fortuna non grava più in toto sulle casse comunali di Piacenza.

A chi discute poi animatamente il ruolo di Asp nella vicenda, devo ricordare la delibera dell’8 aprile 2015 sul riordino della gestione pubblica, in attuazione della L.R. 12/2013, (uno dei fattori chiave del potente percorso di risanamento compiuto poi nei mesi a venire) con cui il Consiglio comunale ha conferito proprio ad Asp, tra i vari servizi, le iniziative di contrasto alla violenza di genere: non il centro antiviolenza, come qualcuno, in deficit di studio, ha sostenuto a sproposito.

Nell’ambito di queste funzioni, Asp ha gestito il rapporto con Telefono Rosa, mettendo peraltro a disposizione le strutture gratis, fornendo supporto e anticipando risorse per cercare di ammortizzare l’andamento non prevedibile dei finanziamenti esterni.

Fatte queste precisazioni, è più che legittimo sostenere che tali cifre non siano ancora sufficienti. Sono certo che in questo senso la nuova amministrazione sarà molto più capace di noi di promuovere una responsabilizzazione complessiva con gli altri Comuni che porti a un impegno di risorse maggiore a prescindere dai finanziamenti nazionali e regionali.

Quando vedremo a bilancio i capitoli di spesa rimpinguati, saremo i primi a complimentarci.

Resta per ora la vergogna, termine abusato in questi giorni, di gettare fango a più riprese su un’amministrazione che ha operato per passare da un unico finanziamento di 13.000€ l’anno a una base di circa 87.000€ nel triennio 2015, 2016 e 2017, cui si aggiungono i 115.000€ di “vita al centro” e, non bastasse, la disponibilità di sedi arredate e senza oneri di locazione/manutenzione.

In molti adesso fanno gli splendidi, fingendo di non accorgersi che, nell’anno privo di finanziamenti esterni, è stato il Comune di Piacenza e solo il Comune di Piacenza a investire per dare continuità all’azione di Telefono Rosa, impegnando ben più dei canonici 13.000 € annui di cui oggi si rimpiange tanto la mancata erogazione, compresa nell’ammontare complessivo.

E’ stata cattiva gestione questa? Ciascuno può farsi un’opinione, sempre che riesca a diradare la nebbia sgradevole e ideologica che nasconde i fatti essenziali. Di sicuro sembra un ben strano modo di voler “far fuori” qualcuno!

Chiudo smentendo categoricamente quanto sostenuto dalla presidente Scardi in riferimento all’incontro del 7 luglio 2015 in Regione, secondo cui avrei detto “Se ci siete da 21 anni è ora di cambiare”.

Lascio alla presidente, che di professione è avvocato, il giudizio su come giuridicamente è definito il

recare offesa all’altrui reputazione comunicando a due o più persone, a voce o per iscritto, e fuori della presenza della persona offesa, oppure diffondendo, per mezzo della stampa, notizie di fatti che possano comunque ledere o diminuire la stima morale o intellettuale o professionale che la persona gode nell’ambiente in cui vive”.

Posto che l’incontro in Regione l’ho chiesto io, mai mi sono sognato, in relazione ai rapporti tra Comune e Centro antiviolenza, di dire una cosa simile. Ho più di un testimone a mio supporto.

Altra cosa è invece un concetto di valenza generale, attinente le dinamiche stesse delle associazioni di volontariato, che ho sì espresso più volte (non ricordo se anche in quella sede) e che ribadisco senza problemi: quando i gruppi dirigenti restano immutati per troppi anni, qualcosa non va in termini di contendibilità delle cariche e democrazia interna.

Perpetuare le solite guide finisce per compromettere il carico di entusiasmo, nuovi modi di pensare, freschezza che solo un adeguato ricambio generazionale può garantire.

Il volontariato è il mio mondo di riferimento, lo conosco bene e mi sento libero di esprimere giudizi. Se per qualcuno questa libertà di pensiero è un reato di lesa maestà, me ne farò una ragione con poco, pochissimo sforzo.