"Siamo di fronte a una proposta retriva, patriarcale e svilente per il ruolo della parte debole nelle separazioni, oltreché penalizzante per i figli, intesi come pacchi postali al centro della scena. L'unica casacca che conta, in certe cause, è quella della piazza. Serve mobilitarsi.”
| Il turbo conservatore
La mente del Family Day, già a Piacenza per il convegno "Cannabis, erba della morte", uno rispetto al quale Savonarola sembra un fricchettone stile Woodstock, propone di rivedere le norme sulle separazioni da par suo.
Simone Pillon, senatore, quello che «esiste una lobby gay che punta al reclutamento omosessuale» e «impediremo alle donne di abortire». Proprio lui.
Ecco, il decreto Pillon, nonostante le premesse di cui sopra che farebbero pensare a una personcina a modo e ponderata, é una pessima proposta, oscurantista, costosa e aberrante nei confronti della famiglia che vorrebbe invece tutelare.
Si tratta di un disincentivo al divorzio basato però sul rendere lo stesso diseconomico e tremendamente penalizzante per la parte debole.
I costi legali e di mediazione (che diventa obbligatoria, pure in presenza di separazione consensuale e accordo sulla gestione dei figli) esploderanno e, aspetto terribile, i figli diventeranno al tempo stesso oggetti di una trattativa imposta dall’alto e vittime di un sistema che non si preoccupa più di garantire loro la tutela di una stabilità di base in termini di condizioni di vita, rete di relazioni, affettività ma che fa anzi leva sul creare il genitore di serie A e quello di serie B.
Occorre mobilitarsi, perché qui non c’entrano le frizioni tra i partiti, ma la difesa di un impianto legislativo che si può e si deve migliorare ma sarebbe un delitto smontare.
Qui si convien lasciare ogne sospetto; ogne viltà convien che qui sia morta.- Dante Alighieri, Inferno, canto III
Giornata passata in Regione per questioni davvero importanti, tra cui – manco a dirlo – quella dei profughi, in generale, e dei minori stranieri non accompagnati, in particolare. Prima in Cabina di Regia con la vicepresidente Elisabetta Gualmini e poi in Anci, si è finalmente condivisa una presa di posizione comune, concretizzata in una lettera a più firme da indirizzare al Viminale, ai prefetti dell’Emilia Romagna e al Tribunale dei minori.
Sul tema #msna, oltre ai nuovi arrivi dell’Albania, che dimostrano la strafottenza di uno Stato nei nostri confronti, qualcosa sembra muoversi sul piano della consapevolezza e – soprattutto – del coraggio istituzionale. Nonostante il mancato sostegno della Regione al mio “blitz” al consolato albanese di Milano, il dialogo fitto tra territori é proseguito senza sosta.
Voglio pensare che questo appello, dal grande significato politico, sia figlio anche di quel gesto eclatante. Noi non ci fermiamo di sicuro…
Il succo della questione? Nè più né meno di quello che vado dicendo da tempo: non ce la facciamo più. La bomba a orologeria su msna è pronta ad esplodere, tanto più che a quelli che si rivolgono direttamente alle prefetture e ai servizi sociali, presto si aggiungeranno quelli ripartiti dai vari centri di accoglienza, ormai ingolfati.
E’ ora che la politica faccia davvero la sua parte, senza tentennamenti e altre valutazioni che non siano quelle di togliere gli enti locali da questa china pericolosissima per i bilanci e la tenuta sociale.
Da questo punto di vista è essenziale la collaborazione tra istituzioni, questure in primis, che devono intensificare – come bene ha fatto quella di Forlì – le attività investigative. Limitarsi a comunicare ai servizi sociali l’arrivo e la consegna dei ragazzi non è mai stata e ora non può più essere la corretta interpretazione dei propri doveri e del rispetto verso gli altri interlocutori del territorio.
Non dobbiamo rendere meno attrattivo il nostro #welfare, ma aggiornare la legge e perseguire chi prova ad aggirarla.
Adesso i riflettori della stampa regionale e nazionale sono accesi. Il mio obiettivo era questo. Facciamo tutti in modo che non si spengano fino a che non si sarà trovata la soluzione al problema.
In molti ieri mi hanno chiesto come mi sono sentito dopo l’uscita dei primi titoli sulla neanche troppo velata presa di distanza della Regione Emilia Romagna rispetto ai miei blitz al Consolato albanese.
Che dire. Nella sostanza, non è che potessi aspettarmi qualcosa di diverso. Come avrebbe potuto la vice presidente prendere le parti di un amministratore disposto a superare il confine di ciò che è oggi (ingiustamente) sancito dalla legge? Si è scelta la linea istituzionale, tra l’altro per rispondere a un’interrogazione formale. Niente di più appropriato.
Poi c’è la forma, e qui la questione cambia. Pur tra dovute precisazioni, un supplemento di coraggio retorico non avrebbe guastato a mio parere, per vicinanza umana e solidarietà di parte.
La frase dell’avallo era davvero necessaria o poteva restare implicita? Quando il gioco si fa duro, quanto contenuto politico è bene dare a una risposta di questo genere, in cui senza dubbio restare sul piano squisitamente tecnico è molto più comodo? Mi sembra ovvio che qui la mia visione è lontana da quella di Viale Aldo Moro.
Come mi sento adesso?
Solo, se guardo alla politica, dove l’unica persona a prendere le mie difese senza se e senza ma, col giusto piglio – nella forma e nella sostanza – è stato il mio Sindaco. Per il resto, molto pudore, ai limiti della titubanza. Equilibrismi stucchevoli e tanto silenzio. Oltre ai soliti commenti della destra piacentina, quella più esperta, che conta ormai decenni di pratica e attività: aria fritta, rincorsa all’altrui impegno per esercizio di critica fine a se stesso.
Per fortuna sento vicina, molto vicina, la gente comune, i molti cittadini che in questi giorni mi fermano per strada, mi scrivono messaggi e mi telefonano. Nel bene e nel male, l’opinione pubblica sa essere più diretta e più coraggiosa di tanti rappresentanti dalla pancia piena o dalle ambizioni forti. La gente oggi apprezza chi sta scomodo e un motivo ci sarà pure.
Non sono un martire e non sono stupido. So molto bene che queste forme di “pensiero (e azione) laterale” creano mal di pancia e altrettanta diffidenza. Per varie ragioni.
Ma non rinnego niente di quanto fatto. Nemmeno la modalità che ho scelto. E non ho alcuna intenzione di fermarmi.
Il problema è noto a tutti, le strade da percorrere, pure. Le soluzioni si conoscono. Serve volontà e rapidità. Chi oggi continua con la tattica, chi propone tavoli di confronto a oltranza, chi mi vorrebbe più allineato, pensi per un attimo – per favore – ai ragazzi abbandonati, prima dai loro genitori e poi dal loro Stato.
Pensi agli operatori dei servizi sociali, quelli senza voce e senza risorse, con carichi di competenza e volontà da far impallidire la gran parte dei politici a cui devono invece dire “obbedisco”. Si soffermi un attimo a cogliere nel profondo le loro difficoltà di tutti i giorni.
Li accompagni in piena notte a ritirare giovani quasi adulti lasciati come pacchi agli oggetti smarriti. Valuti l’abisso che c’è tra questa trincea, fatta di immediatezza e urgenza, e le sedi patinate, comode e scarsamente efficaci in cui ci ritroviamo a “cercare soluzioni”, dandoci – noi politici – tutto il tempo e la calma che ai tecnici sul campo non è concessa.
Pensino, lor signori, a tutte queste cose e forse proveranno quel briciolo di vergogna che ho provato io.
Resto dell’idea che la politica deve essere operaia, fatta di esempio e sacrificio. Senza il primo non c’è credibilità. Senza il secondo manca la spinta al miglioramento.
Dopo la prima puntata al Consolato albanese, il 29 agosto, come promesso mi sono ripresentato in via Pirelli a Milano, questa volta con 6 ragazzi. Dall’ultimo passaggio, altri cinque minori si sono presentati ai servizi sociali di Piacenza, a dimostrazione che l’allarme lanciato dal 2014 a oggi è terribilmente serio.
Qui si tratta di difendere con le unghie e con i denti il diritto ad accogliere con dignità, efficacia ed efficienza chi ha davvero bisogno.
C’é in gioco l’utilizzo corretto di risorse pubbliche, soldi da impegnare al meglio. É una battaglia etica, perché chi china la testa di fronte a cose ingiuste – in questo caso una legge – si rende colpevole.
Lo faccio anche per me, che so fare politica solo a schiena dritta. Desistere di fronte al muro di gomma in cui mi sono imbattuto sarebbe uno stress insopportabile.
Poi si può vincere o perdere. Quello é secondario. Conta invece il modo in cui giochi la partita.
Bene, per correttezza istituzionale ho anticipato la mia visita con una lettera ufficiale, a cui non è seguita risposta alcuna. D’altronde nemmeno in precedenza i diplomatici di Tirana si sono degnati di un riscontro, il che dimostra quanto interesse ripongono sul tema.
In compenso, sono stati assolutamente disponibili a lasciarmi in corridoio sette ore, prima di chiamare volanti della Polizia e Digos per riconsegnarmi passaporti e ragazzi, loro connazionali abbandonati dai genitori e dal loro Stato.
Ho bisogno di aiuto, di sentire vicino tanta gente che la pensa così. La stampa mi sta aiutando molto, sia quella locale – Libertà mi ha seguito e ha dato grande visibilità a questa giusta battaglia – sia quella nazionale, con Repubblica pronta a inserire la perseveranza di Piacenza tra le sue pagine principali.
Pure Radio Rai, con la trasmissione “restate scomodi“, ha voluto mettere l’accento sul caso (la mia intervista va dal minuto 00:19:19 al minuto 00:28:34).
E anche online, zerocinque23.com, non ha mancato di dimostrarsi sul pezzo.
Il primo risultato, altra prova di un traffico poco chiaro, è che a stretto giro qualche parente è saltato fuori. Piccola ma importantissima soddisfazione, non fosse che per due ragazzi collocati, un altro – sempre albanese – ci è stato consegnato dalla Questura per l’immediata presa in carico.
Purtroppo, già dalla patinata riunione in Prefettura a Bologna, successiva al blitz milanese, è emerso chiaro come la politica che “può risolvere” per il momento si accontenti di parlare per “cercare” soluzioni.
Ho bisogno che il nostro grido diventi assordante. Sui social in tanti mi hanno dimostrato solidarietà. Non dobbiamo abbassare la guardia, altrimenti tutto questo impegno sarà stato inutile.
Comunque sia, sto già studiando le prossime mosse: restate sintonizzati!
La politica non si salva con le frasi a effetto, ma con il cuore e la passione di chi sente il privilegio, nei diversi ruoli, di rappresentare una comunità intera. Con la disponibilità di chi coglie il dovere di creare condizioni e occasioni per gli adulti del futuro. Con serietà, piedi per terra e coscienza di cosa vuol dire essere “cittadino”. Chi ama la politica cerca le persone, non le categorie. Chi ama la politica, prova a unire.- Stefano Cugini
Regionale per Milano delle 7:55. Un carro merci, lento e caldo. Come promesso ho organizzato una “gita” al Consolato albanese, con tanto di minore al seguito. Non sono atteso, nessuno ha risposto alla mia lettera di venerdì scorso. Ovviamente la cosa non è bastata a farmi desistere.
Il quadro che mi ero prefigurato prevedeva una mia richiesta di colloquio con il Console, a cui sarebbe seguita in tutta risposta l’impossibilità di ricevermi; nuovo appello per parlare con il secondo funzionario più alto in grado e probabile muro di incomprensibilità/incomunicabilità burocratica/dipolomatica. Da li in poi avrei recitato a soggetto.
Niente di tutto questo: benché non attesi, siamo ricevuti in un tempo sufficientemente breve per non svenire dalla calura di un appartamento stipato di gente come neanche qualche gestore con i profughi, con una temperatura da fusione dei lobi delle orecchie.
La Console è cordiale e ascolta molto attenta. Interrompe, chiede di capire meglio i passaggi che le sfuggono, prende nota. Io intanto mi sforzo di parlare italiano il più lentamente possibile perché non sfugga niente dei concetti che intendo esprimere.
Dopo un’introduzione sui numeri dell’accoglienza a Piacenza, sui continui arrivi, sulle percentuali assolutamente sparametrate di MSNA (minori stranieri non accompagnati) albanesi rispetto al totale, arrivo al sodo, riassumento questi pochi principi:
per noi l’accoglienza di un minore è un dovere, oltre che legale, morale. Per questo, da amministratore, sono orgoglioso della professionalità dei miei collaboratori e non intendo fare come altre città (ho portato prove documentali) che affidano i minori a se stessi, nè suggerire al mio servizio di attuare condotte meno opportune per disincentivare gli arrivi.
perché i principi di equità sociale e solidarietà umana stiano insieme, devo essere messo nelle condizioni di tutelare davvero la minore età dei ragazzi, altrimenti diventa un’istigazione a delinquere istituzionale, oltre che nei confronti dei minori stessi che, se abbandonati, qualche espediente per tirare avanti devono pur trovarlo.
considerata la frequenza degli arrivi i presupposti di cui sopra non ci sono, motivo per cui, dato che per senso dello Stato ed etica personale tendo a rispettare le leggi ma appurato che di fatto sono costretto a violarle, tra abbandonare un minore albanese per strada o abbandonarlo sul suo suolo patrio (come è a tutti gli effetti il Consolato), sceglierò sempre e comunque la seconda opzione.
ho bisogno di un canale diretto con la sede diplomatica per avvisare di ogni arrivo e un impegno affinché sia trasmessa al Ministero competente in Albania, ogni volta, veloce richiesta di autorizzazione al rimpatrio.
La Console ha parlato con il ragazzo, che le ha spiegato il viaggio in Italia alla ricerca di una vita migliore (!). Per quanto mi riguarda, le ho detto che ora, per come sono messi i servizi, io posso solo peggiorare la sua situazione.
Alla fine mi ha chiesto una settimana, impegnandosi a trasmettere entro oggi richiesta al Ministero per il rimpatrio del giovane. Per il resto si è detta disponibile a creare il canale di cui al punto 4.
Me ne sono andato ammonendola del fatto che, nulla ricevendo ne prossimi giorni, entro i primi di settembre tornerò al Consolato per consegnare il passaporto e il ragazzo.
Mi ha detto, testuali parole, “ho capito, è stato chiaro“. Resto pieno di perplessità ma quantomeno abbiamo fatto da apripista. Dubito che finisca qui, ma per ora – come nella sigla di Star Trek:
“siamo arrivati là dove nessun uomo è mai giunto prima”.
Non é tempo per gli infallibili e per quelli che “la colpa é sempre di qualcun altro”. I miei supereroi sono gli onesti operai con le borse sotto agli occhi per la fatica quotidiana e il sorriso pronto di chi ha sogni da inseguire e condividere.- Stefano Cugini
Non è possibile continuare. Quando la legge è sbagliata, chi non vuol comunque violarla deve trovare strade alternative. Per quanto dirompenti. Si tratta di dovere civico, oltre che di principio etico.
Oggi il collasso è compiuto (vedi situazione e numeri in città). Ciò nonostante, ci è imposta l’accoglienza sotto la minaccia di denunce penali. Se i miei collaboratori, professionisti esemplari e con decenni di esperienza sono al panico da arrivo, significa che così non può continuare.
Una legge assurda prevede che la Questura consegni tassativamente al Comune ogni minore non accompagnato che le si presenta. Indipendentemente dalla nostra capacità ricettiva.
“Non hai più posti? Non è un mio problema”.
E il paradosso è che le Questure, così dicendo, stanno eseguendo solo quanto disposto dalla legge.
Basta! I Comuni non possono restare sempre, per tutto, con il cerino in mano. Subiamo un flusso anomalo di ragazzi, soprattutto albanesi ed egiziani, quasi sempre prossimi alla maggiore età, spesso problematici e violenti.
Ora è arrivato il momento di sollevare il sacrosanto clamore su una situazione che fa acqua da tutte le parti. Siamo in un contesto normativo ipocrita dietro il quale tutti i livelli istituzionali si fanno scudo fino all’ultimo anello, il Comune, che non ha altri a cui lasciare la palla avvelenata.
Che in ambito istituzionale mi si “suggerisca” di far sentire meno a proprio agio i ragazzi, così se ne vanno per conto loro e passano la voce, è offensivo per il lavoro dei miei operatori, oltre che del senso stesso di servizio allo Stato e alla comunità.
Quello degli albanesi deve essere un capitolo a parte nel grande libro dei MSNA: parliamo di giovani provenienti da un Paese che non è in guerra e spesso da territori che non sono in condizioni di povertà.
Sono gli stessi familiari ad accompagnarli in Italia e poi a ripartire. Succede allora che, per la legge, se i servizi sociali non li prendono in carico, il Sindaco va incontro a una denuncia per abbandono di minore, mentre i genitori, quando i figli hanno superato il 14mo anno di età, pare non siano perseguibili per lo stesso reato.
Dalla politica tante, tantissime parole, ma finora scarsi risultati.
Voglio poter consegnare questi ragazzi alla loro ambasciata, perché, come “ruota degli esposti”, è meglio quella che la sede dei servizi sociali di un qualunque comune italiano.
Ambisco ad accordi internazionali, in cui uno Stato sovrano abbia l’obbligo di svolgere velocemente le indagini per fare un quadro della situazione di un ragazzo suo connazionale e predisporre il rimpatrio, nel preminente interesse del minore.
Chiedo procedure di rimpatrio assistito efficienti ed efficaci, soprattutto rapide. Oggi lo strumento ha la stessa utilità di un dagherrotipo nell’era della fotografia digitale! La mia legge deve mettermi in condizioni di organizzare il rientro dei ragazzi albanesi che si presentano alla porta del mio assessorato (tranne ovviamente i casi in cui il bisogno di cura è palese).
Mi aspetto dagli accordi di cui sopra che, in attesa del rimpatrio assistito, sia lo Stato di provenienza del minore a stipulare convenzioni con gli Enti locali e con le Prefetture per l’allestimento di strutture di accoglienza, contribuendo ai costi di sostegno e mantenimento dei servizi.
Invoco genitori rintracciabili e imputabili per aver abbandonato i loro figli.
Imploro più controlli alle frontiere aeree e marittime.
Reclamo una legge che permetta una distribuzione territoriale, poiché oggi sono troppo penalizzati i Comuni capoluogo come Piacenza, sede di Questura (dove si presentano) e snodo ferroviario (dove arrivano).
Supplico più collaborazione tra istituzioni per smascherare la rete che sta dietro a questi arrivi programmati.
Se un amministratore di provincia è lasciato solo dai livelli superiori di governo, sarà un’impresa per lui non far sentire i propri cittadini abbandonati dalla politica. Io non mi rassegno a questa idea e siccome voglio sentirmi orgoglioso del mio Stato, mi metto a urlare più forte.
Ho provato tutte le strade ma senza risultato. Ora scrivo io al Console e vediamo se e cosa risponde.
Oggi intanto dobbiamo andare a ritirare in Questura l’ennesimo ragazzo.
Finché non arriverà qualche risposta, fino a quando qualcuno non sarà veramente disposto ad ascoltare l’appello di un amministratore di trincea ritengo indispensabile un’azione forte di protesta.
Lo ribadisco. Ho deciso di non fermarmi. Lo faccio per i ragazzi, quelli davvero fragili, che hanno bisogno di un sistema accogliente, dotato di risorse e strutture per tutelare la loro minore età. Lo faccio per il personale dei servizi sociali, che da me si aspetta decisioni e risposte, non solo disposizioni. Lo faccio per tutti i colleghi amministratori stanchi di troppe parole, soluzioni solo prospettate e strategie politiche con il passo “della mula vecchia“.
Ci spaventano le cose che non conosciamo, ma a volte è meglio conoscere una cosa per provarne una sana e consapevole paura.- Stefano Cugini
#Piacenza, dai dati che la Regione Emilia Romagna sta divulgando, è il territorio con il più alto tasso di presa in carico di #minori in condizione di disagio, 3.750 nella sola città, nel 2015.
Quando diciamo di non lasciare indietro chi ha più bisogno, siamo tremendamente seri.
Infanzia e adolescenza sono fasi della vita cruciali.
Non solo è un dovere di legge occuparsi della minore età. La nostra è una visione proiettata a difendere il futuro, perché, tra mille difficoltà e continui attacchi, proviamo a non fare dei ragazzi fragili di oggi gli adulti emarginati di domani.
La politica è fatta dalle persone e nessuno ha primogeniture ed esclusive. Solo insieme si cresce. Se c’è onestà intellettuale e vero amore per la causa del bene comune, le diverse appartenenze sono contenitori che indicano vie possibili, non compartimenti stagni che creano realtà parallele.- Stefano Cugini
Stamattina in Prefettura a Bologna importante riunione con Mario Morcone, Capo del Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione presso il Ministero dell’Interno.
Un grazie sentito alla Vice Presidente della Regione Emilia Romagna, Elisabetta Gualmini, che ha fatto tesoro anche della richiesta avanzata nella mia lettera di qualche tempo fa e organizzato questo appuntamento.
Davvero ne sono uscito con l’impressione che stavolta il tema sia stato compreso, il gioco di squadra sdoganato e la volontà di non lasciare più gli enti locali con il cerino in mano, bene espressa.
Noi non abbassiamo la guardia sul tema minori stranieri non accompagnati, prima di tutto perchè sono i numeri ad imporlo, secondo perchè è un argomento sotto la lente dei cittadini e della politica per ciò che riguarda i costi di gestione.
Quando il minore è un “ospite inatteso” il problema è serio, perchè la legge impone all’ente locale di farsene carico completamente come fosse il genitore. La gran parte di loro arriva con il sogno di un riscatto sociale, altri invece sono tristemente pilotati da figure irresponsabili che lucrano sulla loro pelle. I minori vengono ospitati in strutture a bassa soglia quando sono prossimi al compimento del 17esimo anno, o in strutture protette.
fonte: Zerocinque23.com
Stante la situazione e dopo i vari appelli, spero di vedere un po’ di luce in fondo al tunnel. A questo proposito, il fatto che anche laparlamentareSandra Zampasia intervenuta citandomi, mi conforta non poco. Vedremo gli sviluppi…
Noi dobbiamo essere quelli che girano tra la gente, tendono le mani, lanciano messaggi, mostrano volti, propongono esempi. Partigiani dell’azione civile in un mondo con poca memoria, che prova ostinato a ripetere errori passati. ”Mai piú” o si costruisce giorno per giorno, o resta uno slogan che sa di muffa e ipocrisia.- Stefano Cugini
Trasporto pubblico locale: anche questo è #welfare. Dobbiamo includere, non retrocedere. Abbiamo il dovere di unire, non contrapporre.
Sui trasporti nel 2016 abbiamo ottenuto molto per Piacenza, per i più deboli e per chi ha grandi carichi di cura in famiglia.
È enorme lo sforzo che stiamo mettendo nel fare del welfare di comunità un concetto pregnante di tutti gli ambiti d’intervento dell’amministrazione.
Fatto l’ordinario, bisogna puntare allo straordinario. All’inizio si tratta di visioni, ma niente impedisce che possano diventare realtà.