PROFUGHI. Lo sai che battaglia ha fatto la tua città prima di cominciare a “ballare da sola”?
Il primo dicembre avevo esultato su Facebook per la presa di posizione di Francesco Rolleri, Presidente della Provincia:
Finalmente! Bravo Francesco Rolleri. Era ora che la Provincia ascoltasse la voce dei Comuni. Quando ho preparato il file xls con la distribuzione per distretti (quello erroneamente definito come “piano regionale”) e, attraverso la Prefettura, si è cercato di condividerlo con il territorio, Piacenza è stata lasciata sola a predicare nel deserto.
Era fondamentale trovarci con la regia della Provincia: a #piacenza si dice: “a es trop bon a s’e cuion“. Francamente, con gli sforzi che stiamo facendo, non vorrei finire anche protagonista di questo elegante adagio.
Io continuo a nutrire ottimismo nei colleghi amministratori e confido almeno nel senso di responsabilità istituzionale che da sempre contraddistingue, a livello locale, il centro sinistra.
Ma è ora di ribadire con forza le posizioni, senza fronzoli.
Ai copywriter della destra, troppo concentrati sugli slogan, ho ricordato che a non gestire insieme la questione si finisce per avere le assegnazioni d’ufficio della Prefettura, i cui numeri sono sempre molto più alti di quelli spettanti a ogni singolo comune da un’equa distribuzione distrettuale.
Il 3 dicembre pareva finalmente essersi aperto un canale di dialogo fra Amministratori. Pur nella diversità, direi antropologica, di opinioni, si erano gettate le basi per un protocollo condiviso.
Buone basi, da affinare in settimana con la speranza di un testo ufficiale licenziato nella nuova assemblea del 10 dicembre.
Dovevo cogliere i segnali, quelli del: «noi non possiamo aprirci ad alcun dialogo», .
Ecco, il 10 dicembre, il fallimento di ogni tentativo di Francesco Rolleri di costruire un fronte comune. Un secco “no” di moltissimi sindaci a un protocollo condiviso da sottoporre alla Prefettura. Rammarico. Nient’altro.
Ma non mi rassegno a soccombere al populismo. A fronte della presa di coscienza di un problema che non è più solo emergenziale, la scelta di molti sindaci di centro destra è stata quella del disimpegno.
Io penso che un amministratore debba spiegare alla sua gente cosa è meglio, per quanto impopolare possa essere. In tema #profughi, non c’è dubbio che gestire la questione sia meglio che non demandare ad altri le scelte. Dicendo NO alla bozza di protocollo questi sindaci lasciano i loro territori in balia di decisioni che pioveranno dall’alto. Hai voglia poi a lamentarti per qualche bel titolo sul giornale.
Ho fatto presente che nella logica del riparto % sulla popolazione, anche nei confronti della Regione la nostra provincia è a credito, motivo per cui, tutti uniti e forti di un protocollo condiviso, avremmo potuto fare le nostre sacrosante rimostranze per il riequilibrio. Niente. Non c’è stato verso, nonostante i tentativi in tal senso di sindaci come Raffaele Veneziani e Roberto Pasquali.
“Domani andrò in Prefettura e chiederò che i cento profughi in più nella nostra città vengano distribuiti con la forza tra i comuni”.
A mandarmi su tutte le furie le parole del Sindaco di San Giorgio (“Piacenza ha perso il controllo e riversa il problema sui sindaci della provincia“).
Questa frase è la rappresentazione plastica del perché non è possibile accogliere l’invito del sindaco di Rottofreno a “non insistere con la Prefettura”.
Il problema è che, per qualche primo cittadino di buonsenso, ce ne sono ancora troppi che non smettono di fare politica (con la “p” rigorosamente minuscola). E allora, furbescamente, c’è chi si domanda “di chi è la colpa dell’eccessivo numero di profughi a Piacenza”.
Dato che ormai lo spirito della campagna elettorale permanente prevale su tutto, ogni occasione per attaccare l’avversario politico è buona. E sia. Se la responsabilità amministrativa diventa una colpa, se la solidarietà tra territori viene ora passata per debolezza, Piacenza da oggi “balla da sola”.
Tanto, all’atto pratico, è già così. Noi non abbiamo chiesto assegnazioni. Abbiamo, questo si, fatto l’errore di credere nell’esistenza di una rete provinciale: perciò, soprattutto con i primi arrivi e preavvisi minimi rispetto alle assegnazioni, ci è parso logico interpretare il ruolo di iniziale “collettore”, stante il fatto che i comuni più piccoli avrebbero avuto più difficoltà del capoluogo e bisogno di più tempo per organizzarsi. In seguito, nonostante il nostro costante supporto e le sollecitazioni alla Prefettura per la naturale ridistribuzione, più o meno tutti hanno fatto orecchie da mercanti e ora, molti, vogliono addirittura farci passare per inetti. Come ho già detto, i piacentini possono stare tranquilli.
Speravamo si potesse gestire la cosa in modo diverso, ma il nostro spirito di adattamento è grande. I canali di aiuto previsti dalla legge sono molteplici e noi li utilizziamo tutti: per i piacentini, così come per gli altri. Non possiamo continuamente rincorrere sugli organi di informazione chi si ostina a estrapolare dettagli da un sistema complesso per imbastire polemiche strumentali.
Quindi, stante così le cose, “tana libera tutti“. Noi diciamo “basta” e d’ora in avantii il solo obiettivo che perseguiremo sarà quello di dirottare i numerici in eccesso sugli altri territori.
Il nostro confronto con la Prefettura d’ora in poi si baserà su questo mantra.
Se manca la solidarietà tra amministrazioni, non ha più senso fare sforzi e spiegare ai tuoi cittadini perché li stai facendo.
Noi continuiamo a considerare un valore la solidarietà umana, che però, non mi stancherò mai di ripeterlo, deve essere accompagnata da equità sociale e dal rispetto della dignità delle persone.
Quando questi due principi sono a rischio e non hai una rete istituzionale (tra i Comuni) a supporto, il gioco non vale più la candela e allora ognuno pensa per sé.
A oggi non sussistono i presupposti nemmeno per la nostra presenza ad altri eventuali incontri.
Il futuro è un libro ancora da scrivere.
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