PROFUGHI. Per Dublino siamo figli di un Dio minore
Se un risultato arriva senza fatica, é più frutto di fortuna che merito. La fortuna va bene ma non educa. Il merito richiede sforzi ma ricambia in consapevolezza e soddisfazione.- Stefano Cugini

aylanEmergenza profughi. Ma quale emergenza?

Il problema vero è che il Regolamento Dublino III e tutte le principali norme del Sistema europeo comune di asilo presentano ancora gravi lacune da sanare.

L’Italia, e in generale tutti i paesi dell’area mediterranea ne escono chiaramente come i figli di un Dio minore, la cui forza contrattuale ai tavoli delle trattative europee appare risibile.

Il Regolamento Dublino stabilisce il principio secondo il quale ogni domanda d’asilo presentata nell’Unione dev’essere esaminata da uno Stato membro e fissa i criteri per determinare qual è lo Stato responsabile per ogni domanda d’asilo.

Il problema è che, incurante del libero arbitrio dei richiedenti – molti migranti hanno infatti parenti o comunità del loro Paese d’origine in altri Stati europei diversi dall’Italia e desiderano raggiungerlistabilisce che la competenza per l’esame di una domanda di protezione internazionale ricade in primis sullo Stato che ha svolto il maggior ruolo in relazione all’ingresso e al soggiorno del richiedente nel territorio degli Stati membri, salvo eccezioni (COM 2008/820, 03.12.2008, pag. 3)

Ora, è urgente, se non vogliamo prenderci in giro, muoverci sull’UE per centrare questi obiettivi:

  1. promuovere un’armonizzazione molto più spinta delle pratiche d’asilo e l’introduzione di meccanismi efficienti di solidarietà – non solo finanziaria, come condizione necessaria alla sostenibilità di qualsiasi strumento di distribuzione delle responsabilità; il sistema di Dublino pone un problema di solidarietà ed equità fra gli Stati membri: per come sono formulati i criteri di responsabilità, il Regolamento tende a “ridistribuire” i richiedenti verso gli Stati meridionali ed orientali, che sono più esposti ai flussi migratori e al contempo hanno meno risorse. L’effetto può aggravare situazioni già al limite, con ripercussioni serie sulla qualità della protezione offerta ai richiedenti e sulla stessa coesione sociale interna a quegli Stati. Occorre valorizzare la capacità di intervento dei Paesi dell’area mediterranea in quanto punti di prima accoglienza.
  2. sollecitare una normativa europea che traguardi le lacune persistenti nel Regolamento Dublino III per quanto attiene ai criteri di determinazione dello Stato responsabile e sancisca la possibilità di soggiornare su tutto il territorio UE con un titolo rilasciato da un Paese membro per motivi umanitari, perlomeno fino alla sua scadenza, ovvero lasciar cadere i criteri – la cui applicazione è inefficiente, costosa e lunga – e stabilire che lo Stato responsabile è quello in cui la domanda è presentata (salvi alcuni criteri correttivi – attivabili su richiesta del richiedente asilo –  fondati su legami reali fra il richiedente ed uno Stato membro, es. criteri familiari). Poiché infatti, allo stato attuale, chi ottiene la protezione internazionale non ha poi la possibilità di lavorare regolarmente in un altro Stato UE, salvo eccezioni, lo Stato che viene individuato dal sistema Dublino come competente ad esaminare la domanda sarà poi anche lo Stato in cui l’interessato dovrà rimanere una volta ottenuta la protezione. Ciò non tiene conto né delle aspirazioni dei singoli (o dei loro legami familiari o culturali con alcuni Paesi) né delle concrete prospettive di trovare un’occupazione nei diversi Paesi europei.
  3. prevedere l’eventuale convertibilità dei titoli a crisi umanitaria risolta o alla scadenza naturale degli stessi per la possibile concessione di un periodo di tempo da configurarsi come “attesa lavoro”.

Il resto è il solito giocare a rimpiattino.

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