CRONACA. Il dibattito tra partiti? Uno schifo
É una mia fissa quella di aspettarmi una certa qualità in politica. Cinque anni fa ho provato per la prima volta quest’esperienza perché convinto di avere qualcosa di mio da aggiungere alla generale voglia di cambiamento.
Ci si impegna per migliorare il mondo, in fondo: poco o tanto, quel che conta è mettercela tutta. Leggo il polverone scatenato a Roma dal compenso che la Sindaca Cinque Stelle ha concesso al suo nuovo capo di gabinetto e penso a quanta strada ci sia ancora da fare.
Non intendo entrare nel merito della somma in sé, da sempre convinto che la professionalità deve essere retribuita il giusto. Trovo urticante la morale di quelli che sanno parlare solo di indistinti tagli di stipendi e indennità, qualunquisti che farebbero le fortune di mediocri e riciclati, ovvero delle uniche categorie infine disposte a ricoprire a prezzi di saldo incarichi di responsabilità.
Rilevo solo che il premio alla competenza dovrebbe valere sempre. Invece, finché ci saranno metalmeccanici, impiegati, neolaureati precari e compagnia bella a far fatica a mettere insieme il pranzo con la cena, per non parlar di mutui prima casa, tutte queste iper premure verso manager e mega consulenti danno fastidio come la sabbia nel costume da bagno.
É questione di misura, di un rapporto che dovrebbe legare il minimo di chi ha meno con il massimo di chi ha di più. Divagazioni a parte, a mortificarmi è ancora una volta la figuraccia che ci fa la politica, ormai incapace di trattare un tema senza buttarla in rissa.
C’è n’è per tutti. Di nuovo zero rispetto per l’opinione pubblica, stiracchiata di volta in volta a fare il tifo da stadio per questo o quel contendente, allevata in cattività per accogliere solo verità di parte e ostilità per ciò che è altro.
Così i Cinque Stelle, dove tocca a loro, scoprono che amministrare le complessità è esercizio che poco si addice all’indole manichea e che tante dita puntate erano male indirizzate, dovendo fare ora né più né meno di chi li ha preceduti. Appurare che non tutti gli amministratori con idee diverse sono cialtroni corrotti e compiacenti dovrebbe essere motivo di soddisfazione, potrebbe servire a rasserenare un po’ gli animi e ridurre la schiuma alla bocca. In fondo, leggendola da grillino che non sono, significa che non è proprio tutto da buttare, che si può riformare anche senza tsunami.
E invece no. Alle critiche si oppone un vittimismo isterico, agli attacchi si risponde alzando ancora più il tiro. Il destinatario é sempre il popolo, da aizzare in nome del benaltrismo e della lesa maestà ai nuovi salvatori.
Sulla vicenda Raineri la contro accusa a chi la mena con il maxi stipendio, che ordirebbe addirittura un “editto contro tutta la magistratura” è una capriola retorica mal riuscita, un depistaggio insensato. Peccato, la pretesa infallibilità sa di artificiale, fa tanto ipocriti.
D’altro canto, il Partito Democratico, scimmiottando lo stesso modo di fare che biasima, se l’é cercata. Un po’ di buon gusto non farebbe male. Abbiamo ereditato una Capitale al collasso dalla gestione Alemanno (che, fortuna sua, sembra invece uscito dai radar dei commenti) e non abbiamo avuto/non ci siamo dati il tempo per raddrizzare la barca come avevamo promesso, facendo anzi di tutto per esasperare i cittadini. Per l’uomo della strada, chi ci capisce qualcosa nella conduzione della questione Marino alzi la mano. L’immagine dei circoli romani poi, non é certo cosa di cui andare fieri.
Ecco, allora, per decenza e per rispetto di chi vota, che va accompagnato nell’acquisire strumenti di comprensione e scelta e non trasformato in tifoso da curva, si lasci lavorare la neo-Sindaca. Sarebbe anche (e non solo) questione di stile, che non é scritto da nessuna parte debba essere avulso dal confronto politico.
Opposizione costruttiva, questa sconosciuta. Una chimera, rara a tutti i livelli, pure dalle parti di Piazza Cavalli. Si dia a Virginia Raggi un tempo senza sconti, segnando tutto, controllando tutto. Ma invece che occupare le sue giornate a rispondere agli stessi attacchi che subisce chiunque si trova l’onere di governare (se non é decadenza, questa…), ci si distingua, spiccando per senso di responsabilità, dandole il giusto spazio per dimostrare di che pasta é fatta, lei e la sua squadra.
Rendere “pan per focaccia”, tra strilli, cartelli e show in Consiglio comunale dà solo vita a uno spettacolo deprimente, indegno di chi ritiene di avere argomenti seri da mettere sul tavolo. Sei mesi bastano, poi si sceglierà tra il “complimenti”, il “si, però…”, il “non ci siamo proprio”, fino al “vergognati”. Allora non ci saranno alibi, per chi é chiamato al giudizio come per chi é tenuto a rendere conto.
In fine, un pensiero al “consumatore” politico, al “target” di queste campagne elettorali perenni: la gente, la massa, specchio fedele della classe di rappresentanti che vota (quando può), che farebbe bene a pensare un po’ di più alla legge della domanda e dell’offerta e al fatto che se questo brutto modo di far politica va per la maggiore, con il bizzarro a prevalere quasi sempre sul contenuto, è perché paga in termini di consenso.
Che ci si debba dare tutti una regolata?
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