Telefono Rosa e lese maestà

Sono strane le critiche che ci rivolge Telefono Rosa, prontamente supportato da candidati Sindaco e aspiranti consiglieri in cerca di voti. L’impegno del Comune di Piacenza è al di là di ogni ragionevole dubbio.

Sia nel 2013 che nel 2014, sono stati stanziati ed erogati all’associazione 13,000€ per sostenere il funzionamento della casa di accoglienza per le donne che subiscono violenza.

Nel 2015 sono stati proposti, ideati, progettati e finanziati gli interventi di potenziamento e ampliamento dei servizi offerti, per una spesa pari a 109.164,37€, in parte concessi direttamente a Telefono Rosa e in parte affidati a Asp Città di Piacenza, braccio operativo del Comune e coordinatore provinciale del programma.

Il 4 settembre del 2015 abbiamo sottoscritto insieme ai Comuni di Castelsangiovanni e Fiorenzuola, l’Azienda Usl, la Fondazione di Piacenza e Vigevano e la stessa Asp, il protocollo mirato a implementare e potenziare le attività di ascolto e accoglienza sul territorio provinciale. Ne è derivata l’assegnazione del finanziamento citato, garantito dalla Regione e dal Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio. In questo modo le strutture cittadine già esistenti e sovvenzionate dal Comune di Piacenza sono state ampliate per rispondere alle esigenze dell’intera provincia, incrementando, fino a triplicare, i posti di accoglienza.

Alla scadenza del Protocollo, il 31 dicembre 2015, solo il Comune di Piacenza si è impegnato a proseguire con risorse proprie mettendo a disposizione altri 83.600€ erogati in quota parte a Telefono Rosa e Asp che, ripeto a scanso di equivoci, gestisce per conto e su mandato dell’Amministrazione comunale i servizi in questione.

Per quanto attiene il 2017, a fronte della regolare rendicontazione di Telefono Rosa sul primo trimestre, il Comune di Piacenza ha già versato 15.000€, che si conta di recuperare dallo stanziamento ministeriale promesso, ma non ancora arrivato. Vanno aggiunte altre risorse legate a un progetto regionale (circa 22.000€) e a un ulteriore programma della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di cui il Comune di Piacenza è stato capofila nella stesura e per il quale svolgerà un ruolo di coordinamento tecnico e rendicontazione amministrativa anch’essi piuttosto impegnativi.

Il sostegno al funzionamento della casa di accoglienza per donne vittime di violenza è garantito – come attestano le risorse collettive spese – in conformità con le indicazioni della legge regionale 2 del 2003, che inserisce tale struttura nei livelli essenziali delle prestazioni  sociali.

È evidente che il Comune di Piacenza non può finanziare da solo un centro a valenza provinciale: per questo ci si aspetta un contributo anche dai territori di Levante e Ponente. È altrettanto palese che il Comune può al massimo anticipare parte del finanziamento nazionale, ma non può integralmente liquidarlo prima che questo sia corrisposto. Abbiamo ricevuto le ultime rassicurazioni della Regione circa i 45.000€ annui di riparto dei fondi antiviolenza 2017 e 2018, che tuttavia a oggi non sono ancora stati erogati.

Colgo la curiosità del fatto che quando si parla di soldi e rendicontazione puntuali, chi è da sempre abituato a una gestione “autonoma” reagisce stizzito.

Ciò non di meno, abbiamo fatto il pieno di pazienza e ce l’abbiamo davvero messa tutta. Faccio fatica a capire, a fronte di dati oggettivi, come si possano avanzare dubbi sulla nostra volontà politica e non puntare invece il dito su chi è davvero in difetto.

Noi stiamo adempiendo il nostro dovere civico e istituzionale per il quale non sono certo richiesti ringraziamenti, ma quantomeno l’onestà intellettuale di tener conto della realtà dei fatti.

 

La volontà politica di supportare il centro antiviolenza, così come la casa rifugio per le vittime di abusi e maltrattamenti, è indiscussa e si è concretizzata, in questi anni, con l’impiego di soldi della collettività, anche supplendo a ritardi o inadempienze a livello provinciale, regionale e nazionale.